Scopri i Libri a Colazione della settimana: I donatori di sonno di Karen Russell e Soffro dunque siamo di Marco Rovelli.
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I DONATORI DI SONNO
di Karen Russell, traduzione di Martina Testa, Edizioni SUR, pagine 158
Quando ti succede il giorno dopo sei uno straccio? Ma se fossero giorni, settimane? Se non facessi un sonno da così tanto tempo da non riuscire a ricordarti neppure quando è stata l’ultima volta? Se facessi fatica a fare qualsiasi cosa?
L’insonnia adesso è un’emergenza nazionale. Un tempo bastavano dei farmaci ma a poco a poco si è passati da un problema a una patologia irreversibile, da un disturbo a una pandemia. Le persone hanno perso la capacità di abbandonarsi alla fase REM. E la città in cui ci troviamo ha un tasso di insonnia più alto del 22% rispetto alla media nazionale. Uno dei più grossi deficit di sonno REM di tutta la East Coast.
Le cause? E chi lo sa? Il Centro Nazionale per la Salute Ambientale sta indagando. Le ipotesi vanno dalla falda acquifera al turbamento della nidificazione delle aquile, dallo scintillio della luna sull’erba agli stridii della monorotaia…
E così centinaia di persone autodichiarano l’insufficienza onirica, stremati presentano domanda di assistenza presso le Brigate Morfeo e aspettano che gli venga assegnato un donatore di sonno. Aspettano che qualcuno di sano possa regalargli una trasfusione che gli permetta di chiudere gli occhi, sciogliere il tempo e far riposare la mente.
Il guaio? I donatori sono pochissimi e la domanda surclassa l’offerta. Serve una soluzione perché, prima o poi, il sonno scomparirà e l’essere umano finirà per fare la stessa fine.
Lo sa bene Trish che a causa dell’insonnia ha perso Dori, sua sorella, e ora lavora per un centro per la Raccolta Sonno. Lei è la migliore, sa sempre trovare le parole giuste per convincere una persona a diventare un donatore.
Sa essere drammatica al punto giusto, sa trasmettere la gravità della situazione ma senza strafare, senza far capire al possibile donatore il disperato bisogno di mettere le mani sul suo sonno. Perché quando succede si irrigidiscono e dicono di no.
Ed è stata lei a reclutare la Piccola A o meglio, a convincere la mamma della bambina a farlo… che prodigio questa bimba! lei ha il sonno più profondo del Paese ed è compatibile con tutti gli insonni. Sì, perché come per una trasfusione di sangue anche qui c’è il rischio di rigetto.
Per Trish reclutare è un modo per rivivere il dolore, il ricordo di Dori e del suo infinito e straziante Ultimo Giorno. Un dolore che è vivo e pungente come se fosse un eterno oggi. È un modo per anestetizzarlo, per dargli un senso.
Ma reclutare ha le sue zone d’ombra perché mettere le mani sul sonno delle persone significa scivolare nelle loro menti, spiarle, significa in qualche modo tradirne i segreti, violarle. È una questione di privacy certo, di etica perché che cosa accade se la vita dipende dal sonno e il sonno diventa una merce?
Karen Russell ci trascina in un incubo distopico in cui gli esseri umani ma pure la natura pare abbiano smarrito il proprio ritmo. Un mondo in cui le persone sono costantemente sollecitate, immerse in un fiume di informazioni, circondate da dispositivi di ogni tipo che divorano la loro attenzione, il loro tempo e il loro sonno. Ti ricorda qualcosa?
Ma soprattutto Karen Russell ci parla di dolore, lasciandoci senza fiato.
SOFFRO DUNQUE SIAMO
di Marco Rovelli, minimum fax, 258 pagine, anche in ebook
E poi è stato il “non tempo”. Domani è rimasto oggi. E lo spazio tra le cose e le persone è cambiato. “Si sta sospesi in un eterno presente: ma anche il presente sembra scomparso, perché il tempo vive solo nello spazio, nel contatto con le cose: e le cose sono lontane, tremendamente lontane.”
E così si è creato posto nelle nostre vite per farci delle domande. Per sfilarci dalla routine che tutto riempie e ci lascia stremati. Si è creato spazio per osservarci e per domandarci se fossimo felici, se così bastava, se era quella la vita per noi. Ma andare a caccia di risposte richiede parecchia energia. E se mancano le risorse si sta male.
Tu lo sai di cosa sto parlando, vero?
Non ha aiutato la solitudine, la mancanza di relazioni, i guai con il lavoro – per chi non lo ha perso – e gli equilibrismi da smart working che ha reso difficile separare la vita privata da quella lavorativa.
E così con la pandemia, è esploso il disagio psichico. Ma è stato generato o è stato innescato?
“Perché questa esplosione del disagio – sintomi depressivi o ansiosi generalizzati – non è un’irruzione improvvisa, una comparsa di alieni dallo spazio. Questa immane fatica è da intendersi proprio alla luce della nostra mancanza di risorse per far fronte a una crisi già in atto.”
Lo tsunami, insomma, era dentro di noi.
E sai come si dice? Le persone si conoscono nei momenti difficili, perché i guai le mettono a nudo. Ma se c’è una cosa che avremmo dovuto imparare durante la Pandemia è a prenderci cura, perché il disagio psichico è un sintomo che trascuriamo ordinariamente.
E parlo di depressione, disturbi di panico, disturbi borderline, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi del comportamento alimentare, fenomeni di ritiro sociale. Parlo di un malessere sociale – tanto diffuso che potremmo definirlo un normalessere – che è caratterizzato da un senso di insicurezza e di incertezza totale.
Come si coniuga tutto questo con una società violentemente performativa e competitiva. Una società in cui “se vuoi, puoi!” in cui non ti è concesso mollare, essere stanco o sopraffatto/a? E come si cura tutto questo? Con un farmaco? Con la parola? Cioè qual è la cassetta degli attrezzi cui disponiamo e cosa contiene?
Attraverso una mappa fatta di parole chiave, vite vissute, dolori condivisi e soprattutto grazie a una costellazione di approcci e differenti punti di vista sul disagio psichico, in questo libro troverai uno spazio di attenzione e di senso per occuparti di questo dolore, per prenderti cura di te, di noi.
Perché questo disagio non riguarda solo un corpo, né una singola persona – non c’entra con una macchina che fa i capricci e va aggiustata, così come la guarigione non può essere una normalità finta, caricaturale – è qualcosa che attiene la sfera sociale, politica. E dobbiamo farcene carico tutti.