Sono migliaia e migliaia, bambini abbandonati, lasciati nelle loro culle di fortuna con qualche oggetto che possa servire a riconoscerli – una medaglietta, un nastrino – casomai ci sia un ripensamento. Sono i piccoli che dal 500, per quattro secoli, sono stati abbandonati alla ruota degli Innocenti a Firenze.
E proprio qui, nell’Archivio storico dell’Istituto degli Innocenti che si apre il romanzo. Con un uomo, Jacopo, che deve fare i conti con un dolore – l’abbandono – e con l’immensa frustrazione di non poter sapere chi lo ha messo al mondo. Perché la legge tutela la volontà delle madri di rimanere anonime, perciò “il diritto di sapere e quello della madre naturale di essere dimenticata sono in conflitto” le madri che non volevano svelarsi. La legge impone che un bambino abbandonato possa accedere alla propria cartella soltanto 100 anni dopo l’abbandono.
Jacopo è un uomo apparentemente freddo, chiuso. In realtà sperimenta una mancanza profonda, un vuoto. La lacuna della sua memoria, della sua storia personale. “La verità è che non so più distinguere tra quello che ricordo effettivamente, quello che mi hanno raccontato e quello che racconto a me stesso”. E per gestire questa sottrazione di verità e affetti ha bisogno di ordine. E la musica, il violino, è il suo modo di fare ordine.
Ma in questa storia c’è anche Dasha. Era solo una ragazzina quando nel ’91 ha abbandonato l’Albania ed è sbarcata in Italia abbracciata al suo violoncello, lasciandosi alle spalle la mancanza di libertà, gli orrori del regime e di una storia personale travagliata. Ma, nonostante tutto, è una donna solida perché alle sue spalle ci sono facce e nomi e affetti. Lei è forte di una famiglia. Quella famiglia che con coraggio e amore l’ha mandata a studiare musica al conservatorio di Tirana regalandole un futuro.
È anche una storia d’amore questo romanzo, un dialogo che si svolge nello spazio, breve e struggente, di un concerto – il Doppio di Brahms – per violino, violoncello e orchestra. Perciò più che leggere la storia di Jacopo e Dasha, ascoltatela.