Settembre tempo di festival letterari e di tristi considerazioni: in Italia riusciamo a fare una manifestazione culturale solo non pagando chi ci lavora.
Ieri è iniziato il Festivaletteratura di Mantova. Mi hanno fatto notare che non ho scritto un rigo a riguardo ma non si è trattato di una disattenzione.
Mantova per i lettori e gli scrittori è un Paradiso. Location suggestiva, innanzitutto, qualità degli incontri molto alta. Tantissimi lettori che macinano chilometri, si sorbiscono code e pagano per ascoltare i propri scrittori del cuore. Gli scrittori che passano da lì si lucidano gli occhi: non par vero di trovare una accoglienza come questa. Un clima che conosco, perché ci sono stata.
Mantova è però uno dei tanti (troppi) festival che in Italia vive anche grazie ai volontari. Nella foto sotto potete vedere le mansioni richieste ai candidati. Sono tutti lavori che nel mondo civilizzato richiedono una retribuzione.
Immagino sappiate che moltissimi degli incontri del festival sono a pagamento (l’incontro con Baricco costa 18 euro, per dire, e il pubblico non mancherà). Forse però non sapete che i volontari, oltre a lavorare gratis, dovranno anche pagare per farlo, perché “prima di iniziare la propria prestazione di volontariato”, si legge nel sito, “è necessario effettuare l’iscrizione all’Associazione Filofestival per l’anno 2016”.
Come dite? 12/20 euro sono poche? Può darsi. Ma non vi pare imbarazzante? Un festival culturale dovrebbe essere etico, dovrebbe insegnare il valore della cultura e ribadire l’ovvio: il lavoro culturale non è un hobby e un autore va pagato, un giornalista va pagato, un traduttore va pagato… e chi permette che un festival sussista e funzioni andrebbe pagato.
Lo considerate uno stage? (Peraltro sappiate che da un paio di anni c’è l’obbligo di retribuzione). Ma siete sicuri che qui qualcuno insegni qualcosa? E, soprattutto, lo stage nasce per assimilare competenze per poter essere assunti non è un escamotage per avere personale gratis da sfruttare. Pensate fare il volontario sia una bellissima esperienza? Anche se così facendo si danneggiano quei professionisti (disoccupati) che potrebbero svolgere queste mansioni e il loro mercato del lavoro?
Senza contare una considerazione piuttosto banale: possono lavorare gratis solo quelli che di lavorare non hanno bisogno. O, peggio: lo si fa per disperazione, sperando in qualche contatto o per sentirsi impegnati e parte di qualcosa.
Sapete come si dice? La civiltà di un Paese la valuti analizzando il trattamento che riserva ai bambini, alle donne, agli anziani, ai carcerati, ai malati… e ai giovani. E il problema non è solo Mantova, tra pochi giorni arriveranno gli angeli volontari di Pordenone. Beati gli organizzatori, che di santi in paradiso, mi pare ne abbiano molti.
P.S. Mi fanno giustamente notare che ho dimenticato un dettaglio che piccolo non è affatto. “Fin dalla prima edizione, Festivaletteratura ha ricevuto il sostegno di aziende private, istituti culturali, associazioni di categoria e professionali, esercizi commerciali” e gli sponsor e i partner del Festivaletteratura di Mantova sono ben 171. Alcuni offrono vitto e alloggio a prezzi scontati, altri invece sostengono la manifestazione. Soldi ce ne sono, signori.
65 comments
Il classico magna magna all’italiana. Magari i francesi, quando se ne accorgeranno, ci dedicheranno un’altra vignetta che nessuno capirà, perché la cultura, in Italia, serve solo a ingrassare le pance di pochi.
Una vignetta indigesta, già… ma non per tutti.
Questo è solo l’ennesimo soggetto che fa le cose all’italiana. Sta bene agli italiani? Pare di sì.
Quello del lavoro volontario, ormai perfino normato grazie all’accordo firmato dai sindacati nel 2013 in previsione del mega sfruttamento di circa 8mila volontari a Expo2105, è uno di quei temi che mi fanno regolarmente irritare.
A Mantova si poteva capire nei primi anni del Festival, allora semi sconosciuto e con pochi sponsor. Oggi non più, vista appunto la lunga lista di sponsor e il volume di indotto che produce in pochi giorni.
Ciò che non capirò mai è perché trovino sempre volontari disposti a lavorare gratuitamente.
Fanno più danno loro a se stessi e al mondo del lavoro di qualunque trattoria che paga pochi euro l’ora un lavapiatti o un banconiere.
Poi ci si chiede come mai siano riusciti a far sparire ogni diritto nel mondo del lavoro: se lavori gratis, qualunque sia la tua illusoria o romantica motivazione, sei solo uno smidollato che merita la disoccupazione che ti si para davanti. Non si vede che se il lavoro c’é, è necessario farsi retribuire prima di accettare di farlo?
Perdona l’irritazione, ma viene da pensare che alla fine manchi proprio il rispetto di se stessi e del proprio lavoro, se non lo si valuta abbastanza da farsi riconoscere per questo un contro valore in denaro.
Altro che perdonare, Rossana! Che dire? Hai detto – bene – tutto tu.
Il rispetto manca, di sicuro. E poi c’è l’abitudine: noi (alcuni di noi) ci stiamo abituando a queste porcherie, ma se nasci circondato da queste porcherie le trovi normali.
Per questo andrebbe alzata la voce, soprattutto se la cosa capita in una bella manifestazione. Mi piacerebbe lo dicessero gli scrittori blasonati e gli editori che il volontariato no, non va affatto bene. Loro – con eleganza – potrebbero davvero fare la differenza. Anche perché stiamo costruendo un mercato del lavoro che premia chi chiede di meno non certo le competenze.
Se i soldi ci sono, perchè ci sono gli sponsor, come mai si arriva addirittura a chiedere riprese e montaggio video gratis, con tanto di “dimmi che videocamera hai”?! E’ osceno. Assolutamente osceno.
Ma considerato che prendono dei contributi statali (“Il sito è stato realizzato nell’ambito del progetto Open Festival con il contributo di INNOVACULTURA – Regione Lombardia, Camere di Commercio Lombarde e Fondazione Cariplo” nel bottom della pagina web), io cittadino come devo fare per sapere dove sono finiti i nostri soldini??
Bisogna chiedere bilanci & Co. Sono tenuti a renderli pubblici, anzi, credo che per legge dovrebbero essere sul sito… e no, non ci sono. Approfondiamo?
Approfondiamo, approfondiamo…
Anche se qualcuno qui sotto si è sentito preso in causa, restano dei cittadini che vogliono vederci chiaro.
