Il Premio nasce nel 1985 ed è riservato agli autori esordienti che possono concorrere con romanzi, racconti e raccolte. Ma non devono avere un agente. Perché?
Sono oltre seicento gli autori che quest’anno hanno deciso di partecipare. In effetti è il premio più rinomato per gli esordienti, quello che più di tutti scova talenti sul suolo italico. E pazienza se richiede una quota di partecipazione, i soldi potrebbero essere davvero ben spesi, visto che si vincono 1500 euro. Sto parlando del Premio Calvino che quest’anno è arrivato alla sua ventottesima edizione.
Tempo fa, parlando di premi letterari, avevo già detto la mia. Un concorso a mio avviso non dovrebbe chiedere soldi per la partecipazione. Ritengo che una associazione rinomata possa “fare cassa” con la pubblicità, le donazioni eccetera. Non pesare sulle tasche dei partecipanti. Soprattutto se si legge che l’Associazione Premio Calvino è “sostenuta nella sua attività da privati e da fondazioni bancarie”. La quota di iscrizione “per testi con numero di battute inferiore o uguale a seicentomila, spazi inclusi, è di euro 100,00. Per testi che superino le seicentomila battute, spazi inclusi, la quota di iscrizione è di euro 120,00”. Una cifretta niente male. Viene però consegnata una scheda di lettura. Badate bene: il costo è per la quota, non per la scheda. Quindi non è lecito aspettarsi nulla in questo senso, ciò che arriva è un di più. Anche se si legge: “A tutti gli autori, dunque, la redazione del Premio Calvino invierà un giudizio dell’opera presentata. In questo modo l’accesso al premio avrà un carattere non soltanto di competizione ma anche di valutazione, grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di lettura. Indicazioni magari utili, in futuro, per la stesura di un altro testo, più maturo, da inviare ancora una volta al Premio Calvino”.
Stavolta, però, la faccenda riguarda sì la partecipazione ma non in termini di costi. Leggendo il bando di concorso, infatti, il punto cinque mi ha lasciata molto perplessa. “Tutti i partecipanti non potranno essere rappresentati da un agente. Tale condizione deve permanere dal momento dell’inizio del concorso fino alla Cerimonia di premiazione.” Il concorso è per romanzi, racconti o raccolte inediti, e per autori esordienti che c’entra l’agenzia letteraria? Un autore potrebbe tranquillamente essere sotto contratto con una agenzia e non aver pubblicato nulla e voler concorrere al premio con un testo inedito. Perché non può partecipare?
Scopro un’altra stranezza. Alcuni agenti si sono interessati a degli autori delle precedenti edizioni. Hanno contattato il Premio, che poi è una associazione culturale, ma il dialogo non è stato possibile e tutto si è risolto in un nulla di fatto. «In questi anni mi è capitato spesso di incrociare autori che hanno partecipato al prestigioso Premio Calvino» dice Daniele Pinna, dell’agenzia letteraria Kalama il primo a esprimere le sue perplessità. «Spesso è capitato che il dialogo con la maggior parte di essi si interrompesse o che non trovassi, in chi si occupa del Premio, una sponda utile per avere contatti di autori che mi interessavano.» Strano, no? Un agente cerca autori, un premio che scova talenti dovrebbe essere solo felice di vederli pubblicati. Questo non farebbe che aumentarne il prestigio, no? Quindi la collaborazione dovrebbe essere favorita, perché ciò non accade?
Il problema è che il Calvino offre un servizio di agenzia letteraria. Offre un contratto, una scrittura privata, agli autori che presumo ritenga interessati e prende una percentuale su eventuali proventi. Chiariamo subito, non è una pratica né illegale né sbagliata a priori, il problema è se tutto ciò è fatto in modo clandestino.
Una precisazione per quelli che amano le polemiche, le dietrologie su rosicamenti e gelosie varie. Io sono una editor e non una agente letteraria, lavoro con e per gli agenti. Quindi, se vogliamo, il Calvino potrebbe essere un cliente cui offrire le mie competenze non certo un concorrente. E anche se fossi una agente letteraria: la vedo come Harvey B. Mackay “ama i tuoi concorrenti. Sono gli unici che ti rendono tanto bravo quanto puoi esserlo.” Ciò che conta è che la concorrenza sia leale.
