Tornano i Libri a Colacione, la rubrica di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: La stagione della strega di James Leo Herlihy e Marina Abramovich di Valeria Spallino.
Vuoi ascoltare la puntata? Ecco il podcast!
LA STAGIONE DELLA STREGA
di James Leo Herlihy, traduzione di Massimo Gardella, Centauria, 382 pagine, anche in ebook
Sono passate solo poche settimane da Woodstock e lei non c’è andata, sua madre non glielo ha permesso. Ha 17 anni Gloria e quando il suo amico John le chiede di scappare lei, semplicemente, dice di sì. Lui deve fuggire dalla leva e dalla guerra nel Vietnam, lei da una vita ancora bambina, claustrofobica, e vuole allontanarsi da una madre a cui vuole bene ma con la quale non riesce proprio ad andare d’accordo.
Ti voglio bene, mamma, davvero. Anche se mai quando siamo nella stessa stanza.
Gloria vuole realtà, vuole la libertà e vuole anche incontrare suo padre biologico Hank Glyczwycz. Perciò pensa di andare a New York. E per farlo vendono la Vespa, tirano su i soldi per il biglietto dell’autobus e poi chi lo sa, vivranno un po’ in clandestinità negli Stati Uniti e poi, magari in un secondo tempo, potranno andare in Canada.
La realtà. Wow. E pensare che inizierà domani!
E così i due si mettono in marcia e Gloria sogna di assistere a una sua lezione all’università del padre – che è sì un professore ma è stato apertamente accusato dai propri allievi di essere comunista e presumibilmente non se la passa molto bene – ma lei non ci pensa, lei è certa di ritrovarlo, di piacergli e che lui piacerà a lei.
E mentre sono in viaggio Gloria si ribattezza Strega, e John diventa Roy da Royal, perché bisogna avere dei nomi che rispecchino le proprie anime e da qui fino a New York è un susseguirsi di avventure strambe, droghe, sogni, chiacchiere deliranti, ricordi (tanti), sbagli…
Gloria suo padre lo troverà? Quale effetto le farà? L’autore è quello di Un uomo da marciapiede e vi regala una protagonista fragile, dolce, schizzata e commuovente.
MARINA ABRAMOVIC
di Valeria Spallino, Villaggio Maori, pagine 420, anche in ebook
È un artista inafferrabile, una performer che ha fatto del proprio corpo uno strumento per comunicare con il pubblico, pubblico che coinvolge fino all’estremo e a cui chiede un costante confronto.
Si è tagliata, bruciata, ha permesso agli spettatori di usarla e ferirla. Marina Abramovic si concede con amore, si fida e affida. E ti sfida. Questa “guerriera della performance” come si è autodefinita, è diventata così una massima esponente della body art.
Ma Marina non è solo una star internazionale. È una persona, una bambina nata in Serbia che, divenuta ragazza, appena poteva si dedicava alla sua arte e poi scappava di corsa a casa perché tornare dopo il coprifuoco significava prenderle dalla madre e prenderne tante.
È una donna severissima la madre. Le regole sono ferree e non c’è spazio per l’affetto né per il sostegno. Il padre, invece, permette alla figlia di nutrire la sua passione per l’arte, la indirizza e si preoccupa della sua istruzione. Ed è così che Marina comincia il proprio percorso artistico con la pittura, senza trovare però una dimensione, così esperimento dopo esperimento ecco che approda all’arte concettuale.
Marina Abramovic è una sperimentatrice tanto ribelle quanto rigorosa e ossessiva nello smantellare le sicurezze e le convenzioni di chi le sta di fronte. Forse è per questo che chi le si avvicina prova imbarazzo, fastidio, smarrimento… qualcosa che accade nell’osservatore quando non capisce che cosa ha di fronte, quando fatica a inquadrarlo. Quello che non capiamo ci ricorda i nostri limiti e ci fa un po’ paura.
Lentamente ho imparato a guardare. Lungo il percorso ho superato lo scetticismo, l’iniziale disorientamento, il preconcetto che rifiutava approfondita conoscenza avvalendo ignoranza; la curiosità si è fatta via via più esigente e strutturata, più empatica, l’ammirazione più consapevole e meglio verificata. Oggi, in un certo modo, mi pare d’aver trovato un’amica. E tanto basta.
Valeria Spallino ha raccolto tutte le performance di Marina Abramovic, dal 1967 al 2016, e ha cercato di restituircele con la scrittura. Fa quindi per noi un grande lavoro: ci permette di vedere attraverso le parole.