Nuova puntata del TritaTrame con la recensione di © Stefano l’ultore, per la prima volta su BookBlister, che se la vede con il freddo umido.
“So che è qui da poco ma questo credo che è un caso semplice”, dice un tizio nel libro. E l’Autore ce lo fa notare, utilizzando l’immagine abusata del rumore di una lavagna graffiata. Ora, io non sono un fissato con la grammatica, né un particolare estimatore del congiuntivo. Anzi. Soprattutto nei dialoghi apprezzo l’indicativo, il parlato, il detto male. Avrei tralasciato volentieri, se solo l’Autore non me l’avesse fatto notare, chiedendosi tra l’altro come possa superare il concorso per uditore giudiziario uno che non conosce i congiuntivi.
E cosa mi combina, l’Autore, qualche riga dopo? Questo: “Aveva pensato che era quello che le ci voleva, stasera.” Non vi dico di indignarvi per quel “le ci” che fa tanto brigadiere affetto da lirismo acuto, tout est pardonné, però cerchiamo di non ferire di congiuntivo, perché rischiamo di perirne. Metto le mani avanti: se ci sono congiuntivi sbagliati, in questa recensione, è perché sono voluti. Detto questo, che non è importante, parliamo del libro.
La storia è ambientata a Udine e io sono partito a mille. Una storia ambientata a Udine? Uàu! Adoro i giallinoir ambientati in provincia, penso sempre di trovare quelle piccole storie ignobili di pessimo gusto che mi piacciono tanto. Voglio imbattermi in Matilde Crescenzaghi, in personaggi banali, grigi, tristi. Invece no. Si capisce che le vicende si svolgono a Udine giusto perché l’Autore lo dice. Poteva essere Matera, Brighton o San Francisco ed era uguale. Quando ricapita, a Udine, di finire in un romanzo?
Poi c’è lo sfondo. Per favore, basta. Basta con i politici ladri, i giudici corrotti, i poliziotti cattivi. Basta. Non è divertente. L’Autore vuole fare la figura di quello che non le manda a dire, e invece è solo un pappagallino che ripete le stesse frasi che sentiamo ripetere al bar, in ufficio, in strada. I potenti sono cattivi, arraffoni, maneggioni, collegati, attaccati al dio denaro, macchinatori (si dice macchinatori?), mani in pasta, vendicativi, quasi onniscienti. Noiosi. Noiosissimi. Dice frasi tipo questa: “In realtà quando sei scomodo, quando dici verità che fanno paura, ti ignorano, o al massimo ti liquidano come pazzo”. O come questa: “Puoi essere il più bravo, ma sappiamo tutti come si fa carriera, in Italia”. Ancora: “La follia è l’unica cosa che spaventa il potere, perché un folle non è controllabile o ricattabile”. Non vi basta? C’è anche questa: “Succede così, quando parti lancia in resta contro i poteri forti: ti trasferiscono in qualche località sperduta del meridione, lontano da tutto”.
I poteri forti, il folle che dice la verità contro il potere… ma c’ha sedici anni ’sto Porazzi? Non che dette a sedici anni queste cretinate siano meno cretine, ma almeno uno c’ha il tempo di vergognarsi, poi. I poteri forti. E chi lotta lancia in resta contro di loro? In Meridione! Mi ha ricordato un capolavoro della cinematografia italica, con uno strepitoso Diego Abatantuono nei panni del poliziotto Achille Cotone spaventatissimo dal fatto di poter finire in Barbagia. I poteri forti.
La trama. Arzigogolata oltre misura, l’ho pure capita poco e mi sembra di averne afferrato dei pezzi in telefilm passati qua e là in tv. Niente di eccezionale, comunque, e con il peccato mortale di essere appesantita da considerazioni sociopolitiche di dubbio gusto e sicura banalità. Per finire, un punto in meno per avere citato Pasolini. Dovrebbe essere vietato.
E poi, dodici milioni di punti in più per questa frase: “Fuori è già buio e fa freddo, quel freddo umido che ti entra nelle ossa, da cui non puoi ripararti”. Il freddo umido, signora mia! Avesse aggiunto che fa venire la cervicale, avrei cacciato tutti i libri dalla mia libreria e avrei messo solo copie del Porazzi. Freddo umido batte poteri forti tre a zero.