Perché è inaccettabile che un premio svolga un servizio di agenzia letteraria in modo poco limpido? Perché chi partecipa, chi ruota intorno all’iniziativa non è informato dei fatti e non sa di “collaborare” con una realtà che offre un servizio di rappresentanza a pagamento.
– Gli autori che partecipano al premio sanno di questo servizio? No. Fino a che non gli viene offerto, ovvio, ma del servizio non si parla nel bando.
– Gli autori che sono sotto contratto con una agenzia possono partecipare? No, come detto. E non è un problema di qualità, ma perché il premio/agenzia ha degli interessi economici in conflitto con una eventuale altra agenzia. Questo dettaglio viene spiegato agli autori? No, non nel bando perlomeno. Si legge invece sul sito che “La possibilità [di partecipazione] è offerta a tutti, in nome naturalmente di criteri di valore e di merito”. A tutti, tranne che a quelli sotto agenzia. E poi è curioso chiedere agli autori di essere agenzia-free essendo, guarda caso, una agenzia.
– Il premio chiede a scrittori noti di sostenere e promuovere i loro libri: gli autori in questione sanno che lo stanno facendo per una agenzia letteraria? No. E “Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Cesare Cases, Jacqueline Risset, Antonio Moresco, Marino Sinibaldi, Tiziano Scarpa, Silvia Ballestra, Carlo Lucarelli, Antonio Scurati, Valeria Parrella, Gianrico Carofiglio, Michela Murgia, per citarne alcuni” che hanno fatto parte della giuria negli anni lo sapevano?
– Le altre agenzie letterarie che entrano in contatto con il Premio sanno che si tratta di un loro concorrente? No. Finora, ovvio.
Inoltre mi pare di leggere che la scrittura privata avvenga tra l’autore e “La Associazione per il Premio Italo Calvino, in persona del vice-Presidente pro-tempore delegato alla firma a norma dello Statuto, con sede in via Madama Cristina 16, Torino, C. F. 97544300011” eppure sul sito del premio si legge:
Quindi, a chi sono destinati i proventi di tali servizi?
Ritengo che chi sa fare bene il proprio lavoro venga ricompensato, sempre. Avendo letto molti autori che dal Calvino sono passati, penso che il premio nel tempo abbia dimostrato la sua qualità e l’abilità di selezionare nuove voci dando loro la possibilità di farsi conoscere. Trovo però l’operazione “agenzia” fumosa e con troppe zone d’ombra. Ovviamente BookBlister è a disposizione per qualsiasi chiarimento e precisazione che l’Associazione per il Premio Italo Calvino vorrà fornire.
29 comments
Oooooh, finalmente un po’ di polemiche! 😀
Ahahahahah non vorrai mica annoiarti di sabato?! Chissà se qualcuno avrà voglia di spiegarci quello che succede.
In tempi in cui Pif si è ridotto a fare la pubblicità di Tim e le Iene si limitano a fare scherzi telefonici a Brosio, meno male che ci sei tu!
Oh, quanto mi piacevano gli scherzi telefonici! Fatti dagli altri, però. Io mi vergognavo, ché al telefono son sempre stata timida. Però a fare domande non mi vergogno. 😉
Quando leggo certe cose a me viene in mente un nome soltanto: Salgari.
Tigri o corsari? 😉
Tutti e due.
Salgari è stato uno scrittore così gioioso e innamorato della scrittura, che ancora oggi quando guardo un suo libro non posso fare a meno di intristirmi e indignarmi per la sua sorte.
Era un uomo sognatore e poco pratico. Il suo desiderio più grande era scrivere. Eppure gli editori dell’epoca lo hanno spremuto fino all’ultima goccia per la macchina da soldi che era. Ma a lui lo pagavano poco, male e soprattutto con l’eterno ricatto di nuovi manoscritti. Tre l’anno tassativamente.
