Antonella Anedda per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli che oggi ci ricorda che un libro è un messaggio (e anche un viaggio… ma dove ci conduce?).
Macchina
Le dita sulla tastiera del computer schioccano
– solo più leggermente –
come un tempo la macchina per scrivere.
Era bello quel nome: macchina, ancora meglio
quando senza la c ritorna machina.
Impalcatura per un dio o un assedio,
ariete per abbattere le mura.
Rimandava a un arto di ferro, un ordigno
e un artiglio che ubbidiva al cervello.
Eppure non ha senso
rimpiangere il passato,
provare nostalgia per quello che
crediamo di essere stati.
Ogni sette anni si rinnovano le cellule:
adesso siamo chi non eravamo.
Anche vivendo – lo dimentichiamo –
restiamo in carica per poco.
Sabato mattina una busta gialla in portineria. Dentro un libro di poesie. Nessun mittente, nessun destinatario.
Il custode mi ha detto che l’ha recapitata un uomo. Era alto.
Può consegnarla a Elisabetta Bucciarelli?
Un libro è un messaggio. Ho pensato arrivasse dalla casa editrice, ma così non è. Nemmeno dall’autrice, presumo avrebbe scritto qualcosa all’interno, mi avrebbe avvisata. E allora da chi?
Esisto portando con me, tra gli altri, anche il peso di un pensiero magico lasciato in eredità dalle donne che mi hanno cresciuta. A volte si chiama fede, altre volte superstizione. Grazie alla psicanalisi anche sincronicità.
Non ho aspettato e l’ho aperto. Sarà vero che ogni sette anni si rinnovano le cellule? Mi piace pensare che possa essere così. Però credo che i capelli lunghi restino tali, in alcune loro parti, anche oltre i sette anni. Cioè, credo di averne in testa alcuni nati più di sette anni fa.
Siamo ancora in parte gli stessi, anzi, resteremo in parte gli stessi per molto. Fino alla fine.
Rimpiangere e provare nostalgia sono due stati d’animo molto differenti. In questa poesia si invita a riflettere su entrambi.
La poesia dove ci riconduce?
A volte, senza volerlo, ci scopriamo immersi nella nostalgia di persone, luoghi o istanti di vita. Certo, affiora la commozione e una leggera (o profonda) sofferenza, ma è storia e come tale va rispettata. Diverso è il rimpianto. Pensatevi, per un istante, rimpianti da voi stessi e inizierete a vivervi al massimo.
Il tema è bello, fa bene pensare a queste emozioni che dipendono dalla nostra camminata sulla terra (e intanto cercate La nostalgia ferita di Eugenio Borgna, Einaudi).
E arriviamo alle macchine. Mi provoca sentimenti-bambini il ricordo della mia macchina da scrivere, una Olivetti Valentina grigia. Ho scritto tanto battendo su quei tasti e arrotolando il nastro nero e rosso che finiva tutto da una parte. Per me quel ritmico ticchettio era davvero un modo (credo l’unico) per abbattere le mura che avevo intorno. E voi, con quale gesto e quale rumore le avete abbattute?
Il ticchettio ubbidiva al cervello ma anche al cuore. Ecco, la poesia ci riporta là, dove forse, ci avvisa, sarebbe meglio non guardare (i posti belli dove abbiamo vissuto – reali o metaforici – lasciamoli dove sono).
Compie il suo doppio gioco la poesia, per ricondurci al presente.
Nel qui e ora, passata la tempesta, è davvero un privilegio ritornare.