14 comments
Sarà la terza volta che la leggo e continuo a) a ridere b) a sentire in pericolo quella leadership in cattiveria che mi sono costruito con tanta fatica! 🙂
No, Aldo, tranquillo tu sei il CATTIVO di BookBlister. E gli autori li stendi senza nemmeno dire il perché, ma li stendi e tutti capiscono. Questa è cattiveria distillata!
Grazie dell’attenzione (non voglio citare Oscar Wilde, sarebbe troppo banale…). Se la corruzione è una realtà, mi sembra ovvio che un autore di noir la debba raccontare. Che poi lo sappiano tutti e se ne parli anche nei bar, questo nulla toglie alla realtà delle cose, anzi, è un’aggravante. Parlarne e denunciare, a mio parere, è sempre utile e positivo, soprattutto per le (poche?) persone oneste che spesso ne subiscono le conseguenze . Forse parlarne meno può far comodo a chi approfitta, da anni, di queste situazioni.
Peccato che non sia riuscito a seguire la trama e che la lettura non sia stata piacevole. Non me ne voglia a male, ma preferisco aver ricevuto l’apprezzamento di tanti altri critici, recensori e addetti ai lavori (il primo estimatore è stato Sergio Altieri, non certo uno qualunque, ma, all’epoca, tra l’altro, il responsabile delle collane Mondadori), tra cui la signora Chiara Beretta Mazzotta, titolare del blog, che aveva recensito molto positivamente L’ombra del falco in una videorecensione e lo aveva consigliato tra i libri da leggere per l’estate del 2010 (http://senzaunadestinazione.blogspot.it/2010/07/tre-libri-per-lestate.html).
Come ben saprà, le case editrici ricevono migliaia di manoscritti; per quanto mi riguarda, sono più che soddisfatto dei risultati ottenuti da “L’ombra del falco”, sia perché pubblicato da un’importante casa editrice, sia per i riscontri ottenuti (tra l’altro, è stato anche rieditato nella collana Noir de Il Sole 24 Ore). Tutto questo, per me, che non ho alle spalle né appoggi di alcun tipo né fortune economiche, è un ottimo risultato.
RingraziandoVi ancora, Vi saluto cordialmente
Pierluigi Porazzi
Pierluigi, però bastava vedere che tra gli autori criticati c’è Calvino, Saramago, Proust… per capire il senso del TritaTrame: ogni lettore ha il suo punto di vista e i libri nono sono sacri, si può discutere di tutte le storie. E ogni lettore ha il diritto di dire la sua (se la sua è motivata) e lo scrittore nel momento in cui scrive sa che il libro potrà piacere oppure no. Capisco che le critiche negative siano spiacevoli, ma non vedo dove sia stato accusato di avere agganci o favoritismi. A Stefano non è piaciuto il suo libro, a tanti è piaciuto il suo libro. A me piace rendere sul blog la pluralità di gusti e sguardi. Tutto qui.
Buongiorno Chiara,
colgo l’occasione anche per ringraziarla personalmente (come ho fatto pubblicamente nel mio secondo romanzo) per la bellissima video recensione che ha dedicato nel 2010 a L’ombra del falco.
Non volevo rispondere all’anonimo recensore (so benissimo che le critiche fanno parte del gioco), ma mi ha colpito l’acrimonia del commento sul libro. Sì, certo, ognuno ha diritto di esprimere la propria opinione su un libro, ma secondo me è fondamentale il rispetto nei confronti del lavoro altrui, che non dovrebbe mai venire meno.
Nessuno mi ha accusato di favoritismi, ho voluto precisarlo io perché dietro i romanzi, almeno nel mio caso, c’è tanto lavoro e c’è tanta fatica, senza scorciatoie, e racconto di corruzione perché non ho scritto un romanzo di fantascienza e perché sono e sarò sempre dalla parte di chi subisce ingiustizie e soprusi.
E se ogni lettore ha il diritto di esprimere la propria opinione su un libro, anche lo scrittore ha lo stesso diritto di esprimere la propria opinione in merito alla critica, credo.
Un cordiale saluto
Pierluigi
Io non leggo acrimonia. Io leggo, come spesso succede nelle stroncature, sarcasmo. Ci sta. Fa parte del gioco. E cercare di dimostrare che il gusto personale è sbagliato, è una battaglia persa in partenza. Cercare di dimostrare che è malevolo o gratuito, è altrettanto inutile. I lettori possono non essere letterati o narratologi, dicono la loro dal proprio punto di vista. Succede in tutte le arti, capita pure con la scrittura. Tutto qui.