Poi: fare il volontario per la Protezione Civile è una cosa (e loro sono pagati: il dipendente mantiene lo stipendio, il datore di lavoro ha un rimborso; il libero professionista un’indennità), fare il volontario all’AVIS è un’altra cosa e fare il volontario al canile/gattile municipale un’altra cosa ancora. Mi sfugge proprio il concetto del volontario ad una manifestazione culturale. Perchè in Italia la lettura è un animale in via d’estinzione come i Panda?!
“Fare il volontario per la Protezione Civile è una cosa (e loro sono pagati: il dipendente mantiene lo stipendio, il datore di lavoro ha un rimborso; il libero professionista un’indennità), fare il volontario all’AVIS è un’altra cosa e fare il volontario al canile/gattile municipale un’altra cosa ancora. Mi sfugge proprio il concetto del volontario ad una manifestazione culturale. Perchè in Italia la lettura è un animale in via d’estinzione come i Panda?!”
Lo ripeto che mi garba troppo! 😉
Trovo abbastanza assurdo accettare. Sono stata anch’io giovane, a casa, senza lavoro.
Eh, lo so, a noi forse pare assurdo ma ormai è prassi. La prospettiva cambia…
Libertà, libertà, libertà e poi si finisce per cedere anima, cervello, braccia e buco del beep al più libero di tutti, cioè a colui che forte dei propri mezz, si sente libero di fare quello beep che vuole, fino a imporre un sistema che assomiglia molto a una sorta di schiavismo light, salvo poi chiamarlo “volontariato” 😉 🙂
Diego Fusaro è sempre più convincente. Meno libertà e più grano per chi lavora. Punto. E non avere paura di dirlo: ABOLIAMO IL VOLONTARIATO ! ! !
Assolutamente d’accordo.
I giovani oltre a non essere quasi mai aiutati dalle università (trovare un tirocinio è difficilissimo e si organizza tutto da soli, spesso riuscendoci solo se si conosce personalmente qualcuno pronto a accettarti come stagista), si laureano dopo aver pagato fior di quattrini per tasse, spostamenti, libri e alloggi e vengono sfruttati alla grande per mansioni in cui non solo non imparano nulla (spostare sedie, strappare biglietti, fare volantinaggio ecc…) ma che non danno loro nessuna speranza di essere assunti.
D’altronde, l’alternativa è stare a casa a non fare nulla e dover spiegare ai propri genitori (che hanno finanziato gli studi) perché si sta a casa con le mani in mano.
Ci sono stato 6 anni a Mantova e ci tornerei a nuoto, quindi – avendola vissuta da dentro – posso assicurare che la questione non è così semplice.
Innanzitutto in quanto volontariato non presuppone una retribuzione di per sé, altrimenti non si chiamerebbe volontariato.
In secondo luogo gli eventi a pagamento sono a pagamento perché evidentemente il cachet chiesto dagli autori (o dagli agenti o dagli editori di CERTI autori) non è stato possibile da coprire solo tramite gli sponsor. Che sono tanti, ma hanno dovuto tagliare parecchio i loro contributi. E non oso immaginare quanto possa costare organizzare un festival come questo.
Terzo, come ho appena scritto: la gran parte degli eventi sono gratuiti.
Quarto: a tutti i volontari è garantito alloggio e vitto.
Quinto: non è uno stage, non è sfruttamento. Chi fa il volontario a Mantova non lo fa perché vorrebbe essere pagato, lo fa perché vuole vivere un’esperienza unica. Ogni volontario lo sa e ne è consapevole. Tutti stupidi? Tutte capre che si fanno volentieri condurre al macello? No, tutti consapevoli che si faranno esperienze che altrove non si farebbero mai. E assicuro che fa curriculum, e molto!
Luri, a Mantova ci sono stata. Ho autori che ci vanno, amici scrittori/traduttori/editori/agenti che ci vanno. Qualcosina la so anche io, sai?
1) Un volontario non è un lavoratore, ma uno che lavora dovrebbe essere pagato. Lapalissiano. Non è una zona terremotata, né una libreria allagata.
2) Evidentemente, scrivi. Ci sono autori stranieri che vengono pagati e autori che chiedono un compenso e lo ricevono. Nella maggior parte dei casi Mantova non paga – vitto e alloggio a parte – e chiede che l’ospite si munisca di sponsor (succede per tanti big). Ma ti domando: un autore ha il diritto di essere pagato e un ragazzo che trasloca sedie tutto il giorno no? Interessate, quindi abbiamo dei lavoratori di serie A e di serie B? Non faccio proiezioni sul mondo in cui vuoi vivere perché mi terrorizzano.
3) Il festival ha 171 sponsor. Riceve fondi dal nostro Stato, il 2X1000 di chi glielo destina, ha i soldi dei tesserati.
4) Non ti sei premurata di approfondire, per esempio, che negli anni precedenti la comunità mantovana a stanziato 10,000 euro per l’alloggio dei volontari. e ci mancherebbe che uno venisse a lavorare gratis e pagasse per dormire e mangiare! Già è disumano che paghino il viaggio ed è IMBARAZZANTE che paghino l’iscrizione all’associazione. Ma se sta bene a te, che ti devo dire, io un lavoro ce l’ho e una roba del genere non la proporrei, per pudore, a nessuno.
5) Mi sa che non sei informata: lo stage non è sfruttamento e per legge, da due anni, comporta retribuzione.
Ma veniamo alla tua esperienza unica: una esperienza unica fare la hostess, la traduttrice, il web master, taxista, traslocatore, fonico… non tanto per le hostess, i traduttori, web master, taxisti, traslocatori, fonici che magari verrebbero volentieri a lavorare a Mantova ma no, non possono, perché ci vai tu gratis. E Mantova secondo te quando smetterà di campare sui volontari? Quando questi si sveglieranno e andranno a fare una esperienza unica pretendendo di essere pagati.
Rispondo punto su punto:
1) Lapalissiano. Ma il fatto è che il Festival stesso né i volontari lo concepisce come un lavoro. E non è una questione di essere stupidi, di chiudere gli occhi, di non essere sindacalizzati: è che il festival è una scusa per partecipare a eventi culturali da protagonisti.
2) Io credo che certi autori si facciano pagare perché i loro agenti lo pretendano, e fanno bene. Smettila con questa sterile e insensata polemica di serie A e serie B, che sai benissimo non avere un senso: gli autori chiedono un compenso, gli sponsor ci mettono una pezza, il resto purtroppo lo si chiede al pubblico. E’ giusto? E’ sbagliato? Io credo che se una persona va apposta fino a Mantova per assistere a un festival culturale e letterario, metta in conto di spendere qualche euro. Quanti non sta a me decidere, né stabilire, ma smettiamola anche con le pretese che dev’essere tutto gratis.
