Leo è un bambino con la maglietta che tira sulla pancia. Timido e indifeso. Ed è un bambino solo, forzosamente solitario perché vivendo in un piccolo paese – siamo nella Liguria delle valli, non quella marina – viene additato, quasi incolpato per il fatto che suo padre è andato via e ha lasciato lui e sua madre.
E non ha ancora addomesticato la lingua, Leo, e parla più dialetto che italiano, ed è per questo motivo che ha bisogno di ripetizioni. Ed ecco che incontra Raul Porti. Di buona famiglia, benestante, origini Argentine… e Raul è in tutto e per tutto un eroe ai suoi occhi. È quello che sa le cose, quello che lo porta al mare, che gli insegna a nuotare, che gli regala il suo primo paio di scarpe da tennis.
È un breve incontro, però, perché Raul andrà via e sparirà. Senza lasciare traccia. Ritroviamo Leo molti anni dopo, di anni ormai ne ha quasi sessanta. È un cacciatore, un bracconiere e un coltivatore di olive. È rude, un bevitore, un uomo segnato, come è segnata la sua terra.
Ed ecco che, quando viene messa in vendita la villa Porti quella della famiglia di Raul, Leo decide di acquistarla per riacciuffare il proprio passato, quell’estate felice di quando era solo un bambino alle prese con un tempo perfetto per vivere e imparare.
Ma non basa una casa per sapere che ne è stato di Raul, bisogna ripercorrere i suoi passi. E così Leo decide di partire per l’Argentina e affrontare quel viaggio che ha sempre rimandato, sulle tracce dell’uomo che più lo ha segnato.