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Haiku Occidentali - Pierluca D’Amato Orientexpress
Interruzioni

Haiku Occidentali – Pierluca D’Amato

Haiku Occidentali di Pierluca D’Amato è l’Interruzione che Laura Imai Messina ci racconta questa settimana, scoprite come guarderete la realtà prima e dopo aver letto questo libro (o meglio, dopo aver intrapreso questo viaggio). 

Haiku Occidentali - Pierluca D’Amato - Orientexpress
Autore: Pierluca D’Amato
Casa editrice: Orientexpress
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Per Pierluca D’Amato gli haiku costituiscono un mezzo per operare la svestizione del reale, denudarlo, riassumerlo nei minimi termini e dar luogo così a scoppi, supernove che ampliano di botto il significato delle parole.

È un mondo affollato, congestionato, schiacciato da un ammassarsi di immagini spesso poco fedeli, menzognere, tutte tese a dissimulare: per descriverlo non bastano mai le parole. Si tralascia sempre qualcosa. La descrizione si fa monca, e più si dice meno si viene uditi, più si scrive meno resiste la pazienza di chi legge.

L’editoria stessa pare oggi piegarsi a beneficio dell’impaziente che, come chi ascolta un brano pop e ne deve giudicare l’orecchiabilità, se non ne è conquistato nei primi dieci secondi, lo boccia. E addio.

Pare una operazione destinata all’insuccesso raccontare la vita.

E allora forse serve strizzarla in pochissimi segmenti, due – massimo sei – per riga, e moltiplicarla in verticale per tre. Usare parole semplici, studiarne il millimetrico ingranaggio, ingentilirne l’aspetto così che sia accessibile a chiunque in questa società “non ha tempo”. Avvicinarne le tematiche perché chi si trova un libro tra le mani vi si riconosca, e tuttavia riesca anche ad astrarsi un po’.

Ed ecco gli Haiku Occidentali di Pierluca D’Amato:

Non è l’asfalto
a consumar le suole.
sono i passi.

Il più saggio
viandante si lascia
attraversare dalla strada.

Il silenzio
possiede tutte
le risposte

Ne vidi un montaggio non più occidentale, bensì orientale, nel lavoro di Alessandro W. Mavilio su YouTube, a dimostrazione di come il viaggio da Oriente a Occidente degli haiku, nella trasposizione di D’Amato, funziona anche all’inverso. Colpita. Affondata. Insomma conquistata.

E ora talvolta ne rileggo uno dei 328 e il tempo, per un frullare d’ali di insetto, si ferma. Si interrompe. Torna a me. Sì, perché, è proprio quando il tempo lo si interrompe, lo si spezza, quando si sovverte l’ordine delle azioni quotidiane, le si silenzia con un attimo di colpevole pausa, è allora che il tempo torna a essere una cosa che ci appartiene. A lasciarlo fare se ne va solo via.

Recita sulla quarta di copertina di Haiku Occidentali, sotto al profilo dell’autore, “Questo è il primo libro”. E, a quando il secondo? Io lo attendo. Per vedere D’Amato confrontarsi con altro tempo rispetto a quello dei primi vent’anni. Chissà che meraviglie farebbe con la condizione del migrante, dell’espatriato, della paternità.

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8 comments

Pierluca D'Amato 26/01/2018 at 13:45

Grazie per la sua recensione, è stata una bella sorpresa!

Ale 14/06/2018 at 08:50

Non ci siamo!
Questi non sono haiku e non dovrebbero essere chiamati haiku. La poetica haiku ha logiche e peculiarità molto diverse.
Se si vuole scrivere poesia, aforismi e/o pensieri filosofici allora ci sta tutto, ma non si dovrebbe chiamare haiku “cose” che con la poetica haiku non ha nulla a che fare.

Chiara Beretta Mazzotta 17/06/2018 at 23:50

Ale, se ci spieghi, Laura e l’autore possono cogliere la tua critica, altrimenti è dura…