Ad un amico due anni prima di suicidarsi scrisse:
« La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno ed alcune delle notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere. »
Aveva 4 figli e versava sempre più nei debiti, perché non lo pagavano. Ed è paradossale visto che lui per l’epoca era una sorta di Stephen King, poteva diventare ricco. Tradotto un po’ ovunque. Per capire la sua diffusione, si racconta che Che Guevara in sud America avesse letto da bambino più di 60 dei suoi romanzi.
Crollò quando la moglie, l’ultimo suo sostegno, si ammalò di problemi psichici e fu rinchiusa in manicomio. Le sue forze, quello per cui lottava, la sua famiglia, cedettero. L’amore per la scrittura che lo aveva sorretto come una fede, non fu più sufficiente.
Si suicidò in un bosco dove nei momenti di felicità portava la sua preziosa famiglia a compiere passeggiate. Si uccise compiendo una sorta di Harakiri. Come uno dei suoi immaginari e fieri personaggi. Si squarciò il petto e si tagliò la gola, morendo lentamente, per dissanguamento. A viso in su contemplò il cielo, quel cielo sognatore che aveva descritto tante volte dai suoi velieri corsari.
Lasciò tre messaggi. Uno ai figli in cui si considerava un vinto. Uno ai giornali dove con stima e gratitudine ringraziava chi lo aveva aiutato. E uno spietato ai suoi editori.
Questo:
« A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna. »
Ecco, leggendo post importanti come il tuo, quando vedo un autore trattato con l’inganno e con disprezzo, penso a una sola parola: Salgari.
Era vittima della macchina. Però non si è sottratto. Sbagliando. Forse era troppo buono o amava troppo scrivere… Dire no è una grande forza, un’arma di difesa e pure di offesa.
Grazie di queste parole, Marco Amato. Fa piacere che ci sia qualcuno che abbia un occhio di riguardo per gli utopisti, non inseriti nel sistema e non li consideri solo dei poveri cretini.
Qui siam tutti “cretini” 😉 Ci piacciono le scelte rognose e di cuore. E purtroppo siamo inseriti solo nella lista dei rompiscatole… Ciao, Miriam!
So, ma non di prima mano, di schede scarne e anche poco etiche. Comunque sì a leggerla così il Calvino è un’agenzia, basta saperlo e uno si regola. Ovunque mi giro c’è una buccia di banana, illegale? No. Pericoloso? Abbastanza, quando cadi poi tocca verificare l’entità dei danni.
Guarda non posso giudicare le schede ne ho viste troppo poche… alcune buone altre no. Ma la faccenda è proprio come dici tu. Non dire non è certo illegale, è pericoloso per le persone cui ti rivolgi. E inutile per te che proponi. Tanto, prima o poi le cose si sanno. Quindi tanto vale far subito una bella figura, no?
Buongiorno, abbiamo letto l’intervento di Pinna sulla sua pagina Facebook. A questo punto, dopo il nuovo intervento di BookBlister, risponderemo in modo meditato.
Un cordiale saluto
Buongiorno, sarò felice di pubblicare la vostra risposta.
Confidiamo in una bella risposta, meditata e firmata con nome e cognome.
Firmata, sì, sarebbe più carino! Sempre che arrivi…
Salve, Premio Calvino!
A che punto siamo con la meditazione?
http://www.italianwineshopping.com/blog/wp-content/uploads/2013/10/meditazione-213×300.jpg
È un po’ presto ma un goccetto me lo faccio volentieri anche io 😉
Non vorrei fare la parte di quella che pensa sempre male – parte che faccio volentieri sul mio blog, ché io le polemiche me le cucino a casa – ma questo lungo silenzio del Premio Calvino mi fa pensare che la strategia adottata stia tra “Aspetta, vedrai che poi questi si scordano…” e “Ma vorrai mica che ci abbassiamo a rispondere a ‘sta gente?”. Certo potrei sbagliarmi, eh? Dunque attendo una sonora e meditata smentita, basta non assomigli all’arrampicavetri visto dopo “Un libro è un libro”. Così non va bene, perché così poi la gente comincia a dirsi che quei cento e passa euro del Calvino li spende più volentieri in spritz. 😉
Un caffè per me, grazie.
Sembra che nell’attesa della meditazione passiamo dal bar Bookblister a scambiare due chiacchere e a fare un goccetto.
