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Il museo delle penultime cose – Massimiliano Boni

Il 27 gennaio sarà il Giorno della Memoria, inutile dire che – a parte l’importanza di ufficializzare un momento comune di riflessione – si deve ricordare sempre. Per questo vi racconto questa storia oggi. Ci parla Pacifico, sposato con Ester, padre. È uno studioso e lavora per il museo della Shoah di Roma. Ed è alle prese con l’allestimento di una mostra – c’è pure qualche intoppo, l’allestimento è in ritardo – sugli ultimi superstiti ai campi di concentramento.

Lo sa bene lui che ha raccolto una infinità di dati sul numero dei morti, pure quelli di cui non si sa nulla, sempre che si possa parlare di “dati” in questo senso… però ecco la sorpresa. Una sorpresa che ha un nome e un cognome: Attilio Amati, anni 98.

Attilio che vive in una casa di riposo e ha un carattere tutt’alto che malleabile sarebbe l’ultimo sopravvissuto alla Shoah. Possibile? Pacifico non è convinto, è uno studioso e quel nome non risulta da alcuna parte. Ma Attilio Amati esiste ed esiste pure la sua storia dolorosa, spaventosa. Come lo sono tutte quelle di chi ha visto, di chi c’è stato, di chi con la propria vita e morte testimonia una parte di storia vergognosa, e proprio per questo abbiamo il dovere di non dimenticarla. È forse l’unica forma di rispetto per le vittime, non una posa ma un gesto concreto.

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