Nessuno legge, tutti scrivono, si dice. Lettera semiseria a chi sogna un futuro da autore (di successo).
Con tutte le professioni fighe e degnamente remunerate proprio questa vorresti fare? Sii serio, ci sono più possibilità di successo vendendo gabbiette per uccelli costruite con gli stecchi dei ghiaccioli.
Vuoi diventare famoso?! Fai mente locale. Quanti autori conosci che sono diventati famosi perché hanno pubblicato un libro? Quanti tizi famosi conosci che hanno anche pubblicato un libro? Ecco. Appunto.
Quindi, se sei Nessuno, devi avere davvero una buona storia. Poi devi scriverla. Correggerla. E la devi rileggere N volte ( = numero tendente all’infinito + 1). Poi te la devi dimenticare, così potrai rileggerla altre migliaia volte. E a quel punto arriverà qualcuno – magari un editor – che ti dirà che “no, non va bene qui e non va affatto bene lì”. E qui e lì sono esattamente la prima e la seconda cosa che preferisci del tuo romanzo. Allora ti toccherà tagliare. Cioè buttare via. Cioè prendere il tuo tempo, le tue intuizioni geniali, le tue perle creative e gettarle nel cestino e cliccare “svuota”. Perché ciò avvenga, ti toccherà riconsiderare i tuoi parametri di “bello” e “necessario”. E sfidare le leggi della fisica: dovrai essere profondo ma lieve, emotivo ma senza farti coinvolgere troppo, parlare di te ma evitando gli autobiografismi, emozionare mantenendo lucidità…
Se sarai sopravvissuto, sperimenterai la totale assenza di appigli. Come scalare una parete grado XI bendato. Perché se quello che credevi bello, era brutto, quello che ti fa – ammettilo – un po’ schifo? Per non parlare della roba che galleggia nel mezzo. Allora se sarai troppo sollecito, toglierai cose buone “ma che hai fatto?! Era meglio prima!” dirà l’editor – lo stronzo, d’ora in poi –; e se non toglierai nulla, schiacciato dall’ansia da prestazione, ti sentirai dire che “non collabori e se non collabori è tutto inutile”.
Riuscirai a digerire anche questo perché sei tignoso o incosciente o masochista, vedi tu. Magari adesso avrai pure un agente (ci hai messo tre anni a trovarlo, e tu che credevi che il difficile fosse pubblicare!) che farà girare il tuo libro tra le case editrici.
Le risposte degli editor – che il tuo agente ti inoltrerà solo e sempre di venerdì sera, così da allietarti il weekend – saranno degne della Pizia.
- Bellissimo! Ma non sapremmo in che collana collocarlo.
- Bellissimo. Ma la faccenda del cane e dell’incidente non ci convince. (Due cartelle su 375.)
- Bellissimo… Ma ne abbiamo appena pubblicato uno simile (li terrai d’occhio, ma a parte il fatto di pubblicare testi in italiano non rintraccerai altre affinità con il tuo libro).
- Bruttissimo. Lo stile però è sopraffino, la voce convincente e la trama ben congeniata.
- Bruttissimo. Ma aspettiamo il prossimo.
- Il libro è perfetto, è il nome dell’autore che proprio non va.
Incredibilmente una casa editrice si dimostrerà interessata. Non sarà un gigante ma neppure un microbo. E dovrai ricominciare da capo la trafila delle letture e correzioni. Nulla sarà davvero iniziato, però. Perché tutto partirà sul serio solo quando arriverai in libreria per interposto oggetto, rilegato e dotato di copertina. E ti domanderai come hai fatto a sussistere finora, senza un ufficio stampa che comunicasse al mondo tutto la tua esistenza, con una pirotecnica bio comprensiva di foto e frasi tanto illuminate da essere degne delle virgolette.
Come andrà a finire mica lo sai. Però, con l’euro (arrotondato per eccesso) che guadagnerai a ogni copia venduta, al massimo potrai offrire qualche giro di spritz agli amici. Amici che non avranno comprato il libro, perché si aspettano che glielo regali (se no “che cazzo di amico spilorcio sei!”).
Perciò, dopo essere entrato nell’ennesima libreria con fare furtivo, dopo aver chiesto una copia del tuo libro per verificare se c’è e dove è piazzata, dopo aver spostato una piletta di testi in bella vista (credendo che il libraio non ti abbia notato… no, figurati, oggi sei solo il 999esimo autore che fa lo stesso giochetto), dopo averne comprata una per sostenere la causa, andrai a lavorare.
