Tornano i Libri a Colacione, la rubrica dei libri di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: Io credo alle sirene di Andrea Fontana e Dimentica di respirare di Kareen De Martin Pinter.
Vuoi ascoltare la puntata? Ecco il podcast!
IO CREDO ALLE SIRENE: COME VIVERE (E BENE!) IN UN MARE DI FAKE NEWS
di Andrea Fontana, Hoepli, pagine 104, anche in ebook
Baggianate, fake news, storie strampalate… ne siamo circondati, hanno parecchio successo (sui media e nei social) e in fin dei conti pare ci piacciano anche un bel po’ (e infatti non perdiamo occasione per raccontarle/condividerle).
Il problema? Come esseri umani ci muoviamo in quella che definiamo “realtà” e che vorremmo fosse oggettiva e indipendente da noi ma il nostro mondo è fatto di una mescola piuttosto curiosa e peculiare di vero e di finto.
Forse dobbiamo smettere di pensare in questo modo al problema delle fake news e iniziare a capire che sono conoscenze funzionali a struttura sospesa: un sintomo delle nuove opportunità tecnologiche e dei nuovi scenari sociali, politici e comunicativi che abitiamo.
La finzione e la simulazione sono due modalità fondamentali di apprendimento della nostra specie qualcosa che ci contraddistingue come specie biologica. Tanto che gli scienziati definiscono il nostro cervello “brain fiction” perché, per l’appunto, è molto affine con un simulatore, altro che traduttore oggettivo dei fatti!
Da bambini giochiamo a fare, fingiamo di essere, immaginiamo che… e, da grandi, continuiamo a fare questo gioco di finzione con l’arte, il gioco, le narrazioni (la scrittura, il cinema, il teatro), la rete e anche i media, sì.
Oggi nel giornalismo come nella comunicazione istituzionale e pubblica, abbiamo un disperato bisogno di aggiornare i nostri modelli di Mente e di costruzione del reale, per portarli più vicini alle Scienze della Mente contemporanee.
Quindi noi viviamo in un piccolo grande mondo fake. E questa finzione è positiva. Adattiva. Fingiamo per convivere con la realtà, per fare proiezioni, per ipotizzare diversi scenari, per prevedere i comportamenti degli altri, per giustificare il nostro o l’altrui comportamento. Fingiamo per sopravvivere, per soffrire meno… per semplificare il reale e fingere di capire meglio questo mondo che altrimenti sarebbe un ammasso caotico (e minaccioso) di stimoli e dati.
Il guaio? Oltre alle fake news positive e utili (anche una moneta è un fake o la mappa della metropolitana…) pullulano le false notizie dannose (vaccini, scie chimiche)…
Il problema non sono tanto le fake news ma è capire perché abbiamo bisogno di un mondo fake. Sappiamo che il “gioco della finzione” genera benessere (liberiamo ossitocina), sappiamo – lo vediamo tutti i giorni – che i fatti vengono superati e battuti dalle narrazioni che riteniamo credibili. Perciò è chiaro: non possiamo combattere le false notizie solo appellandoci alla dicotomia vero/falso.
Se volete fare i conti con la post-verità partite da qui. È un ottimo inizio.
DIMENTICA DI RESPIRARE
di Kareen De Martin Pinter, Tunué, pagine 113
Fanno a gara di apnea Giuliano e suo fratello Giovanni. Ma non è solo un gioco da fare al largo tra schizzi di spuma e strilli, trattengono il fiato anche fuori dall’acqua. Ed ecco perché un bambino di otto anni, leggero come un fuscello, a tavola decide che batterà il suo record e non respirerà per due minuti…
Che cosa accade quando non respiri? Il mondo si annebbia e il cuore batte come un tamburo. Lento. Contano solo i secondi, conta solo arrivare al punto che ci si è prefissati.
I pesci anche quando nuotano in branco compatto non si toccano mai. Hanno un organo sensoriale che li tiene alla giusta distanza gli uni dagli altri.
Adesso Giuliano è cresciuto e sfida le regole della fisica e i limiti del suo corpo sprofondandosi negli abissi a meno 137 metri. E trattenere il fiato con disciplina, sottrarre ossigeno è un modo per portare a galla l’essenziale: chi è, come funziona il suo corpo, cosa gli accade.
Non respirare è un modo per percepire con chiarezza, per percepirsi. La discesa, l’abisso e l’apnea sono un confine che permette al protagonista di galleggiare fluido nella propria vita e nei suoi ricordi. Scendere significa scivolare in un posto sicuro.
Se invece ti dimentichi di respirare, finché stai sotto, finché vivi nell’acqua, allora ce la puoi fare e riuscirai a spingere quel limite più in là.
Finché il corpo si ribella e impone che si spalanchi la bocca, si riprenda fiato e si ingoi ossigeno. Stavolta però non si tratta solo di obbedire alle leggi della biologia, questa volta Giuliano deve fare i conti con il male. La malattia.
Pare in apnea anche l’autrice che scrive fitto e non prende quasi mai fiato tra un periodo e l’altro. Kareen De Martin Pinter sa sfiorarci nel profondo, con garbo, e immergerci nella vita di una persona, nei suoi drammi e sensi di colpa. E sa parlarci di suicidio assistito.
Anche voi, almeno un poco, dimenticherete di respirare.