Si intitola I sogni non fanno rumore è un romanzo ed è arrivato in libreria grazie al crowdfunding. Facile? No, ma possibile. A patto che si abbiano idee e (tanta) voglia di fare.
Quando uno scrittore riesce a terminare un romanzo ha un solo obiettivo: trovare una casa editrice pronta a scommettere sul suo testo. Ma se è difficile incappare in un editore che investa sugli esordienti, lo è ancor di più farsi conoscere, strappare cioè “la propria opera dall’oblio”.
Bookabook, l’innovativa casa editrice di Milano, è riuscita ad aiutarmi su entrambi i fronti. Per pubblicare il testo, infatti, l’editore utilizza la tecnica del crowdfunding, cioè il libro va in stampa solo se ne sono state pre-ordinate almeno 150 copie. Questo meccanismo, che suona come qualcosa di strano in Italia, è di fatto già ampiamente utilizzato all’estero, anche in ambito editoriale.
Si tratta di vendere copie del proprio libro senza avere di fatto l’opera in mano, ma offrendo ai lettori semplicemente un’anteprima del testo e poi le bozze. Ora, se è difficile vendere un libro edito, figuriamoci convincere 150 persone a investire su un testo che di fatto esisterà solo molti mesi dopo l’acquisto!
Questa impresa, che sembra titanica, ha scatenato tutte le mie doti di “marketing manager” e mi ha spinta a inventare metodi nuovi per coinvolgere i lettori e renderli partecipi del mio progetto. Per promuovere il mio libro, in sua assenza, ho creato una cornice, pronta ad accogliere la tela, una volta terminata. E così sono nati prima il booktrailer, poi una serie di gadget ispirati al romanzo (portachiavi e segnalibri) e, infine, la canzone “i sogni non fanno rumore” con relativo videoclip.
È stato faticoso, lo ammetto, ma efficace. In pochi mesi ho realizzato il mio primo goal e sono arrivata alla tanto agognata pubblicazione. Una volta ricevuta la copia stampata del libro ho iniziato a ideare una serie di iniziative volte a far conoscere la mia storia: ho quindi organizzato presentazioni in luoghi “non convenzionali” come negozi di abbigliamento e di oggettistica, ho creato collaborazioni con associazioni di calcetto femminile (uno dei temi centrali del romanzo).
Ma, soprattutto, ho cercato i contatti con le scuole: al momento sto infatti portando il mio testo tra gli studenti delle medie e delle superiori, attraverso una serie di “incontri con l’autore”, durante i quali ho avuto modo di confrontarmi con una platea giovane e molto attiva sulle tematiche della mia storia.
Nel frattempo ho ricevuto un primo riconoscimento ufficiale: primo premio al Buk festival di Modena e tanta carica per continuare la promozione!
11 comments
Mi piacerebbe dire che bello! Poi però penso alle parole di J. Franzen e resto perplesso: “Un grande self-promoter come Norman Mailer era infatti uno scrittore mediocre. Quando sei troppo preso stare nel mondo è difficile impegnarsi nella scrittura di un romanzo. In questo senso, l’ecosistema dei new media premia gli scarsi”.
Credo sarebbe bello tornare a rendere difficile il pubblicare, e quindi tendenzialmente premiare testi che davvero lo meritino. Insomma tornare ognuno (con le tecnologie di questo mondo a tutto vapore) a fare quello che sa fare. Lo scrittore scrive. L’editore sceglie e promuove. Il talento, quando c’è, non andrebbe mortificato buttando via tempo prezioso a scimmiottare il mestiere che qualcun altro dovrebbe sapere fare meglio.
Caro El Cugino, ma che dici?
1- Giù le mani da Norman Mailer o almeno prima vinci un paio di Pulitzer come lui 🙂
2- Prima di Norman Mailer ci aveva pensato un certo Dante Alighieri a “stare nel mondo per divulgare i suoi testi”. Ma è tutta colpa del new media.
3- Il mestiere dello scrittore (così come una marea di altri mestieri) prevede che si debba sbattere e rimboccare le maniche per divulgare il suo lavoro. Perché scrivere è (toh!) un’attività sociale o almeno senz’altro lo è il farsi leggere.
4- Fare una cosa bene e saperla comunicare non vedo come siano in contrasto tra di loro. Il mondo è pieno di genialità incomprese, sicuramente ci stiamo perdendo opere di meravigliosi scrittori a cui manca non già la penna, ma la favella. Ma tant’è.