3) Non conosco il numero esatto di sponsor né altro, ma – poiché in 6 anni mi sono guardato un pochino intorno – ti posso assicurare che ci sono stati molti tagli. Ripeto: non oso immaginare quanto possa costare il festival, e se vogliamo continuare a goderlo come l’evento di qualità che è allora non scandalizziamoci se un evento lo dobbiamo pagare.
4) Qui sta la questione di fondo, su cui ti sbagli della grossa: quasi tutti i volontari – a parte i giovanissimi – hanno un lavoro, che 9 volte su 10 è nel mondo della cultura (giornalisti, ricercatori, comunicatori, ecc). Guarda caso, tutti – anche chi non ha un lavoro – accetta di non essere retribuito. Come mai? Forse perché non concepisce il volontariato al festival come un lavoro perché non può essere un lavoro? Forse perché il festival crea occasioni uniche anche per chi ha un lavoro? Crea contatti utili sotto qualsiasi punto di vista? Anche questo significa fare curriculum, e io sul mio l’ho messo: e ti assicuro che ha sempre contato, quando mi sono candidato a lavori culturali (editoria, giornalismo, ecc).
5) Forse non sai che ci sono moltissimi lavori svolti da professionisti di aziende esterne, quindi pagati, durante il festival. Ma dirlo rovinerebbe la tua pregiudiziale ricostruzione del festival come un gigantesco leviatano che vive sulle spalle di ragazzini rincoglioniti, e ci fa pure la cresta sopra.
P.S.: visto che hai scartabellato alla ricerca di chi sono, potevi anche realizzare che mi chiamo Iuri con la I di Imola, e sono un uomo.
Questo ragazzo di nome Iuri (ma spiegare a chi ha concepito il tuo nome che la versione corretta è Yuri, non sarebbe una cattiva idea) è divertente.
1. il caro Iuri non ha ancora capito il senso della diatriba sull’utilizzo dei volontari (paganti tra l’altro), spiegarlo credo sia tempo inutile (magari la prossima volta che faccio una gita sulla riva del fiume…);
2. il caro Iuri ha letto in una realtà parallela che si esigono eventi gratuiti, ma mai nessuno ha affermato che gli eventi debbano essere gratuiti;
3. in 6 anni, il caro Iuri si è guardato attorno, quindi il caro Iuri ha partecipato a ben 6 edizioni del festival, ma di questo nella sua bio non c’è traccia (ma non faceva CV?);
4. il caro Iuri non sa i numeri degli sponsor (facilmente reperibili sul sito), ma ha conosciuto e “intervistato” ben 800 volontari, così da affermare, senza alcuna ombra di dubbio, che 9 su 10 hanno un lavoro e che 10 su 10 lo rifarebbero (peccato che proprio tra questi commenti ci sia qualcuno che il volontario l’ha fatto sul serio e che scrive che non lo rifarebbe);
5. è stato chiesto al caro Iuri di raccontare la propria esperienza, senza nascondersi, proprio per avere più dati (non quelli del punto 4, perché sono palesemente propagandistici), eppure…
P.S.: sorvolo sui vari errori di ortografia e di punteggiatura, che un laureato in lettere non dovrebbe commettere, ma mi chiedo: questa tua comica difesa del festival la inserirai nel CV?
Ciao Umberto, l’ufficiale dell’anagrafe ha fatto un errore.
Grazie per avermi scritto come devo andare a far cambiare il mio nome.
Mi soffermo solo sul punto 5, il resto è privo di contenuto, Iuri (viste le affermazioni e credendoti un fake, ti ho attribuito un nome da fake).
5) Forse non sai che ci sono moltissimi lavori svolti da professionisti di aziende esterne, quindi pagati, durante il festival. Ma dirlo rovinerebbe la tua pregiudiziale ricostruzione del festival come un gigantesco leviatano che vive sulle spalle di ragazzini rincoglioniti, e ci fa pure la cresta sopra.
È indubbio che qualcuno, giustamente, pretenda di essere pagato! Non gli 800 volontari, purtroppo. Se no sarebbe tutta un’altra musica.
Per quanto riguarda le tue colorite definizioni, sono tue, e glisso.
“Viste le affermazioni e credendoti un fake, ti ho attribuito un nome da fake”: wow, che professionalita’ da parte di una blogger al passo con i tempi. Quanta etica professionale!
Oddio se vogliamo la cosa è più seria, visto che sono una editor e una giornalista. Però: Iuri, dai, sono certa che sai distinguere tra una battuta e un contenuto serio seppur non condivisibile. Davvero, è proprio questo lo scambio, l’unico possibile modo di comunicare? Insultarsi?
Almeno uno dei due paladini del festival, ha finito le cartucce e non gli restano che i soli insulti.
Però, a proposito di cultura… uno che insegna italiano e che per 6 anni ha partecipato al festival può scrivere “Grazie per avermi scritto come devo andare a far cambiare il mio nome.”? No, direi proprio di no.
Senza contare che non gli ho mai scritto come e/o dove cambiare il suo nome.
Da questi bacini pescano al festival?
La comicità di questo commento sta nel fatto che non si riesce proprio a capire che è proprio la scelta del volontario (che deve pure pagare la quota associativa) a far discutere.
Il volontario è colui che presta la propria opera per iniziative che non hanno scopo di lucro.
Qui, in questo caso, il lucro è ben visibile.
Riguardo alla grande e strepitosa minchiata del “fa curriculum” che fa tanto speranza, vorrei tanto capire come fa a fare curriculum una voce nello stesso che recita “addetto all’obliterazione biglietti al festival della lettura di Mantova”?
Quindi, caro Iuri, continui a nuotare imperterrito, prima o poi raggiungerà il porto del buon senso.
Caro Umberto,
continuerò a nuotare. Poi, quando sarò stufo, mi siederò sulla riva del fiume: come diceva quel saggio, passeranno tutti i miei nemici.
Grazie perché il tuo buon senso – sottolineato da quello stupendo “minchiata” preso pari pari da Oxford – mi ha aperto gli occhi. Scommetto che tu hai presentato un sacco di domande di lavoro in ambito culturale, quindi hai un sacco di esperienza. Volevo solo sottolineare che il Festival della lettura non è mai esistito, mentre al contrario esiste da venti anni il Festivaletteratura di Mantova, che ha una fama e un prestigio internazionali: e quindi sì, scriverlo nel CV fa un certo effetto. Ma sicuramente lo sai meglio tu di me, come funzionano queste cose…
Se ha tempo da perdere, faccia pure. Nel frattempo, potrebbe fare il volontario a pagamento da qualche altra parte.