Toh Chiara, sai che però mi son domandato una cosa, e prima o poi le cose si domandano.
Ora io non sono John Nash, ma un po’ di conti e proiezioni economiche le faccio nel mio mestiere.
Mi domando: 600 partecipanti a 100 testacci l’uno, ovvero ammettendo che tutti gli autori siano stitici di caratteri compreso i bianchi, poco meno di 300 pagine per dire.
Ma se la matematica non è una mia opinione fanno 60 mila euro tondi tondi di biglietteria. E pensare che su questa cifra il vincitore ne vinca soltanto 1.500€ mi fa pensare subito al mio Salgari 😉
Ora, non so quanto costi la segreteria, l’affitto sala, il catering del magna magna, i fiori, e gli emolumenti per i giurati prestigiosi. Ma se nel mezzo ci sono pure gli sponsor…
Un amaro, grazie.
Eh, già. I numeri son questi. Facciamo due amari. Belli freschi che van giù meglio.
Be’ qui siamo in ottima compagnia, mi aggiungo volentieri. Medito su cosa ordinare 😀
Spetta che ti prendo una sedia…
Eh già, la calda e tiepida compagnia in un bar d’amici a favellare…
Perché metti se un viaggiatore d’inverno fosse soltanto un povero barone rampante, sfrattato dal castello dei destini incrociati – per non aver pagato la quota -, e nel suo viaggio verso l’ambito premio incontrasse un visconte dimezzato e un cavaliere inesistente, e tutti e tre impavidi (come io Lapo e tu o più dimessamente come qui quo e qua) si recassero per quelle città invisibili, e percorrendo l’irto sentiero dei nidi di ragno, raccontassero di quegli amori difficili – chè col goccetto giusto, sempre d’amaro – anche certe fiabe italiane, che in certi blog si favellano, non sarebbero nient’altro di quel che sembrano, delle grandissime cosmicomiche.
Dopo ‘sta fatica gradirei un po’ di Vodka…
E per il TritaTrame torna il tagliente © Aldo Costa, il recensore iconico che stavolta se la vede con Richard Ford.
Grazie Hector.
Sono felice di leggerti, prima di tutto perché sei schietto, e perché hai colto il punto. Anche io penso che il Calvino sia un premio importante e tengo agli esordi (basta vedere i libri che segnalo) e, soprattutto, alla capacità di ripetersi degli autori vincenti/segnalati. Sì, è evidente che dietro c’è un lavoro. Ed è proprio per questo che il premio deve essere limpido. Altrimenti tutto il lavoro viene buttato in vacca. Non è illecito che un premio faccia da agenzia, anzi. Può indicare che il suo lavoro non si ferma lì, ma prosegue, che si costruisce qualcosa. Però il percorso, le modalità, devono essere limpide. Tutto qui. E poi, siccome non è un premio a scopo di lucro, siccome ciò che conta è la qualità e il desiderio di scovare talenti, si dovrebbe eliminare il puto 5 del bando: il concorso deve essere aperto a chi ha talento e presenta un testo di valore. Altrimenti tutto si riduce all’interesse personale. Anche perché, diciamocelo, sono pochi gli autori inediti con agenzia. Trasparenza. Tutto qui. Così tutti possiamo fare il tifo per un premio che funziona. Io per prima. (Per la questione della quota: io sono contraria, ma io sono una rompipalle, e questo non mi ha impedito di segnalare e consigliare autori del Calvino; dico la mia e aspiro a un mondo idilliaco, sono una sognatrice, si sa.)
Scusate, arrivo un po’ tardi. La mia domanda è questa: nel pezzo citato c’è scritto che il Calvino offre questo servizio nei confronti di coloro che se ne vogliono avvalere. Nel senso: se qualcuno arriva in finale non è “obbligato” a essere rappresentato dall’agenzia, può anche trovarne un’altra giusto?
Hai visto il nuovo punto 5) del bando XXIX edizione? E poi dicono che i blog come il tuo servono a poco… BOOKBLISTER 2 – RESTO DEL MONDO 0
Hector, grazie infinite! Ieri è stata una giornata terribile, oggi pareva peggio e invece… eccoti a portare buone nuove!
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