28 comments
E’ in questi momenti che ringrazio il fatto di non saper scrivere, nè di volerlo fare. E’ già tanto che mi impegno con gli status di Facebook 😀
Eh, perché credi io legga solo?! 😉
però c’hai un blog, e ci scrivi pure sopra… metti che un giorno da cosa nasce cosa? Metti che ti viene l’urgenza di raccontare una storia 😀
(Già fatto… tanto tanto tempo fa 🙂 )
Lo vedi? 😀
Ma ho smesso. Sono guarita. Si può fareeeeee! 😉
AAghh, hai scritto la mia storia? quasi diciamo, perchè non mi interessa essere famosa, perche’ so che non si diventa ricchi scrivendo, a meno che che tu non sia il ghost writer di “di un qualsiasi vip”, e lavoro mediante 9 ore al giorno, e scrivo di notte e nel tempo libero. Solo la passione ti fa fare questo… e questa è la cosa piu’ bella. La seconda cosa molto bella è quando qualcuno che ha letto il tuo libro ti dice che l’hai fatto emozionare, che si è sognata i personaggi di notte e che è stato avvincente, ( e non è tuo parente), capisci che hai lasciato qualcosa, una traccia, e anche questo è molto bello. Il resto è piu’ o meno come l’hai scritto… ma sto conoscendo un mondo nuovo ed è un’esperienza unica. Certo se poi il libro diventasse un best-seller sarei davvero contenta, e probabilmente esiste un inconfessato desiderio di vedere diventare il mio libro famoso. (il libro non io!). Chissà….
🙂
Secondo me alla storia del “successo” non crede più nessun aspirante autore, a parte un paio di mitomani che si autopubblicano dal ’98.
Che poi, diciamoci la verità, non c’è nulla di male nel coltivare una sana passione per la scrittura. Chiaro che se uno pensasse di avere mezza possibilità di diventare lo Stephen King italiano ci sarebbe da chiamar la neuro. Ma i coglioni ci sono ovunque, nella scrittura come in ogni altro ambito.
Alessandro, mah, mica troppo sai.
Da editor posso assicurarti che una delle domande ricorrenti è “quanto guadagnerò”
E da lì, spiegando le tristi dinamiche commerciali, saltano fuori svariate sproporzioni tra sogno e realtà.
Allora sono io che sopravvaluto ancora troppo la categoria 🙂
Moltissime persone (peraltro super garbate) ignorano proprio le dinamiche e hanno sogni, come dire sovradimensionati.
Cioè sono i parametri a essere del tutto sballati… poi sì, ci sono gli invasati. Voglio dire, tutti quelli che pagano per pubblicare credono anche di diventare famosi nella maggior parte dei casi. Fai un po’ te.
Non ho la tua esperienza in questo ambito, nel senso che di mio posso solo dirti di essermi spesso scontrato con la refrattarietà alle critiche di determinati autori (quasi tutti autopubblicati).
Ovviamente ti credo, mi spiace solo che gli atteggiamenti di questa gente finiscano per creare una sorta di stereotipo dell’aspirante scrittore, un marchio con cui chiunque voglia “provarci”, ormai, viene bollato.
Non è una sorta di accusa eh, anch’io ci son andato pesantuccio nel criticare determinate abitudini/attitudini. E ti confesso che mi fa ancora senso il pensiero di esser passato momentaneamente dall’altra parte della barricata, dato che limitandomi a leggere, studiare e recensire mi esponevo un po’ meno 🙂
Bell’articolo, Chiaretta.
Buon weekend
Ma ti capisco perfettamente. Il cliché è alimentato soprattutto da chi aspirante non è, che appunto non conosce le dinamiche.
In realtà nel pezzo – battute a parte – mi piaceva l’idea di far vedere l’atteggiamento di un autore che le palle le ha. E lavora sodo. Sogna, però mantiene i piedi per terra.
Grazie, Alessandro!
Questo post mi suona come le campane della notte degli imbrogli del caro Alessandro. Mi sono divertito un mondo.
