Tornano i Libri a Colacione, la rubrica di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: Noi non abbiamo paura di Marta Zura-Puntaroini e Quello che non abbiamo ancora capito dei maschi di Micheal Reichert.
Vuoi ascoltare la puntata? Ecco il podcast!
NOI NON ABBIAMO COLPA
di Marta Zura-Puntaroni, minimum fax, pagine 190, anche in ebook
Marta è tornata a casa, nelle Marche in un appartamento molto diverso dal suo, lei che abita in uno spazio piccolo e camaleontico. Casa dei suoi è grande e ogni cosa conserva una precisa funzione. Fuori un mondo selvaggio, isolato e lussureggiante. E tornare a casa, se “casa” è un paese, significa fare i conti con i riti di questo luogo. Con i propri ricordi e con i ricordi della propria famiglia.
E Marta è tornata per un motivo ben preciso: sua nonna, Carlantonia. La donna è ammalata di Alzheimer e una staffetta di badanti, di cui si fatica a ricordare il nome, tenta di accudirla. E la vita di Antea, madre di Marta è piuttosto dura.
Marta è tornata per aiutare e così ecco che abbiamo tre generazioni di donne sotto allo stesso tetto. Due che dialogano e devono gestire il peso di una donna, la nonna, che è presente soprattutto nei ricordi. Un femminile indurito dalla complessità del proprio ruolo – essere donna in un mondo complesso, avendo a che fare con uomini che si illudevano di tenere le redini di tutto, dominanti ma spesso inconsapevolmente dominati – una donna famosa per le proprie invettive.
Abbiamo la protagonista che di anni ne ha solo trenta e ha raggiunto la propria indipendenza e si trova ad accudire una madre che deve fare i conti con le trasformazioni del proprio ruolo. Che deve fare i conti con il proprio essere figlia e madre.
Perché Antea vive di sensi di colpa. Per aver studiato ed essere una dentista, per non esserci, per delegare l’accudimento della madre a delle badanti, per aver pensato di ricoverarla in una casa di riposo…
Anche Marta deve fare i conti con le aspettative disattese: lei non ha proseguito sulle orme materne e si è dedicata alle lettere. E ha quindi imparato che crescere, diventare se stessi, a volte significa tradire.
Un romanzo che ci svela storie di madri e di figlie che ci raccontano chi siamo, le paure che ci attanagliano, il peso di una eredità che può farsi anche minacciosa. Un libro intimo, magico.
QUELLO CHE NON ABBIAMO ANCORA CAPITO DEI MASCHI
di Micheal C. Reichert, traduzione di Paolo Poli, Feltrinelli, pagine 316, anche in ebook
I ragazzi di oggi sono in crisi e sono esposti a pressioni estreme. Per generazioni strampalate teorie basate sulle ipotetiche differenze di genere ci hanno detto che i maschi sono maschi, quindi sono più esuberanti, sono meno emotivi ed empatici, sono più agitati…
A casa, in famiglia, a scuola si sono confrontati con figure che temevano di minare la loro “mascolinità” e così ci sono state madri e, soprattutto, padri che hanno fatto di tutto per irrobustire questa idea di maschile: l’uomo deve essere forte, un uomo non piange, smettila di fare la femminuccia…
Ed eccola qui, la trappola del conformismo. Ma oggi i modelli sono cambiati, non esiste più quest’uomo tutto d’un pezzo, è uno stereotipo anacronistico e dannoso. Essere forti non significa essere duri, né rozzi.
Ma i ragazzi sono confusi, non sanno da che parte stare. Cercano di essere autentici ma le pressioni che subiscono possono portarli a fingere e a rifugiarsi in quella mascolinità sbandierata, in quelle norme maschili convenzionali che li rendono più infelici e ansiosi. E questi ragazzi che, intrappolati nella scatola del maschile, esibiscono la mascolinità per tutelarsi, per trovare il proprio posto nel mondo sono anche quelli più esposti ad atti di bullismo e alle molestie sessuali.
Oggi siamo più consapevoli e non cediamo alle banalizzazioni delle differenze di genere: oggi sappiamo che l’esperienza è la biologia. Il modo in cui trattiamo i ragazzi modella il loro comportamento e forgia il loro cervello.
E quindi non possiamo non farci delle domande sugli incidenti di percorso che caratterizzano l’adolescenza (aggressività, abbandono della scuola, uso di stupefacenti) sul perché le morti accidentali riguardino più i maschi, sugli effetti dell’uso della pornografia, sul tasso di suicidi…
Un bambino che si sente “amato” e “accudito” è in grado di resistere meglio alle pressioni e di riprendersi dalle avversità.
L’educazione basata sul dogma, sulla punizione, sulla coercizione deve essere sostituita da un modello di disciplina basato sull’ascolto, sul contatto e la comunicazione. Il che non significa assenza di regole ma vuol dire assenza di aggressività. L’urgenza, adesso, deve essere quella di ascoltare i ragazzi e sostenerli, perché i giovani che si sentono al sicuro diventano uomini più forti.
È necessaria, quindi, una alfabetizzazione emotiva. È necessario ricordarsi che i ragazzi hanno una natura relazionale e che se i modelli sono involontariamente quelli di una mascolinità tossica, saranno adulti infelici. E pericolosi.