Non so chi sia Stefano, ma prendo atto di due o tre cose. Il congiuntivo – povera bestia – se lo conosci lo usi, se anticipi che eventuali utilizzi non consoni sono voluti, per quanto mi riguarda è palese che ti stai parando il cuoro; l’esagerato entusiasmo per la storia ambientata in provincia (con realtiva critica) suona falso come un soldo di cioccolato. La provincia è tutta uguale e se non ti dicono dove sei, non lo capisci e potresti essere ovunque; i luoghi comuni, beh figliolo, se dici che i pianeti sono cubici, non sei un innovatore, sei un pirla e se non sai o preferisci non sapere come girano le cose da una certa scrivania a salire, mi auguro che tu non abbia figli né mai li faccia, illudere qualcuno che sta nel paese di bengodi quando sei nato in Italia, è una cretinata. L’acrimonia diretta verso l’autore mi fa pensare a qualcuno che vuole fare il figo a tutti i costi demolendo ad minchiam, e allora va bene ma non basta il titolo della rubrica a spiegarlo, l’alternativa è che ci siano del marcio in California e una valanga di manoscritti respinti nei cassetti di Stefano. Io stronco, sono molto poco pietosa nelle recensioni, ma ho la bella abitudine – prima regola di chi recensisce più o meno di mestiere – di motivare con fatti e non opinioni la stroncatura, e qui di fatti non ne vedo descritti. Tanto mi sentivo di dirvi. Buone letture
Demolendolo ad minchiam? Trovo meraviglioso che si chieda rispetto nelle recensioni altrui e non si rispettino le recensioni altrui. E di acrimonia qui ne leggo parecchia, peraltro.
Nemmeno un filo, non ho chiesto rispetto (se la frase è rivolta a me). E l’ad minchiam – che so non essere latino ma rende perfettamente il concetto – mi sembrava più elegante rispetto alla corrispondente frase in italiano. Oh se poi preferite un linguaggio gratuitamente volgare, non ho alcun problema a usarlo. Vero è che uno che fa delle recensioni definendosi ultore, difficilmente può essere considerato obiettivo. L’acrimonia è astio rancore livore, e io motivi per essere acrimoniosa nei confronti di un signore che demolisce e ha bisogno di sputtanare, questo è quel che fa, il lavoro degli altri, mi spiace ma non ne ho. Gentile Chiara, temo che leggendo il mio post lei abbia preso il classico granchio. Vede, pontificare senza motivare, mette a rischio, e come già tetto motivazioni che non impressioni del signor ultore, non ne vedo mezza.
Ultore, basta leggere, è una mia definizione ed è volutamente ironica.
Comunque, per non scivolare nelle paludi della noia: qui si parla sempre di tutto con grande serenità. E in questo caso, invece, la serenità latita. E gli argomenti di interesse pure.
Quindi direi di passare alla lettura di un buon libro. E di sicuro qui saremo in accordo! 😉
Chiara
Giuro, ma proprio giuro che non so cosa voglia dire ultore. Ci sono parole che non mi hanno caricato nel dizionario personale. Altre le frequento un pochino ma non ho mai avuto occasione di usarle. Per esempio non vedo l’ora di infilare un bel “mainstream” e una “epifania” in un discorso, magari nella stessa frase. “Catartico” l’ho usato per la prima volta un paio di settimane fa ma da come mi hanno guardato, temo a sproposito.
Me l’anno spacciata sotto banco tempo fa. Non vedevo l’ora di usarla… 😉
A me, e figuriamoci se non volevo dire la mia 😀 fa morire dal ridere il fatto che se qualcuno critica, partendo dal presupposto che si tratta della sua opinione, deve per forza avere quintalate di manoscritti respinti, insomma chi critica è implicito che rosichi.
Perchè?
Penso di poter esprimere un dissenso su una canzone, per esempio, anche se non canto, no? Poi qui tutto è molto ironico, divertente, e Chiara seda sempre eventuali scontri che scandono nell’eccesso, non è uno scannatoio, magari ogni tanto ci si può anche rilassare.
Sulle recensioni, vale sempre “Bene o male, purchè se ne parli”.
In fondo i lettori cercano il divertimento, che non è uguale per tutti.
Le sfumature han fatto scuola sull’argomento. A giugno esce Mr. Grey. Almeno la Meyer ha avuto gusto di fermarsi sulla riscrittura e regalarla gratuitamente ai fans.
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