Quando non si hanno argomenti, si guarda la forma del “minchiata” (presente anche nel dizionario Treccani) e dell’evidente cambio da “letteratura” a “lettura” di smartphoniana fattura.
Metta anche questo nel CV… tanto si è capito da dove arriva cotanto ardore nel difendere l’indifendibile.
Per l’eventuale prossima sua risposta, si soffermi sul contenuto, la forma la guardi quando è sulla riva del fiume.
PS: posso assicurare che ci sono molti professionisti che vengono apposta per fare i volontari. Come mai?
Nel 2012 o 2013 c’è stato un boom di richieste di volontari da parte di lavoratori cassintegrati, che speravano appunto – visto quanto è prestigioso mettere Festivaletteratura sul CV – di trovare una via d’uscita dalla loro situazione. Come mai?
Curriculum? Non rido per disperazione…
E tutte le categorie che citi fanno parte delle persone competenti, piene di voglia di fare che vorrebbero essere utili. Persone che sperano come scrivo di acchiappare qualche contatto. E non si rendono conto che la gratuità genera gratuità e distrugge il mercato del lavoro.
È evidente, signora mia, che lei non si informa prima di scrivere, uno dei motivi per cui forse sarebbe meglio farsi un paio di volontariati e apprendere la grande arte del non populismo becero.
Nessuno, neanche gli organizzatori del Festival guadagnano dal Festival ed è per questo che viene formato un volontariato attivo fatto non per apprendere un lavoro o guadagnare (non è sfruttamento, quelli sono gli stage) ma una forma molto alta di aiuto e sostegno senza voler nulla din cambio. Se devo tornare coi piedi per terra, le dico che si chiama volontariato perché si sceglie in autonomia – quindi ancora nessun obbligo per colpa della crisi, nessuna specie morale perché si è laureati in lettere – di sostenere con il proprio talento qualcosa che di bello. E che fa bene a tanti, ivi inclusi i mantovani.
Il lavoro è una cosa, il volontariato è un’altra e chi confonde queste due è già di per sé un passo indietro.
Inoltre è imbarazzante davvero dover sentire gente che non ha mai fatto un giorno di volontariato e di bene lamentarsi del mondo e lamentarsi dei diritti di questi giovani. Ma signore e signori, questi giovani sono il bene, questi giovani – tra cui io – vogliono fare una cosa senza per forza la logica del “in cambio mi dai”. Ripeto: per quello esiste il mondo del lavoro.
Quindi in buona sostanza parlate a caso, senza intervistare o vedere di che si tratta e alla grillina urlate al complotto dove non c’è. Nessuno chiede soldi al FestLet perché chi ci va vuole fare un’esperienza volontaria e non metterlo nel cv.
Sappiate che sì, esiste anche questo nel mondo: il fare per amore del fare.
Clara, primo: non capisco il tono. Secondo: non capisco come tu possa mai dire se ho fatto o no volontario; sorrido perché mi sa che non ti informi prima di scrivere.
Se li hai, dammi i bilanci di Mantova e i dati precisi, invece di aggredire e rispondere piccata.
Chiunque lavora – ho detto lavora – nel settore editoriale sa che è uno scandalo quello del “volontariato” che rende il lavoro culturale un hobby. Poi possiamo chiacchierare del tuo punto di vista. Non stiamo parlando di ragazzi che vanno nelle zone terremotate – grazie a dio ce ne sono tanti – sono ragazzi che non hanno capito che stanno devastando la possibilità di trasformare una passione in un lavoro. Ci sarà sempre qualcuno che lo farà gratis al posto loro.
Da una che parte con “lei non si informa prima di scrivere”, ci si aspetta che sappia che uno stage in Italia va pagato (la retribuzione dipende dalla regione di appartenenza).
Poi, sempre da una che pretende che ci si informi prima di parlare, ci si aspetta che richieda i materiali per informarsi, come ad esempio i bilanci dell’associazione che c’è dietro al festival. Bilanci che, per legge, devono essere pubblici. Ma, nonostante l’associazione sia in campo da più di un decennio, non c’è l’ombra di un bilancio. Figuriamoci poi per una ONLUS.
Il volontariato si sceglie in autonomia, come uno stage o un lavoro. Nessuno impone uno stage o un lavoro a chicchesia. Ma, del resto, perché parlare senza pensare?
Quindi, cara Clara, in buona sostanza, lei ha collezionato una lunga serie di volontarie magre figure (grillini compresi).
Il tono corrisponde alla qualità di questo blog, post e dei vostri commenti. Faccio veramente fatica a credere che siate voi la generazione adulta che ci doveva insegnare a vivere. Ma cominciamo: è la terza volta che scrivete che uno stage è retribuito, lo sanno anche i muri e io stessa, perché li ho fatti prima e dopo la decisione di retribuirli in maniera obbligatoria – ergo li ho fatti anche gratis per necessità di entrare nel mondo del lavoro. Io vi scrivo che non ha senso associare le due cose, che lo stage è una forma di sfruttamento ed è così perché anche se pagata gli stage si arrivano a offrire a gente anche sopra ai 30-40 anni, perché anche se è obbligo di legge alzare la soglia almeno a 400 euro non si va a fare una verifica e ancora molti stage non sono retribuiti. L’errore vostro, quindi anche suo Umberto che fa il brillante su cose messe lì a casaccio e credendo di parlare con una di 12 anni, è leggere male e dare per scontato: se una cosa viene pagata non significa che è buona né migliore né che non sia sfruttamento.
Al Festivaletteratura il volontariato non è una forma di sfruttamento, gli stage in Italia sono invece una forma legalizzata di schifezze e abusi su giovani e non giovani su cui, peraltro, mi batto anche in prima persona, o ci provo. Ma se lei crede che 400 euro rendano liberi, allora non avrò mai molto da dirle.
Due anni fa ho letto le cifre del Festival ed erano sulla Gazzetta, quotidiano pubblico. Gli eventi hanno la cifra scritta ovunque quindi si sa quanto costano, idem la quota associativa. Quindi, e siamo a sue due blaterate una in seguito all’altra, o se l’è perso o forse è più facile dire che cercare. Come vede, nuovamente, faccio la volontaria figura di dimostrarle che le piace giudicare dalla copertina – così restiamo in tema di libri. Ulteriori dettagli economici non li possiedo, in parte perché non mi crea alcun disagio sapere che il Festival fa soldi (e anche tanti), ma un po’ di dati, se si vuole, si ottengono.
La seconda cosa fondamentale su cui vi imbarcamenate è che non capite il primo e più semplice dei concetti (e sinceramente sta diventando imbarazzante): il volontariato non è lavoro retribuito, non vuole esserlo e non pretende di esserlo. Se si pagasse sarebbe lavoro. Punto. Perché vi è difficile, sono due parole – concetti – azioni e filosofie diverse.
