Qualche giorno fa una poetessa speciale, Chandra Lidia Candiani, alla domanda: «Perché lavori tanto con i bambini?» ha risposto «perché sono più intelligenti.» E certi bimbi non sono solo intelligenti ma sono destinati a compiere gesti speciali, a essere amati, ricordati. Ammirati. A lasciare il segno. A indicare una via. A darci coraggio. Soprattutto se si chiamano Giovanni Falcone.
Il piccolo Giovanni di paure ne ha molte ma, sempre, prova a superarle. Per esempio quella del buio. Ma lui il panico lo sconfigge facendo. Cioè scivolando lungo il muro e tastandolo alla ricerca dell’interruttore. La stessa paura ce l’ha quando suo padre gli regala un presepe. Paura e un po’ di delusione. Perché avrebbe tanto voluto una spada per emulare i suoi eroi, i moschettieri! Oddio basta una gamba di legno di una sedia e una pianta di ficus, basta la fantasia per trascorrere le giornate a combattere battaglie, impavido, e affrontare i nemici.
Eppure in questo presepio c’è qualcosa che lo inquieta: una statuina di un pastore con un drappo rosso e quel rosso che tanto gli ricorda il sangue lo mette in agitazione… lo stesso sangue che talvolta macchia le strade della sua città.
Questa è la storia di un uomo che conosciamo tutti e a cui riconosciamo, soprattutto, una determinazione e una immensa dedizione. Giovanni Falcone ha dedicato la sua vita alla lotta contra la Mafia, è un simbolo, e questo racconto riesce ad aggiungere qualcosa all’immagine che abbiamo di lui. Ci regala una prospettiva inedita dell’eroe.
È una storia che genitori dovrebbero regalare i propri figli per ricordare loro che ci sono uomini di valore. Uomini buoni. Uomini che sono così generosi da donarsi a una causa. E poi dovrebbero leggerlo per ricordarsi che il coraggio è un superpotere che si impara facendo (soprattutto le scelte giuste).