Ale 19/06/2018 at 08:22

Se si parla di “Haiku” il problema mi sembra chiarissimo! Non dovrebbe esserci nulla da spiegare. In ogni modo, se realmente è necessario chiarire, proviamo ad entrare nel merito.
In uno dei tanti blog che si occupano anche di haiku si legge questa dichiarazione dell’autore:
Pierluca D’Amato: “La mia scelta di comporre haiku all’occidentale è il risultato della scelta di rappresentare immagini e sensazioni così come esse vengono percepite: libere da mediazioni, da gabbie di sorta, capaci d’espandersi, come di restare inosservate, e sempre infine di perdersi negli sterminati campi del-non-essere-più.”
Intanto non ha molto senso parlare di “Haiku all’occidentale”, se si usa la parola Haiku si deve rispettare la logica e la peculiarità di questa straordinaria poetica (ora vediamo qual’è), poi leggiamo nella dichiarazione: “libere da gabbie di sorta”?
Anche se un autore “occidentale” volesse liberarsi da “Gabbie”, (reali, mentali, teoriche, metaforiche ecc.) e volesse per esempio liberarsi dal “kigo” (riferimento stagionale), volesse eliminare il “kireji” (la “cesura” funzionale a uno “stacco” con il conseguente “ribaltamento semantico”), se volesse infine sposare una sillabazione libera, sganciandosi dall’ormai universalmente riconosciuto schema 5/7/5 (perdendo però un elemento importante che impone all’autore una ricerca dell’essenza all’interno di una struttura che aiuta a “consensare”), e l’autore (Pierluca D’Amato) ha fatto tutte queste cose… Anche se un’autore scegliesse tutto questo (spostandosi già da logiche importanti e annullando una buona parte del fascino del mondo haiku) non può assolutamente eliminare la peculiarità di base della logica haiku: il “quì e ora”.
La storia, i secoli di storia di questa poetica, la logica assoluta e imprescindibile dello haiku impongono il “quì e ora” e non è possibile derogare o ignorare la peculiarità di base di questa straordinaria poetica.
Leggere componimenti come:

Il più saggio
viandante si lascia
attraversare dalla strada

o come:

Il silenzio
possiede tutte
le risposte

Fa chiaramente capire che l’autore scrive cose che non hanno nulla (ma proprio nulla) a che fare con il mondo haiku,

Lo haiku non è ne una “massima”, ne un “aforisma”, ne un “pensiero filosofico”.

Se si vogliono scrivere “massime”, “aforismi” o “pensieri filosofici” allora si può scrivere quello che si vuole ma non si può e non si deve chiamarli “Haiku”. La poetica haiku è tutta un’altra cosa.

Non basta unire nel titolo la parola “Occidentali” alla parola “Haiku” per fare quello che si vuole e demolire una poetica affascinante e complessa come questa. se si usa nel titolo di un libro la parola “Haiku” allora si devono scrivere haiku (occorre saper scrivere haiku e riuscire a scrivere haiku, appunto)
Saluti
Ale

Chiara Beretta Mazzotta 19/06/2018 at 14:21

Ale, sai che non comprendo il tono piccato?
Vorrebbe essere un gradevole luogo di conversazione questo…
Comunque, grazie per la tua opinione.

Ale 19/06/2018 at 15:16

Perché parli di tono piccato?
Con il primo messaggio ho cercato di evidenziare criticità che dovrebbero essere scontate.
Con il secondo messaggio ho risposto sulla base di una domanda che cercava una risposta già evidente nel primo messaggio.
Forse lo scritto non è avvolto in carta di caramelle al miele perché mi sembrava di dover dettagliare qualcosa che nel mondo haiku è piuttosto evidente; se in ogni modo il tono è sembrato troppo “brusco” posso anche scusarmi, non parlerei però di opinioni personali, la logica e la peculiarità di base della poetica Haiku è assolutamente consolidata e universalmente riconosciuta.
Saluti
Ale

Scattosingolo 12/07/2018 at 08:59

In effetti non si capisce perché ci sono autori che definiscono “haiku” i propri componimenti, ma scrivono “pensieri”, “poesie”, “aforismi” e “massime” che non hanno niente a che fare con il mondo haiku.
E’ qualcosa che non ha molta logica!
Trovo molto corrette le affermazioni di Ale, la sua analisi è ineccepibile e dovrebbe far riflettere chi pensa di scrivere haiku ma che è ancora molto distante da questa poetica.
Saluti
S.S.

Tommaso 12/07/2018 at 09:01

In effetti non si capisce perché ci sono autori che definiscono “haiku” i propri componimenti, ma scrivono “pensieri”, “poesie”, “aforismi” e “massime” che non hanno niente a che fare con il mondo haiku.
E’ qualcosa che non ha molta logica!
Trovo molto corrette le affermazioni di Ale, la sua analisi è ineccepibile e dovrebbe far riflettere chi pensa di scrivere haiku ma che è ancora molto distante da questa poetica.
Saluti
Tommaso

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