Avere “amici scrittori, traduttori, ecc.” non è una fonte né mi fa pensare che lei ne sappia di più, non mi aggiunge o toglie nulla. Io conosco Augias, quindi posso parlare di tutto? No, non direi.
Potrebbe conoscere anche il sindaco della città, o sa di cosa parla o sta scrivendo l’ennesimo post polemico per riempire un buco nel suo sito.
A me fa arrabbiare leggere cose come le vostre, non mi fa rabbia prendere 1 settimana di ferie e andare a fare il volontario e fare del bene. Parlate tanto di serie A e di serie B e poi lo scivolone arriva su “mica stare salvando una libreria allagata o fate volontariato per i terremotati”. Ah ecco, questo è il punto: se uno fa il volontario in campo culturale in un Paese che ha un livello di lettori e di qualità della cultura decisamente basso rispetto al resto dell’Europa – e quindi compie un dovere sano, etico e civile nei confronti della cultura della sua nazione – è un minchione che si fa sfruttare, se uno va in Africa a salvare bambini con la tubercolosi è un grande uomo.
Non posso usare altri toni, perché leggo cose che farebbero saltare il cervello anche a un santo.
Non posso e non voglio convincervi, ma visto che parlate anche di me (giovane, volontaria) e visto che avete scelto di scrivere e “lottare” per noi, magari ascoltate quelli di cui state parlando perché, sapete com’è, siamo noi che lo viviamo e compiamo queste scelte, voi state sui bordi a guardare.
Ps. tra l’altro avete anche frainteso il senso del commento di Iuri sul cv: anche staccare bigliettini è un’esperienza che può essere inserita nel futuro contesto lavorativo e non (anche se si vuole fare un determinato tipo di studio) perché i cari giovani non sono delle scimmie indifese e cretine e sul cv non mettono “stacco bigliettini” ma VOLONTARIATO DA ANNO AD ANNO PRESSO IL FESTIVALETTERATURA.
Staccare bigliettini al Festival ti insegna:
pazienza, comunicazione in situazione di crisi, gestione relazionale, responsabilità verso persone più adulte confronto con sconosciuti (e se lo devi fare a 16 anni ti svegli parecchio), sopportazione di stress e fatica ad alti livelli, gestione della rabbia… Potrei continuare ma credo di aver dato.
Se qualcuno della nuova generazione pensa di essere nato già imparato (cit. film dell’epoca precedente alla mia) è ovvio che accusi le passate generazioni di non aver saputo insegnare a vivere.
Lo stage deve essere retribuito (quarta volta?). Quindi, se lei, che sa come vivere, accetta di diventare una stagista senza pretendere il giusto, la colpa di chi è? Lei scrive che l’ha fatto per necessità. Le credo.
Ora, prendo anche le parole del suo comico amico che continua ad asserire che molti decidono di prestare la propria opera come volontari per avere contatti di lavoro, esattamente come uno stage, secondo quello che ha appena scritto lei. Uno fa il volontario per avere contatti di lavoro; uno fa lo stagista per entrare nel mondo del lavoro. Qual è la differenza? Io non la vedo.
Ora le spiego, come farei con una di 12 anni: mai detto che se una cosa viene pagata significa che è buona, ma ho sempre detto che un lavoro deve essere pagato se c’è un fine di lucro. In più, uno sceglie di fare uno stage, esattamente come uno sceglie di fare il volontario. Nessuno ti punta la pistola alla tempia. Posso anche scendere a 10 anni se questo concetto non si è capito.
Due anni fa ha letto le cifre del festival su un giornale e gli eventi hanno la cifra ovunque, idem la quota associativa. Ma si sanno i numeri? Ora, a 12 anni dovrebbe già conoscere le moltiplicazioni (almeno… ai miei tempi l’aritmetica si studiava alle elementari), quindi, dovrebbe sapere che un prodotto è dato dal moltiplicando e moltiplicatore. Lei conosce solo il moltiplicando, ma del moltiplicatore non vi è traccia. Per capirci, quanti hanno partecipato ai singoli eventi? quante sono le persone che, per avere più possibilità di acquistare il biglietto per un evento, hanno deciso di pagare anche la quota associativa?
Ma lo sa che l’unico strumento che potrebbe mettere a tacere tutti è il bilancio? Però, stranamente, dei bilanci non vi è traccia. In sostanza, chi blatera e chi giudica dalla copertina è soltanto lei, perché a lei basta leggere dei dati su un giornale di due anni fa.
Passiamo a quello che per lei è imbarazzante: il volontariato non è un lavoro retribuito. Brava. Non lo è ed è proprio per questo che è nata questa questione. Perché per un evento a scopo di lucro si fa uso di figure gratuite. Inutile dirle quanto un professionista pagato sarebbe più utile e veloce e quanto l’utilizzo di queste figure uccida il mercato del lavoro. Semplicemente inutile, perché vedo che continua a non capire. Questo sì che è imbarazzante.
Riguardo al bene: se fosse andata ad Amatrice a spalare macerie avrebbe fatto del bene. Andare a fare la volontaria per un festival che utilizza la cultura per i propri introiti non è fare del bene alla collettività, ma solo a pochi. Quindi, tornando a parlare alla ragazzina di 12 anni, il volontariato è tale se c’è un bene collettivo senza alcun guadagno. Se c’è un guadagno, non deve esserci il volontariato, ma un lavoro retribuito. A proposito, attenta ad usare il termine “minchione” perché il suo amico di letture potrebbe risentirsi.
Riguardo i bordi, immagino che una ragazzina di 12 anni non si sia neanche posta il problema che, magari, tutte queste persone che commentano, lo fanno grazie alle esperienze vissute proprio all’interno dei confini che vogliamo allargare. Immagino, però, che la giovane età porti anche l’entusiasmo di vivere un evento per quello che non è.
Riguardo al CV, mettiamo la frase “VOLONTARIATO DA ANNO AD ANNO PRESSO IL FESTIVALETTERATURA”, poi, al colloquio chiedono “cosa ha fatto?”… “staccavo biglietti”. Meglio scriverlo prima!
In ultimo, immagino che come volontaria non ha staccato i biglietti, perché non ha né pazienza né sa comunicare in situazione di crisi né ha la minima responsabilità verso persone più adulte né sa confrontarsi. Insomma, la prossima volta, vada a staccare biglietti! 🙂
Non avevo letto la chiusa di Umberto. Che smacco, arrivo seconda…
Clara, scusami, perché per argomentare una qualsiasi opinione devi offendere o svilire il lavoro e le opinioni degli altri? Viene da pensare che tu abbia esaurito tutto il rispetto e la generosità di sguardi in quel di Mantova…
Guarda che io scrivo perché mi interessano le opinioni degli altri. Soprattutto quando sono così distanti da apparire siderali, e possiamo serenamente argomentare.