Tutto vero. A meno che tutto cambi o tutto no. 😉
La figata del digitale è che viene eliminata quella fase della transumanza nelle librerie da parte dell’autore. In effetti se ripenso alla me di 4 anni fa, passai un sacco di tempo ad andare in un mercatone solidale allestito ogni anno a Milano per Natale, che io adoro a prescindere, dove porca paletta che gioia! C’era il mio libro! (messo malissimoa, sia detto!) Al corso di narratologia che sto seguendo, molto ben fatto, spesso la domanda è “ma potrebbe avere successo un libro che…?” E di seguito si elencano caratteristiche appena esaminate. Vedo l’insegnante annaspare, perchè in fondo una percentuale di mistero nel successo del libro esiste sempre, ma vaglielo a spiegare al 17enne che da come parla ha una storia supersonica tra le mani 😀 Bel post Chiara, mi ha rallegrato una giornata un po’ così.
Garabombo? Il mercatino intendo?
Comunque sia, se fosse così semplice individuare li ingredienti di un romanzo di successo il successo sarebbe facilmente applicabile e replicabile.
Il bello è che come sempre ci vuole proprio un tocco di magia…
Baci e un calcio alla giornata così così 😉
Ottimo articolo! Noi, che promuoviamo gli esordienti, ci sentiamo chiedere tutti i giorni quanto successo potrebbe avere una determinata trama e quanto l’autore guadagnerà in più se si promuove un po’ sul web… come se questo bastasse. Ed è veramente difficile spiegare, a tutti loro, che di Castle ce n’è uno solo, non vive in Italia e non è nemmeno un personaggio reale. 🙁
Ah, Castle, quanti danni ha fatto! 😉
Ma anche la Rowling… e tanti altri che in realtà son pochi.
Comunque si scrive per passione e un talento qualche soddisfazione, prima o poi, la ottiene. Garantito.
Ciao!
3 commenti quando si parla di libri, 21 quando il soggetto è lo scrivere. Siamo sicuri di raccontarla giusta ed onesta quando parliamo dell’arte sublime della lettura? 😉
Ah, caro mio, non sarà mica una novità?! Che tutti scrivono e nessuno legge non è neppure più un argomento da salotti radical chic, è un must al bar tra un cappuccino e una brioche.
Un giorno farò un post sulla creatività del culo di Belen. Vedrai tu che successone 😉 Ma non sono ancora pronta per la fama, mi sa.
C’è anche una sottosezione: quella dell’editore che vuole controllarti, sfiorando il ricatto, anche il blog, affinché tu non tocchi gli amici e gli amici degli amici.
Così, per dire eh.
Qui mi son concentrata sugli “scrittori (famosi)”. Ci sarà tempo per parlare anche degli “editori (famosi)”.
Scrivo. Non per Isoldi e non per la fama/ fame.
Scrivo per raccontare storie. Storie che vengono lette e che piacciono. Non ho mai pensato di pubblicare sul serio qualcosa . Facevo audit finanziario. Sií brutta malattia… Poi tante cose brutte e private .
Ed ho deciso di autopubblicarmi non perché volevo guadagnare ma perché consapevole che fosse un racconto su cui avrei dovuto lavorare molto. Ma non avevo voglia e volevo che fosse online per farlo leggere ad una persona che si stava spegnendo.
Così é stato. É piaciuto ma nessuno mi critica perché non appartengo a nessuna testata o casa editrice (parole di radio, anche importanti, giornalisti ect ect).
Ora sto ultimando un libro e vorrei pubblicarlo. con una casa editrice professionista. La troverò , anzi a dire il vero l’ho giá trovata ma … (Non é questo il luogo per i dettagli).
La domanda banale. So che il mio libro non é perfetto, lo invio così alle case editrici o spendo soldi per una correzione? Personalmente sono contraria. Non perché mi senta figa, ma trovo inutile spendere soldi per gente che non ti pubblica ma ti corregge. Tanto se vai in pasto ad un editore ti farà correggere .
Di te mi fido quindi chiedo.
Grazie
Ciao Sara,
premessa: il post, ridanciano e un po’ polemico (e a tratti liberatorio) se la prende con soggetti dotati di ego ipertrofico 😉 Avere il sogno di scrivere e pubblicare, è il motivo per cui faccio il lavoro che faccio. Quindi, non giustificare la tua passione!
Detto questo. Non è obbligatorio che tu faccia correggere il dattiloscritto. E per correggere parlo di editing, non di correzione bozze (se fai una rilettura attenta, andrà bene, mai visto un editore rifiutare un testo per qualche refuso). Se dai un occhio su Writer’s Dream, trovi una lista di oltre 300 editori free. Ovvio che i big e i medi, spesso, non riescono a leggere le proposte che ricevono. Leggende urbane narrano di stanze colme di testi ignorati… se l’editore scrive sul sito di non mandare proposte, è bene non mandare proposte! Perché lo fanno? Perché lavorano con le agenzie letterarie e hanno propri lettori di fiducia che propongono loro le storie.
