Tornano i Libri a Colacione, la rubrica di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: Ma tu sei felice? di Federico Baccomo e La giusta quantità di dolore di Giada Ceri.
Preferisci leggere? Ecco il post!
MA TU SEI FELICE?
di Federico Baccomo, Solferino, 207 pagine, anche in ebook
Ma tu sei felice? All’apparenza è una domanda semplice. Il guaio, semmai, è la risposta… e parte da qui questo romanzo. Perché quando domandi a qualcuno una cosa simile – sempre che abbia voglia di replicare – è costretto a fare i conti con se stesso e a raccontarti un po’ della sua storia.
Perché ogni epoca della nostra vita potremmo “fotografarla” ragionando su ciò che desideriamo in quel preciso momento e su ciò che al contrario ci fa paura. Perciò per sapere se siamo felici o no dobbiamo ragionare su chi siamo, su cosa sogniamo, su ciò che abbiamo… e, soprattutto, su quello che non vorremmo affatto!
E così fanno Vincenzo e Saverio i due buffi protagonisti di questa storia che è una lunga chiacchierata, un botta e risposta che comincia proprio quando Vincenzo chiede a Saverio: ma tu sei felice? Segue un fiume di parole fatto di mogli e delle loro assurde richieste, di figli, di maestre e di matematica, di gatti claudicanti di cui non riesci a sbarazzarti e di genitori che si amano anche se avresti voluto spaccargli una abatjour in testa.
E così, a poco a poco, ti ci ritrovi anche tu in mezzo a Saverio e Vincenzo. Un po’ sei l’uno e un po’ se l’altro. Finché capisci che cosa sta succedendo… e allora, cambia tutto!
Federico Baccomo in ogni libro prende coraggio e si sfida. Si mette alla prova e cerca di rispondere a una domanda, senza mai concedersi il lusso di ripetere qualcosa che aveva già fatto (e bene). Seguirlo nel suo percorso è sempre uno spasso anche se stavolta la risposta è davvero più difficile del previsto.
LA GIUSTA QUANTITÀ DI DOLORE
di Giada Ceri, Exorma, pagine 151
Si dice che un Paese lo puoi giudicare dal modo in cui tratta i malati, i vecchi, i bambini, le donne e i carcerati. Perché il carcere non è solo una punizione ma dovrebbe essere un luogo di rieducazione.
Siamo così abituati a pensare che se sbagli e commetti un crimine, vieni punito e incarcerato che questo luogo è dato per scontato. Il carcere è un concetto acquisito: esiste. E tutti crediamo di sapere di che cosa si tratti anche se non se ne ha contezza, anche se non se non ne abbiamo alcuna esperienza diretta.
Ma a chi capita di mettere piede in una realtà come questa non può che rimanerne profondamente turbato e di solito inizia a porsi delle domande: qual è la reale funzione del carcere e qual è la sua reale utilità penale e sociale? Il carcere reprime? Il carcere rieduca?
Quanto dolore dovrebbe provare un carcerato, quanta penitenza spetta a un colpevole per riequilibrare il torto fatto? Non è facile a dirsi.
Di certo sempre più spesso il carcere si nasconde ai limiti delle città, oltre i confini dei centri abitati perché imbarazza e disturba i cittadini. Ma potremmo anche dire che il sistema stesso si imbarazza per ciò che accade e si nasconde al suo interno.
Carcere, penitenziario, luogo di detenzione, casa circondariale… tante parole per definire quello che per molti è un non luogo. Giada Ceri raccoglie storie e le condivide con il lettore per capirlo un po’ di più questo sistema penitenziario andando oltre gli stereotipi a caccia della natura più profonda di una istituzione niente affatto amata. Il risultato è un reportage narrativo che dà voce alle figure che ruotano intorno a questa realtà o vi operano all’interno: entriamo in questo spazio misterioso, conosciamo chi ci vive, chi ci lavora, scopriamo le attività che si svolgono al suo intero. Impariamo i ruoli e le gerarchie, il loro linguaggio…
Facciamo i conti con la (dis)umanità, con la malattia mentale è le storture di un luogo che per questo ha bisogno – letteralmente – di essere sotterrato e cancellato alla vista.