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Pagare per pubblicare: prontuario per dire “no”
Per chi scrive

Pagare per pubblicare: prontuario per dire “no”

È difficile scardinare l’idea che pagare per pubblicare, se sei un autore esordiente o poco conosciuto, sia l’unica strategia anche per colpa delle obiezioni degli editori a pagamento; ecco un prontuario per ribattere!

L’editoria a pagamento è sempre un tema caldo. Ogni giorno sui social ricevo messaggi degli autori che mi chiedono se rifiutare o no una proposta di pubblicazione che prevede un contributo dell’autore (acquisto copie, partecipazione alle spese, pagamento di servizi quali editing, correzione, impaginazione, promozione…).

Ogni giorno espongo agli autori il mio punto di vista (tenetevi i soldi e spendeteveli in libri, cene con gli amici, viaggi!) e, ogni giorno, mi girano le obiezioni degli editori pronti a convincere il malcapitato o la malcapitata.

E allora ecco un piccolo prontuario per rispondere alle osservazioni dell’astuto editeuro. Così da avere sempre la risposta pronta e, spero, le idee più chiare.

 Se non facessimo così non potremmo pubblicare tutti gli autori poco noti…

Pubblicare non è un obbligo. Pubblicare tutti non è un atto democratico, è da incompetenti. Il primo dovere di un editore è selezionare. Se sei un autore serio, devi aspirare a pubblicare un buon testo, non a pubblicare punto e basta.

…e non potremmo pubblicare gli esordienti!

Gli editori pubblicano una piccola quota di esordienti non perché gli esordienti siano più cari (avete idea quanto prenda un autore noto di anticipo?! Quanto costi in termini di promozione?) ma perché, strategicamente, non avrebbe senso.

Un esordiente richiede un lavoro di comunicazione adeguato perché, non avendo una storia editoriale, non possiede leve (successi precedenti, copie vendute, titoli pubblicati…) per invogliare i lettori a comprarlo a eccezione del contenuto (la storia, la trama, l’idea, il valore del testo, ciò che insegna…).

Ogni azienda solida ha una identità ed è per questo riconoscibile. Un editore esprime questa identità grazie al proprio catalogo, ai propri autori di punta – chiamateli prodotti iconici – a cui, ogni anno, si aggiungono le novità wow – di solito autori noti con proposte di rilievo –; accanto a queste pubblicazioni la casa editrice inserisce anche una quota di novità. L’“aria fresca”, la nuova linfa. Perché, se non coltivi le nuove voci, se non cerchi di scovare la qualità anche tra le nuove proposte, ti inaridisci, invecchi. Perdi aderenza con il contemporaneo.

Partecipare alle spese è equo, perché per noi sei un rischio. Se ti chiediamo l’acquisto delle copie, non sono soldi a fondo perduto, è merce, ha un valore e tu la prendi pure con lo sconto.

La merce vale se è vendibile. Avere un milione di euro in aculei di istrice è diverso dall’avere in banca un milione di euro. E se la merce ha un valore ed è vendibile, che la venda l’editore! E ci faccia i soldi.

Chiedere a un autore di comprare copie per sostenere la pubblicazione è furbo. Non è chiedere a un autore di sostenere le spese di realizzazione del prodotto – vi fanno comprare il libro, il prodotto finito – non è proporgli una co-edizione in cui si dividono gli oneri e si condividono i guadagni.

Per l’autore è un accollo. Vi beccate i costi dell’impresa e il rischio di impresa, non guadagnate per il vostro lavoro di scrittura (zero anticipo) e se doveste vendere delle copie incassereste la sola misera royalty. Non vi meritate di guadagnare di più per il lavoro svolto e il rischio sostenuto? Pare di no. E allora questa non è condivisione, non è compartecipazione, è fare beneficenza all’editore.

Ci sono pochi lettori in Italia. O la smettiamo di fare scouting oppure lo finanziamo grazie all’autore.

Ci sono pochi lettori? E quindi? È un pessimo mercato in cui mettersi a fare affari? E allora che si occupino di altro! Cosa c’entra l’autore? Scrive e deve espiare per i vostri errori strategici?

La realtà: vogliono solo avere più cartucce da sparare per sperare di azzeccare il best seller, ma non vogliono perderci, quando sbagliano. Una strategia aggressiva che loro finanziano grazie a voi che vi accollate il rischio di impresa. Comodo.

Anzi vogliono guadagnare anche se il testo non è di qualità. Perché sanno bene che farete di tutto per vendere delle copie. E che ne comprerete per voi.

Se non facessimo così faremmo come tutti quelli che non accettano manoscritti.

Le case editrici che non accolgono gli invii spontanei, gli editori che sul sito scrivono “non si accettano manoscritti” non è che non pubblichino esordienti e autori poco noti. Semplicemente, fanno scouting in un altro modo. Si appoggiano agli agenti, ai consulenti, ai collaboratori che propongono loro titoli selezionati, spesso già lavorati e quindi pronti.

Sarà ben più pratico lavorare così o aspettare che dal cielo cada la manna?

La grande creatività degli editori a pagamento

Ne ho sentite di tutti i colori: suddividere e/o partecipare alle spese si stampa dando 3/4000 euro (peccato che più che partecipare sia pagare tutte le spese e pure lo stipendio all’editore).

Guadagnare solo dopo aver venduto 300/500/600 copie. Tipo giochi senza frontiere dell’autore! Ma alle volte il caso è curioso: ne venderete 299/499/599. Che sfortuna…

Non pagare nulla, avere pure delle ottime royalty e una prima tiratura sostanziosa ma nel contratto scoprirete una clausola interessante: scoprirete che alla fine dell’anno, dovrete comprare tutte le copie rimaste invendute. Tutte. Spero solo che abbiate una grande cantina…

Bazzico il settore dal 2006 e tutti gli autori passati attraverso questo tritacarne sono rimasti segnati, sono stati alleggeriti di svariati soldini e sono parecchio arrabbiati.

Se hanno fatto un percorso editoriale, è perché si sono liberati degli editori fardello, non grazie a loro. Lo hanno fatto nonostante tutto.

Se vuoi essere presa/o sul serio, lavora con persone serie

Anche gli editeuri inseriti, quelli che magari finiscono ai premi – perché il sistema ha le sue aberrazioni – faticano per sé, non per l’autore. Lo fanno per costruirsi un meraviglioso specchietto per le allodole, nuovi argomenti per farvi dubitare del vostro buon senso e della vostra etica.

Sono quelli che in catalogo fanno di tutto per avere nomi di peso (e pazienza se hanno pubblicato con loro perché quel libro nessuno lo voleva o perché c’erano dei conflitti di interessi o perché…).

Se non volete fare a pezzi il vostro sogno e trasformarlo in una gastrite, lavorate con persone serie. Le persone serie non usano i sogni degli altri, semmai li realizzano o li mettono a frutto.

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