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Claudio Metallo: due anni a caccia di un editore serio

Torna la rubrica dedicata agli esordi degli scrittori. Per scoprire quanta fatica, fortuna, caso, rifiuti e altri accidenti si nascondono dietro alla prima pubblicazione. Grazie, Claudio, per averci raccontato il tuo percorso!

Sono un documentarista ma, a parte il cinema, la mia grande passione è stata sempre la lettura. Guardo film con la stessa voracità con cui leggo, o almeno ci provo. Realizzando documentari mi sono reso conto che molte delle storie complicate da raccontare attraverso un prodotto audiovisivo possono essere narrate in forma di racconto o, se si è più presuntuosi, di romanzo.

Ho sempre cercato di trattare storie positive della mia terra, la Calabria. Solitamente con le persone che intervisto instauro un rapporto nelle settimane prima dell’inizio delle riprese. Per me una delle differenze tra il lavoro di giornalista e quello di documentarista è che il secondo entra in una storia per restarci. Quando mi trovo in fase di montaggio del film, cerco di dare tutto lo spazio alle storie che mi vengono raccontate e, anche se questo in alcuni casi costituisce una limitazione creativa, è una limitazione che accetto volentieri. Un esempio pratico è stato quando ho incontrato Rocco Mangiardi per il documentario Un pagamu – la tassa sulla paura (girato insieme a Nicola Grignani e Miko Meloni). Rocco è stato il primo commerciante di Lamezia Terme a denunciare i suoi estorsori in tribunale e, ci ha concesso la sua prima intervista ufficiale, ma anche il suo tempo, ci ha aperto casa sua, la sua attività commerciale, ci ha fatto conoscere la sua famiglia. In queste situazioni un documentarista si deve mettere a disposizione dell’intervistato affinché la sua storia diventi più fruibile possibile.

Quando ho iniziato a scrivere, ho cercato subito un riscontro editoriale e mi è stata presentata l’editor di una casa editrice bolognese, Annalisa Marchianò, cui ho inviato alcuni racconti. Dopo qualche mese si è fatta sentire dicendomi che le storie le erano piaciute moltissimo, ma che i racconti non avevano mercato e mi ha consigliato, se avevo in mente una storia potente, di scrivere un romanzo. Le parlai del soggetto di Come una foglia al vento – cocaine bugs e lei disse che era la storia giusta e che potevo lavorarci, a mio rischio e pericolo. Poteva essere solo tempo sprecato vista la saturazione del mercato editoriale.

Un po’ sconsolato ne ho parlato con gli amici che mi avevano presentato l’editor e tutti sono rimasti sorpresi dal fatto che lei non mi avesse stroncato. Annalisa nutriva un certo odio per la marea di gente che si mette a scrivere senza neanche aver letto mezzo libro prima. Ora posso dire che, parlando anche con i miei editori attuali, il suo odio è abbastanza giustificato. Per concludere, se non era per un’amica di amici, forse non avrei mai scritto il mio primo romanzo.

Una piccola iniezione di fiducia me l’hanno data anche alcuni premi letterari. Nel 2013 ho vinto il Premio di letteratura sociale Luci a Sud-Est con il racconto Il sindaco, pubblicato in seguito dalla casa editrice Pietre Vive Editore.

Nel 2014 ho ricevuto la menzione speciale per la sperimentazione linguistica al Premio Letterario Vertigine di Osimo per il racconto Nemelò. Un degno figlio di Napoli.

Avevo già finito di scrivere Come una foglia al vento-cocaine bugs e ho pensato che, avendo un piccolo curriculum letterario, potevo provare a spedire il mio romanzo alle case editrici. C’avevo lavorato parecchio, anche con l’aiuto di amiche e amici e il supporto di Annalisa, e il risultato finale mi sembrava buono e mi avrebbe fatto piacere vedere pubblicato il mio primo romanzo.

I grandi editori cui magari presuntuosamente avevo mandato il libro non mi hanno proprio calcolato. Premetto che l’ho spedito solo a chi aveva sul sito una sezione dedicata ai manoscritti e a come inviarli. Alcune medie e piccole case editrici, anche calabresi, invece mi hanno risposto di buon grado arrivando a chiedere fino a 6500 euro per pubblicare con il loro prestigioso marchio.

Quando ho letto alcune delle loro mail, ho pensato: “Ma questi fanno gli editori o i tipografi?” Avendo avuto a che fare con molti tipografi mi sono risposto: “No, i tipografi sono molto più onesti e meno esosi.” L’altra domanda che mi è balenata in testa è stata: “Se ti pago 6500 per pubblicare, dove finirà il mio libro? Quale interesse avrai a venderlo e prima ancora a distribuirlo e promuoverlo?”

Ho impiegato due anni a trovare una casa editrice seria che mi ha garantito per contratto che il libro si sarebbe potuto ordinare in libreria entro cinque giorni lavorativi. Dico questo perché, per me, come scrittore esordiente, la priorità era la garanzia di una distribuzione seria e più capillare possibile. Devo dire che CasaSirio è stata una (reciproca?) scelta felice. Infatti, a inizio 2017, pubblicheranno il mio secondo romanzo. Al momento si intitola I cattivi – Vangelo di malavita ed è la storia di due ragazzi che nascono nello stesso paese, ma da due famiglie diverse, una appartenente alla manovalanza della ‘ndrangheta e l’altra all’alta borghesia mafiosa.

 

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