Alejandro Zambra è un autore cileno, questo libro è modellato su un test, la Prova di Abilità Verbale e la prova di Abilità Matematica che dal 1966 al 2002 costituiva – in Cile – la Prova di Attitudine Accademica adottata in Cile. Cioè? Chi voleva studiare all’università, doveva sostenere questo test attitudinale. Finiva così in una graduatoria e solo chi otteneva un punteggio alto poteva iscriversi ai diversi atenei.
Quindi non è un romanzo ma è un test attitudinale? È un racconto che non adopera la forma romanzo per arrivare alla testa e al cuore del lettore. Basta aprite il testo, basta un colpo d’occhio. Per prima cosa ci si trova di fronte a un eserciziario a crocette con domande e relative risposte multiple.
Il lettore dovrebbe quindi munirsi di matita – è naturale farlo – e avventurarsi in quella che è, a conti fatti, una stratificazione di storie e di pensieri.
L’autore sceglie, tanto per cominciare, di parlarvi del sistema educativo del suo Paese. Di criticarlo, mettendone in evidenza limiti e ambiguità, ma invece di comunicarlo così, lo fa sperimentare al lettore… direttamente.
Per prima cosa si dovrà andare a caccia dell’intruso, la parola che non c’entra con le altre della lista. Non che sia un compito facile… Poi si dovrà riordinare delle frasi. Poi completarle. Poi eliminare le frasi che sono inutili (e a dire il vero ci si domanda se ce ne siano per davvero di inutili). Lentamente si scivola in una stratificazione di frammenti di storie, destrutturate sì ma comprensibilissime.
Noi viviamo nel paese dell’attesa, passiamo la vita ad aspettare, il Cile è un’immensa sala d’attesa e moriremo aspettando il nostro numero.
Il lettore scoprirà i conflitti di un Paese, le sue contraddizioni. E avrà tutto il tempo per riflettere su ciascuna parola, su ciascuno scampolo di storia. Quando si inciampa in un testo così particolare, bisogna per prima cosa vincere una resistenza: perché ci si sente un po’ spesati questa forma nuova ci sposta dalla propria zona di comfort. Ed è qui, in questo movimento che accadono grandi cose. Perché sorprendersi è pura magia.