5- La signora qui sopra ce l’ha fatta. Ha pubblicato, ha vinto un premio (vero, mica la rassegna di Porto Briscole). Ora potrebbe pure sedersi e lasciare il suo editore a smazzarsi il lavoro. Intanto è uscita dall’anonimato. Siamo qui e stiamo parlando di lei. Tanto di capello.
6- Su una cosa sono d’accordo: bisognerebbe pubblicare molto molto meno. Ad esempio solo i libri che possono interessare a qualcuno. A quanto leggo, è proprio il caso di questo libro. Che recupererò.
Saluti!
Ma non è self, Cugino. BookaBook non è una piattaforma di self. Al massimo è un ibrido. Perché, invece di vivere sui prestiti bancari come fanno i grandi gruppi, ha deciso di puntare sul crowdfunding. Se conosci il caso delle “Cento storie per bambine ribelli” saprai che solo da noi è un problema.
I libri che raggiungono il goal vengono distribuiti come tutti gli altri. Il mondo cambia, quello che conta è cambiare in meglio con lui.
Che bello ci torni a parlare della strada percorsa dagli esordienti, amo questa rubrica!
Resta il fatto, com’è nelle cose e sappiamo tutti, che il marketing (dell’editore, dell’autore, o d’altri che siano) è importante, ai fini del successo di vendite, almeno quanto la qualità del prodotto. E assai spesso anche di più.
Dice: «Lo scrittore dovrebbe scrivere e l’editore promuovere». Allora il fabbricante d’aspirapolvere dovrebbe badare a produrre a testa bassa lasciando il marketing ai pubblicitari, quindi spreca energie preziose partecipando personalmente a fiere e presentazioni del suo articolo? Se grazie anche al proprio impegno promozionale il produttore vende tanto, ha poi disponibilità di fiducia e denaro per produrre nuovi e migliori articoli più che se restasse indigente e demoralizzato in azienda a domandarsi se insistere o chiudere. Pensa poi a quanto il successo di vendite e il sostegno del pubblico stimola un autore a persistere e migliorarsi, o quantomeno a ripetersi. Poi, certo, a un genio letterario non serve nulla di tutto questo. Scrive per il piacere che ciò gli suscita è può pure gettar via ogni manoscritto una volta terminato, pienamente pago d’averlo fatto per sé stesso. Beato lui. Ma i comuni “scriventi” d’animo assai meno nobile? Che poi, quale editore promuove a fondo chi non ha ancora venduto almeno, che so, cinquantamila copie? A centomila c’è la fila per promuover con fanfare al tuo posto, ma prima, se non ti sbatti, la scrittura rischia di restare un passatempo solitario. Mica facile, eh?
Marcello, lo voglio vedere io il genio letterario che getta ciò che scrive 😉
E poi non è mica di scarsi di spirito né di spilorci d’animo voler essere letti! Ogni scrivente aspira a essere letto anche se non lo ammette neppure a se stesso. Uno scrive per comunicare qualcosa a qualcuno. Altrimenti lo penserebbe e basta!
Certo come dici, Chiara. Era una lieve ironia circa la visione vagamente poetica dello scrittore integralmente dedito alla sua opera che m’era parso volerne dare il Cugino. A chi non piacerebbe immergersi nel lavoro che sa, e ama fare, senz’altro pensiero al mondo? Il fatto è che crea più seguito un autore che non perde una festa di Briatore della miglior promozione che può farti un editore.
Eh, Briatore come ufficio stampa degli editori… brividi! 😉
E immaginavo scherzassi. Ma magari qualche alieno che scrive solo per scrivere c’è!
Sì, Sandra. Appena gli autori hanno voglia di raccontarmelo io lo racconto a voi! 😉
Ciao! sono una scrittrice emergente e amo la tua rubrica! Ho pubblicato il mio primo libro su Amazon kdp. Fare parte di questa rubrica sarebbe fantastico…come potrei fare? Grazie ❤️
Noemi,
la rubrica parla di esordi, della difficoltà a trovare un editore e arrivare in libreria.
Il self non è certo una passeggiata, tutt’altro. Ma in quel caso i problemi sono altri e non riguardano la fatica a trovare una casa editrice che investa nel progetto.
Un abbraccio
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