Detto questo: gli stage devono essere retribuiti. È legge. Se non ti pagano, lo dici e scattano provvedimenti. Se accetti di lavorare, alimenti il sistema. Nessuno dice che essere pagati è una garanzia di essere trattati bene ma non essere pagati è una garanzia di non esserlo.
Le cifre di cui parli sono cifre parziali, noi intendevamo i bilanci che sono un tantino diversi, ma poco importa.
Io rispetto la tua opinione e la tua esperienza e ti chiedo: tu ti puoi permettere di prendere una settimana di ferie per staccare biglietti ma lo sai che la bigliettaia è un lavoro? (Vai in un cinema/teatro e sappimi dire) E lo sai che un festival si organizza perché si può farlo – cioè si hanno i fondi – e non perché ci sono persone che non si fanno pagare. Tu difendi questa esperienza, io difendo quelli che a Mantova ci vanno sperando di trovare uno straccio di contatto e/o lavoro. Guadagnare anche per la più piccola delle competenze non è un plus è un diritto sancito dalla Costituzione. Lo stiamo trasformando in un traguardo…
Non sei d’accordo? Ci mancherebbe. Ma non vedo perché “farti saltare il cervello” anche perché mi hai appena detto di aver imparato a Mantova pazienza, gestione relazionale, responsabilità verso persone più adulte (sono un ’77) confronto con sconosciuti (ormai abbiamo litigato abbastanza per dirci conoscenti, in effetti), sopportazione di stress, gestione della rabbia…
Leggo lassù:
Inoltre è imbarazzante davvero dover sentire gente che non ha mai fatto un giorno di volontariato e di bene –
Be’, difficile affermare che chi si trova contrario a questa forma di volontariato al festival di Mantova non abbia mai fatto volontariato e del bene, cosa ne sapete?
Sandra,
essendo ottimista penso siano fake perché, se sono veri e continuiamo di questo passo, pagheremo il datore di lavoro per farci lavorare. (Oddio, succede già. Un esempio: l’editoria a pagamento. Tu scrivi e fatichi, poi paghi il tuo datore – l’editore – per farti da datore di lavoro…)
😉
Per amor di precisione mi preme dirti, cara Sandra, che Claudia e Luri esistono e sono due dei fondatori di GenerAzione Rivista, nata nel 2008 a Mantova. “I fondatori, tutti ragazzi giovani (il più vecchio aveva 22 anni), dopo aver condiviso le emozioni e gli entusiasmi di una settimana di Festivaletteratura durante la quale avevano preparato e gestito quattro incontri con altrettanti autori, volevano che l’esperienza continuasse. Da qui l’idea di una rivista di letteratura rivolta a un pubblico giovane”.
Quindi sono due volontari, anche se non lo dicono apertamente. Uno però dice che fa CV andare a far volontariato a Mantova, l’altra che non si fa il volontario per metterlo nel Cv. Comunque.
Bastava commentare e raccontare la loro esperienza, no? Questo sito è aperto a tutte le opinioni. Bastava spiegare perché lo hanno fatto, cosa hanno imparato, se davvero hanno trovato poi lavoro. I lati positivi e quelli negativi. E si poteva discutere del fatto che tutti i festival vivono grazie alla gratuità del lavoro dei giovani/disoccupati/pensionati e spiegarmi se non gli pare una mostruosa emergenza sociale visto che si sono occupati di precariato e si definivano funamboli del terzo millennio.
Criticare un aspetto di Mantova non significa catalogare l’esperienza come inutile né etichettare come inutili quelli che vi hanno preso parte. Sarebbe un tantino riduttivo, no?
Bacio, Sandra
Continuo a ribadire che mi chiamo Iuri con la I di Isernia, ma tant’è.
Io ho affermato di esserci stato 6 anni, non mi sembra di essermi nascosto. E mi sembra di aver allo stesso modo affermato con i miei commenti che sono contrario al tuo punto di vista perché è un punto di vista populista, di chi non analizza l’evento in sé ma grida allo scandalo: tanto c’è sempre qualcuno che presta ascolto, no?
Sono diventata Claudia, non si sa come. Mi chiamo Clara.
Non ha fatto un grande lavoro investigativo, è tutto pubblico, e ho scritto che sono stata e sono anche oggi una volontaria, solo perché trovo sbagliato ciò che leggo qui non significa essere fake ma significa avere un’opinione.
Io e Iuri siamo volontari, ma non significa che coincidiamo su tutto: Iuri pensa che sia una cosa che fa curriculum, io le ho spiegato come la vedo ma non la trovo per forza una motivazione per cui andare a fare il volontario (io ci andrei comunque, cv o non cv). Molti lo fanno per arricchirsi di un’esperienza nel curriculum, altri no, altri se ne fregano. Non c’è una pratica comune e quindi non c’è un’idea unica.
Poi, Iuri e io in seguito abbiamo spiegato cosa significa fare esperienza di volontario a Mantova. La risposta è stata: oddio vi fate sfruttare. Mah. Vuole che le dica quello che piace a lei? Cioè che sono una poverina a cui piace non essere pagata? Ho un lavoro pagato benissimo, quindi non mi serve neanche andare apposta a Mantova per guadagnare. Io vado 5 giorni l’anno a fare il volontario, credo nel volontariato, mi piace farlo e mi fa sentire bene. Esistono diverse forme di volontariato, la mia è culturale e aumenta le possibilità di guadagno in Italia, non rende disoccupati i professionisti perché i volontari non rubano lavoro (una delle cose che in questi commenti si legge PARECCHIO tra le righe, anche se non esplicitato).
Rispondo anche ad Antonino che mi crea nuovo imbarazzo: ehm, lo sanno tutti che sono 800 i volontari (900 quest’anno, in verità) e ne faccio parte e… parla completamente a casaccio credendo di illuminarci. I volontari del Festival, che arrivano anche ad avere 70 anni, vengono al Festival anche – talvolta soprattutto – per “qualche giorno con la speranza di veder firmato il libro o farsi un selfie con il proprio autore preferito”. Sono quasi tutti 30enni che si prendono le ferie e vengono a Mantova per fare 5 giorni senza rotture di palle, intervistando il loro scrittore preferito oppure conoscendolo a mensa. Mi dispiace ma ha un’idea completamente fuori e sbagliata, non ci va nessuno per altri motivi (o comunque non è quello principale). Si cazzeggia, anche, e senza nessun problema.
