Fanno a gara di apnea Giuliano e suo fratello Giovanni. Ma non è solo un gioco da fare al largo tra schizzi di spuma e strilli, trattengono il fiato anche fuori dall’acqua. Ed ecco perché un bambino di otto anni, leggero come un fuscello, a tavola decide che batterà il suo record e non respirerà per due minuti…
Che cosa accade quando non respiri? Il mondo si annebbia e il cuore batte come un tamburo. Lento. Contano solo i secondi, conta solo arrivare al punto che ci si è prefissati.
I pesci anche quando nuotano in branco compatto non si toccano mai. Hanno un organo sensoriale che li tiene alla giusta distanza gli uni dagli altri.
Adesso Giuliano è cresciuto e sfida le regole della fisica e i limiti del suo corpo sprofondandosi negli abissi a meno 137 metri. E trattenere il fiato con disciplina, sottrarre ossigeno è un modo per portare a galla l’essenziale: chi è, come funziona il suo corpo, cosa gli accade.
Non respirare è un modo per percepire con chiarezza, per percepirsi. La discesa, l’abisso e l’apnea sono un confine che permette al protagonista di galleggiare fluido nella propria vita e nei suoi ricordi. Scendere significa scivolare in un posto sicuro.
Se invece ti dimentichi di respirare, finché stai sotto, finché vivi nell’acqua, allora ce la puoi fare e riuscirai a spingere quel limite più in là.
Finché il corpo si ribella e impone che si spalanchi la bocca, si riprenda fiato e si ingoi ossigeno. Stavolta però non si tratta solo di obbedire alle leggi della biologia, questa volta Giuliano deve fare i conti con il male. La malattia.
Pare in apnea anche l’autrice che scrive fitto e non prende quasi mai fiato tra un periodo e l’altro. Kareen De Martin Pinter sa sfiorarci nel profondo, con garbo, e immergerci nella vita di una persona, nei suoi drammi e sensi di colpa. E sa parlarci di suicidio assistito.
Anche voi, almeno un poco, dimenticherete di respirare.