Sono però moltissimi gli editori che cercano testi, leggono, rispondono. Come sapere se vale la pena ascoltare le loro proposte? Se chiedono soldi, acquisto copie, pubblicità, tripli salti mortali con euro… lascia stare (ma se stai leggendo la lista free di cui sopra, difficile capiti). Il contratto deve prevedere delle royalty (anche bassissime, ma ci devono essere), l’anticipo, ahimè, può essere un miraggio ma questo non significa che l’editore non sia serio. Il problema? Tu mandi e non ricevi risposta, e non sai se è perché fai schifo o se non ti hanno ancora letto. Devo dire, però, che dalla mia esperienza (mia, nel senso dei miei autori), se hai un minimo di qualità le risposte anche se negative arrivano.
In passato se uno mi chiedeva un editing, gli dicevo che era stupido farglielo. Perché l’editing spetta all’editore ed è quindi gratuito. Adesso non ho cambiato opinione, sono le opinioni e le esigenze altrui ad aver cambiato me! Gli editori fanno sempre gli editing, ma sono molto più lievi del passato (le eccezioni ci sono, ovvio, ma non divaghiamo). Cercano cioè testi “a posto”. Storie che non devono essere ribaltate, smembrate, rimonate e riscritte… al massimo si parla di un incipit più incisivo, un dialogo più sciolto, una descrizione più asciutta. Cose così. Se il testo non è a posto, viene rifiutato ché non c’è né tempo né i soldi per imprese che potrebbero essere a perdere, perché si sa che un editing non garantisce un libro perfetto ma solo uno migliore (a meno di pasticci nel percorso). Ci sono autori che hanno ottime idee, ottimi guizzi, ma poi non riescono a rielaborare le proprie storie a dovere. Quindi sì, adesso mi capita di fare editing (alcuni anche piuttosto lunghi e complessi) di libri che poi vengono pubblicati.
Cosa ti consiglio? Per prima cosa piglia il testo e chiudilo in un cassetto con il timer. Ce lo lasci minimo tre settimane. Lo devi dimenticare. Quando non ti ricordi più come suonano le frasi, lo rileggi. Quella rilettura finale è la più importante. Poi, comincia con gli editori. E vedi che succede. Se non va, puoi passare alle agenzie. Non tutte chiedono soldi per la lettura, ma chi non chiede soldi non dà servizi (valutazione, suggerimenti, editing eccetera). Lo dico perché se mandi a un agente che non fa valutazioni, non ti devi indisporre se arriva un rifiuto di una riga. Silvia Meucci è una ottima agente, ha rigide regole di invio ma non chiede nulla (e risponde e legge e lo fa con attenzione). Ha solo un difetto: non lavoro per lei 😉
Questo per chiarire che è un consiglio disinteressato, se vuoi un agente che fa servizi, ti consiglio Loredana Rotundo, ci lavoro da anni e oltre a essere una bella persona, è brava.
Sono andata lunghissima! E in bocca al lupo!
E quindi si scrive solo per guadagnare dei soldi ? E’ un lavoro come un altro la scrittura certo se nell’immaginario collettivo molti la pensano come te e la si vede come un’attività per diventare famosi, per conquistare fama e successo, allora si, siamo messi abbastanza male. Generazione Reality Show dire, tutto è finalizzato all’essere più in evidenza, al centro dell’attenzione…ecco perchè di nuovi libri ne escono abbastanza pochi almeno di recente 🙂
Don’t feed the troll, dice il saggio.
Non solo voglio diventare famosa, so di avere le carte in regola per farlo. Il mio primo libro continua a circolare dopo otto anni per le varie piattaforme ma il meglio è ancora chiuso nel famoso cassetto. Lo riservo ad un editore che sia disposto a corrispondermi quanto merito…
SAID (inedito)
Aveva un corpo che raccontava la storia della sua fame e le cicatrici aperte sulla pelle erano conti in sospeso col destino, tacche su legno ancora vivo…
UN EROE QUALUNQUE (inedito)
La noia s’allargava a macchia d’olio nel cielo vacuo di periferia, affisso ai muri roventi come una patina invisibile e silenziosa…
E NE HO SCRITTI ANCORA TANTI! GIA’ L’INCIPIT LA DICE LUNGA….
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