E piano anche con le definizioni: alcuni per loro natura scelgono di proseguire facendo un lavoro che è in linea con il loro (fotografo per esempio) ma non è la maggioranza. La redazione testi non è composta da giovani giornalisti RAI che vogliono il tesserino, ma da gente che sa scrivere un pochino meglio della media e chiede di fare parte della redazione. Iuri per esempio era colui che scriveva le cronache del festival, ma è un insegnante di italiano; i fotografi sono ragazzi e ragazze che studiano architettura ma hanno il pallino della Reflex, uno di loro ha mollato il lavoro in studio perché ha scoperto al Festival che gli piaceva fare il fotografo e ora si è messo in proprio; gli accompagnatori sono ragazzi che conoscono bene inglese o francese ma sono infermiere in provincia di Venezia.
Siete parecchio distanti dalla verità…
Tutti prendono le ferie, confermo, chi non le prende sono i studenti dei licei che vanno a Mantova per ottenere i crediti formativi e i pensionati – che sono quasi sempre autisti per gli ospiti. Gli altri -> ferie, oppure hanno un lavoro che glielo permette (dottorati, freelance, mantenuti).
La tessera non si può “balzare” perché è un’associazione e le associazioni hanno il tesseramento. Stiamo discutendo da giorni di “onestà”, “etica” e altro e poi mi venite a scrivere di imbrogliare. mah.
Infine, io non difendo il Festival in sé (credo anche io che purtroppo alcuni eventi siano troppo cari ultimamente, per es. Baricco), io critico le boiate che leggo e lo farei qui come lo farei su un quotidiano che parla della guerra in Siria. Io vi riporto spiegazioni, dati e logiche, voi replicate con roba fritta, imprecisa ed errata.
L’unica persona che, seppur non in accordo con me, ha detto qualcosa di valido è l’altra ex volontaria (Interno Storie). Mi spiace che non si sia trovata bene, è la prima volta che lo sento, ma capita sicuramente, farà altre esperienze, starà bene in altri luoghi.
Poi tutti gli altri commenti no, proprio non ci siete…
Per carità, ha ragione Sandra: ho fatto anche io l’errore di dare per scontato qualcosa che non so.
No, Clara, davvero non lo sai. E non ti metto in imbarazzo ma fidati il volontariato è un argomento che mi tocca da vicino.
Un caloroso ed accaldato saluto da Camogli e da Jay McInerney 🙂
Occhio alla pronuncia, però, si dice Mecnərni, con l’accento sulla ə 😀
Lo sto ripetendo ad alta voce e sì suona bene 😉
Ma chi difende il Festival di Mantova sa che parliamo di circa 800 volontari????? Cioè, non parliamo di qualche decina di ragazzi che ancora studiano e magari si divertono per qualche giorno con la speranza di veder firmato il libro o farsi un selfie con il proprio autore preferito. Qui parliamo di un esercito di persone che non viene pagato!!! Hostess, autisti, video operatori, fotografi ecc. che prestano il loro lavoro per un ente che non fa della gratuità a sua volta, ma che guadagna fior di soldi dai biglietti, dagli sponsor, dai contributi pubblici e pure, udite udite, dagli stessi volontari che devono iscriversi all’associazione (20 euro per i maggiorenni!!!). Ma davvero avete il coraggio di difendere questa pratica e non chiamarla con il suo nome: sfruttamento!!
Be’ facendo qualche conto. Il tesseramento di 800 volontari under 25 vale 9400 euro. Quello dei più vecchi 16000 euro.
Una cifretta niente male.
Il guaio sai qual è: esiste qualcuno che pensa che tu, io e tutti gli altri diciamo male di un prezioso volontario che si mette a disposizione in caso di bisogno. Ma quando mai?!
Qui stiamo parlando di emergenza sociale. Abbiamo 800 esseri umani, probabilmente senza impiego, che prestano servizio una settimana per un prestigioso Festival nella speranza che serva loro per procacciarsi un lavoro.
Oppure vanno tutti a Mantova in vacanza-lavoro?
Comunque sia. Se proprio dovete lavorare gratis, non pagate per lavorare e rifiutate il balzello dell’iscrizione all’associazione!
Ripeto: moltissimi dei volontari hanno un lavoro. Invece di rinfacciare a noi che non forniamo i bilanci, informatevi anche voi sulla reale composizione del volontariato.
Iuri, per uno come te che osanna questo sistema ce ne sono tantissimi che se ne vergognano e lo criticano. Concedimi la libertà di ritenere la prassi del volontariato culturale un danno per il settore in cui lavoro.
Tutto qui.
Il caro Iuri, da disincantato volontario, pregno di entusiasmo per il festival, tanto da diventarne uno strenuo difensore, incarna ora il festival, tanto da usare un NOI, molto poco chiaro o forse troppo… 🙂
“Ripeto: moltissimi dei volontari hanno un lavoro. Invece di rinfacciare a noi che non forniamo i bilanci, informatevi anche voi sulla reale composizione del volontariato.”
Ma in definitiva, non è che lo rinfacciamo noi, lo rinfaccia la legge. 🙂
E’ comico… c’è poco da fare!
Umberto, noi era riferito ai tuoi commenti verso me e Clara.
Che poi, oltre agli sponsor, da tre anni hanno esteso a quasi il 90% degli eventi a pagamento. E per di più quest’anno c’è stata una maggiorazione. Quindi, non credo che non abbiano denari per magari i collaboratori. Oramai è la prassi accettata anche da chi frequenta il festival.
Ho fatto la volontaria nell’edizione del 2013 (che incoscienza!) per non ritornarci mai più a quelle condizioni.
Grazie per il tuo punto di vista! Non sapevo della maggiorazione…
Non so se abbiano i soldi, come li investano e a quanto ammontino. Dovremmo poter visionare i bilanci e dovrebbe essere facile: dovrebbero essere sul sito ma non ci sono. Quanti condizionali, no trovi? 😉
Infatti i biglietti sono aumentati perché il comitato direttivo del Festival si è stufato delle solite Maserati e comprerà prossimamente 15 o 16 Ferrari.
Iuri, ma guarda che qui sei tu che dici che i soldi se li intascano e si arricchiscono. Per dire una cosa del genere ci vogliono prove, se hai foto di gente del comitato in Ferrari, girale, grazie.
Io ho solo detto che qualsiasi cifra ci sia in ballo nessuno ritiene importante destinarla agli 800 volontari, giovani e meno giovani, che lavorano per loro e rendono possibile l’evento. Non tollero i lavoratori di serie A e i lavoratori di serie B, pensa tu.
Però guarda che ci sono tantissime persone che adorano i collaboratori a costo zero. Quindi non sono molto di moda, io.
