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Professionisti del libro

Bookblogger, gli appassionati di libri amati dai lettori

Esce su La stampa un pezzo* sui bookblogger e la rete insorge. Perché ancora oggi alcuni giornalisti non sanno di cosa parlano quando parlano di questo fenomeno.

I Bookblogger? Sono impiegati, studenti, mamme, liberi professionisti ma anche giornalisti, uffici stampa, editori e librai. Hanno un’età variabile, tra i 13 e i sessant’anni. Quello che li accomuna? Leggono e amano condividere le proprie letture. Alcuni nascono ancora prima dei blog, in quel tempo in cui gli influencer dei libri erano ghettizzati nei forum e ignorati dalla filiera.

Oggi possiedono un proprio spazio in rete e, soprattutto, dei canali social – Instagram, Facebook, YouTube, Twitter… – attraverso i quali segnalano le nuove uscite, scovano chicche di editori indipendenti e recensiscono i titoli letti. Apprezzano e stroncano – ciascuno a proprio modo e secondo la propria policy – tirano le orecchie per gli errori e le traduzioni imprecise, si esaltano per il “capolavoro” e l’autore del momento.

Sanno che nella loro personalissima giungla editoriale vale una sola regola: essere sinceri per essere credibili e quindi rispettare i lettori per essere rispettati e considerati autorevoli. Perché la community a farsi abbindolare non ci sta e ti molla. Community che può contare poche centina o migliaia di persone, ma i numeri non sono troppo importanti qui vale la forza e la coesione del gruppo.

Bookblogger o gatekeeper

I bookblogger sono dei gatekeeper, mettono cioè in collegamento editore e lettore ma anche libraio e lettore. Sono dei punti di riferimento per chi legge che li sceglie per simpatia (in senso letterale), e li considera dei propri simili. Non sono giornalisti culturali, non sono critici letterari. Hanno una comunicazione informale, usano un linguaggio semplice ed efficace e, di norma, sono inclusivi (non fanno cioè sentire giudicato il lettore per le proprie competenze e per i propri gusti).

Possono aiutare l’editore e l’autore. Se sono bravi (leggi: se muovono le vendite) vengono vezzeggiati dalle case editrici, ricevono copie omaggio (non sempre richieste e alle volte a casaccio), partecipano ad eventi esclusivi e, soprattutto, possono incontrare e intervistare i propri miti: gli scrittori.

Ma gli autori non sono sempre una benedizione perché, soprattutto quelli meno noti, rischiano di trasformarsi in diabolici stalker a caccia di una segnalazione, ben sapendo che questa potrebbe essere l’unica occasione di venir recensiti. La cultura è stata ormai “ghettizzata” negli inserti, poche pagine per troppi libri (i maligni dicono pochissime pagine troppi amici). E per ottenere una citazione sui giornali l’unico spazio aperto (ma a pagamento) pare essere la sezione necrologi.

I bookblogger articolo del Giornale della Libreria
Da “Bookblogger ed editore: un dialogo basato sulla fiducia” di Denise Nobili, Giornale della Libreria 9 dicembre 2018.

Il non-identikit del bookblogger

Dall’esterno vengono spesso ancora osservati con sospetto e bollati come scrocconi, improvvisati, naïve… come se fosse possibile tracciare un identikit del bookblogger. È un fenomeno troppo variegato. Un mare magnum che accoglie al proprio interno professionisti competenti che producono contenuti di qualità, divertenti e interessanti ma anche lettori improvvisati che faticano a mettere in fila tre concetti e non distinguono una marchetta da un consiglio letterario.

Contano? Ormai è assodato, tanto da meritarsi l’accredito – un tempo benefit esclusivo dei giornalisti – nelle fiere e nei festival. Ma i festival se li organizzano da soli, insieme con gruppi di lettura ed eventi in libreria. Si inventano hashtag, “spacchettano” buste e scatoloni di libri e per premiare i seguaci indicono giveaway.

A conti fatti sono gli influencer più “poveri” del globo. Perché se un una celebrità delle rete prende 500/1000 euro per promuovere dei prodotti, loro vengono “ripagati” con le copie omaggio.

Alcuni uffici stampa dicono che se le rivendono. Succede, sì, lo fanno anche i giornalisti. Solo che i bookblogger usano i soldi per comprarsi altri libri.

* Pezzo a firma di Emanuela Minucci “Gli influencer alla conquista del Salone” uscito su La Stampa domenica 12 maggio.

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3 comments

Silvia 15/05/2019 at 11:34

Io ho iniziato con il forum, sono tipo un allosauro, e nel 2004 ho aperto un sito che poi è diventato un blog che poi è approdato sui social… che al mercato mio padre comprò…
E’ stato faticoso a volte seguire i continui cambi di rotta, ma la passione per la lettura è un motore inarrestabile, la voglia di condividere è la benzina che mi ha fatto andare avanti. E dispiace vedere che ci siano giornalisti che finiscono in prima pagina e che con eleganti (??) sottintesi continuano e definirti un male da estirpare.

Chiara Beretta Mazzotta 15/05/2019 at 11:43

Eh lo so, Silvia. È una piccola lotta. Si lotta con alcuni giornalisti (anche io sono giornalista) e pure con alcuni bookblogger che non valorizzano la categoria. Ma chi ha i contenuti spicca e viene premiato, fosse anche solo il piacere di condividere la propria passione con qualcuno che apprezza 😉

Sandra 16/05/2019 at 14:13

Di sicuro non smuovo grandi numeri, ma a un mio post entusiasta di solito per libri poco celebri e celebrati, almeno un paio di persone decidono di comprarlo. Non ho altri canali se non il mio blog e qualche soddisfazione nel tempo me la sono presa, continuo, continuo in maniera estremamente autentica e un po’ dinosaurica senza guadagnarci nulla se non qualche sconto da parte dell’editore di cui parlo più volentieri e di frequentemente cioè Giuntina, pure a Torino, in realtà non perché sono una blogger bensì perché alla fine ho praticamente trasferito una gran parte del loro catalogo a casa mia.

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