Eugenio Montale – Ossi di seppia

Eugenio Montale – Ossi di seppia

Eugenio Montale per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli che oggi fiancheggia muri che non si possono valicare (ma che fatica!).

Eugenio Montale – Ossi di seppia – Mondadori
Autore: Eugenio Montale
Casa editrice: Mondadori
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Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche. 

Osservare tra i frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

In questo fiancheggiare la muraglia c’è il senso d’impotenza che proviamo. Una storia sentimentale che non decolla, un lavoro che si ripete senza via d’uscita. Faccende umane che non sembrano avere possibilità di risoluzione. Non possiamo fare niente e, pur ostinati a intervenire, fare, provare, nulla si può cambiare.

Che disagio.

Eppure la poesia è serena, parte con un consiglio, ci suggerisce una posizione di ascolto. Suoni piccoli, lo schiocco del merlo, il fruscio del serpente. Poi ci spinge a spiare l’operoso andare delle formiche e infine ci conduce a osservare le scaglie del mare (con tanto di rassicurante coro delle cicale).

Ripartire da quello che è in nostro potere, ridimensionarci, rimettere in moto i sensi, stare nelle cose piccoline. Farsi una vita, come suggerirebbe l’adolescente contemporaneo. Una vita di cose possibili.

La muraglia per il momento, si può solo fiancheggiare, senza escludere che per qualcuno si possa aprire un varco. Ma non dipende da noi, sarà del tutto casuale. In quel caso, magari, darsi una voce e chiamarsi a vicenda potrebbe essere un bel gesto.

Eugenio Montale, Ossi di seppia, Mondadori, è un libro di scuola sopravvissuto ai traslochi.

Lo avranno ordinato i miei genitori in cartoleria, dove procuravano i testi per il liceo. La pagina è piena di appunti piuttosto retorici presi da me a matita. Una frase dice: “Il poeta parte da una visione del paesaggio per arrivare a parlare dei suoi problemi”. Ai tempi mi era difficile accettare l’idea di fiancheggiare i muri senza poterli scavalcare o abbattere, anche adesso, ma di meno.

Eugenio Montale è uno dei più grandi poeti del Novecento italiano.

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