Io che dico queste cose? A me sembra che a farle filtrare fra le righe sia tu, cara Chiara.
Caro Iuri come vedi ci metto la faccia, il nome, il sito, i contenuti. Quello che ho da dire lo dico e me ne assumo la responsabilità. Se non ho dati, non dico e mi limito alle domande. Il sito ha lunga storia di domande che non hanno ricevuto risposta però, questo è ciò che conta, alle volte basta mettere il punto interrogativo e succede qualcosa di pratico e si fa un po’ di chiarezza.
Festival dell’inedito.
Eap
Premio Calvino
Borse di soggiorno.
Campagna Decathlon.
Per citare alcune questioni dibattute.
La differenza, ovvio, la fa la moltitudine di punti interrogativi. Ché da soli si fa sempre poco.
E tutto, sempre, nasce grazie alla comunicazione.
Io so che non cambierai idea e che mi percepisci come una nemica che complotta. Io, semplicemente, cerco di capire perché dici quello che dici.
Oggettivamente mettere nella stessa categoria di volontari chi fa il volontario a Mantova e chi ha portato un aiuto concreto in un hospice a mio padre (e pure a chi lo assisteva) malato terminale (e non parlo di ciò che ho fatto io in termini di accoglienza per non incensarmi) non mi pare tanto il caso.
Grazie, Chiara, per gli approfondimenti.
Per la cronaca: si citano gli Angeli di PordenoneLegge dimenticando di dire che NESSUN evento a PordenoneLegge è a pagamento.
Cristina, scusa, ma leggi per benino.
Il pezzo in cui parlo degli angeli è dell’anno scorso e tratta il vergognoso caso delle “borse di soggiorno” a pagamento (allego il link http://www.bookblister.com/2015/07/28/borse-simboliche-di-soggiorno/). Che da quanto so sono state archiviate e dimenticate.
E Pordenone è citato perché è l’ennesimo festival che vive di volontariato. Su questo direi che possiamo essere d’accordo o no?
Possiamo aggiungere #ioleggoperché, il Salone di Torino… c’è sempre un evento culturale che ha bisogno di volontari. Sempre.
Clara il fatto che 800, anzi 900 quest’anno come affermi tu, volontari tolgano il posto a fotografi, autisti, giornalisti ecc. che fanno questo di lavoro non ti dà neanche un poco fastidio?
Il fatto che Iuri, come dici sempre tu, lavori gratis al posto di un giovane giornalista che fa questo di lavoro e che proprio perché ci sono persone come Iuri, che accettano di lavorare aggratis, non riesce a fare quello per cui ha studiato e si è fatto il mazzo (scusa il francesismo), proprio non ti crea alcun imbarazzo?
Potrei al limite capire (non accettare ma capire) se tutto il festival fosse improntato sulla gratuità completa, cioè eventi senza biglietto d’ingresso, autori che presenziano gratis ecc., peccato che il Festival di Mantova sia tutt’altro.
In conclusione la pazienza e la pacata dialettica magari non l’avrai imparata a Mantova, ma sicuramente hai appreso perfettamente il cinismo degli organizzatori del Festival, cioè come sfruttare le persone ed essere felici.
Caro Antonino, lo sai che al festival ci vanno anche i giornalisti e i fotografi e i fonici veri, si’?
Eh già e infatti li pagano le testate per cui lavorano, pensa te! Ché se aspettassero Mantova, ti saluto!
Iuri, quando chiedi di essere retribuita per il tuo lavoro da giornalista – e ti chiamano loro per scrivere, per fare video, per lavorare sui social – rimangono indignati. Ma come? Non la vuoi un po’ di visibilità? Come no! Se accetti visibilità, prova a comprarci da mangiare con la visibilità.
Ma, ragazzi, sta bene a voi? Vi garba il sistema? Una bella settimana di lavoro volontario all’anno non ve la nega nessuno. Se vi sparate tutti i festival secondo me a due mesi di ferie lavorate all’anno ci arrivate.
Io spero che siate fortunati da potervi permettere le ferie, che abbiate un (buon) lavoro. Un capo che vi dica “bravo” e a fine mese non valgano le pacche sulle spalle ma i numerini che compongono il vostro stipendio. Che il vostro faticare sia anche imparare, perché la parte bella del lavoro è quella: sapere cose e condividerle e costruire altre cose belle e avere idee e condividerle…
La gratuità è un circolo vizioso, genera gratuità, annienta competenze, abbassa il livello.
Il volontariato è concentrarsi sul benessere di una comunità non solo sul proprio. Quindi le proprie scelte vanno valutate e tocca considerare quanto pesano sulla comunità.
Comunque per tirare le somme: da questa discussione di per certo ho imparato che da noi il lavoro non retribuito è così radicato da apparire del tutto normale. Spero che voi qualche spunto su cui riflettere l’abbiate intercettato e non sia stato solo un battibecco.
Grazie comunque per il vostro tempo. E in bocca al lupo!
Chiara
Leggo che Chiara ti ha già risposto, ma mi preme aggiungere solo che in un festival come quello di Mantova ci dovrebbero essere SOLO giornalisti e fonici veri e non ANCHE giornalisti e fonici veri… La differenza non è sottile. Ad maiora.
(Per chiudere in modo propositivo: date un occhio qui. Una volontaria mi ha detto che è stata benissimo e l’hanno pagata altrettanto bene. In questa pagina ci sono in realtà i contatti per i lavori ma sono certa che troverete tutto circa i lavoratori “temporanei” http://www.eif.co.uk/jobs#.V9cXtZiLSUk)
Leggendo i commenti non posso che complimentarmi per la pazienza che alcuni di voi hanno avuto nel rispondere ai due giovani portavoce del Festival. Credo non serva aggiungere o calcare ulteriormente la mano, perché sarebbe solo fiato sprecato. Voglio però portare l’esperienza di mio figlio che quattro anni fa ha voluto fare l’esperienza di volontario al Festival, scrivendo solo che è tornato deluso e amareggiato. Il motivo? L’avete brillantemente dedotto o testimoniato in questi commenti.
Mio figlio all’epoca aveva 19 anni e si è accorto subito che la cultura non c’entrava niente. Quindi finisco il mio intervento citando allegramente Carlo Cipolla, sperando che i due portavoce rinsaviscano o che riescano a comprenderne il significato:
Terza Legge Fondamentale: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
Io potrei lavorare gratis, ma perché dovrei farlo? (lavorare, intendo)
Un abbraccio, Chiara!
Maurizio, esatto, mai prendere decisioni avventate, c’è sempre tempo (per lavorare). Domani per esempio 😉
Un abbraccio a te
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