La storia di un esordio. Ce la racconta Olivia Crosio, scrittrice e traduttrice (tra gli altri, del Diario di Bridget Jones e di autrici come Fannie Flagg, Cecelia Ahern, Anne Fine), ha scritto diversi libri per ragazzi ed è anche maestra di sci e ultra-runner.
Oh, sì. Ogni volta lo stesso incubo, lo stesso affanno.
E dire che lo sapevo, mi era stato detto.
“La parte divertente è scrivere. Sei libero, in quel momento. Tutto quello che viene dopo è…” Parolaccia.
Be’, la prima volta non mi è andata poi così male. Anzi.
Ho cominciato a scrivere il mio Solo in città per caso, qualche pagina a settimana, al mattino prima di mettermi al lavoro sui libri “veri”, quelli che traduco. Portavo le pagine al Venerabile Maestro, quello del corso di scrittura creativa, che a sorpresa mi disse: “Ma sai che non è male? Quasi pubblicabile direi. Continua”.
Ho continuato. Ma non mi fidavo. Così un giorno al (sì, al bowling) ho incontrato Mauro il libraio e gli ho detto: “Non è che mi leggeresti una cinquantina di pagine per capire se potrebbero essere vendibili?”
Le ha lette e ha detto: “Vendibilissime! Lo aspetto in libreria”.
Nel frattempo una mia compagna del corso di scrittura ha pensato bene di mettersi di punto in bianco a fare l’agente letterario. Guarda un po’ i casi della vita, eh?
“Dai, fammi provare. Non ti assicuro niente, ma fammi provare.”
Dopo una settimana, Solo in città era venduto e io andavo a Roma a firmare il contratto.
Facile no? Facilissimo.
Non del tutto indolore però, a causa di un editore e di una editor che hanno preso mio figlio (perché lo sentivo come tale pur avendone già due in carne e ossa) e lo hanno strapazzato un po’. Taglia qui, sposta là. Ma erano così simpatici, ridevano sempre, mi hanno invitato a mangiare gli spaghetti cacio e pepe a Roma e il cous-cous a Firenze e io ero piena di gratitudine.
Giulio e il colore dei baci è entrato nel meccanismo in modo ancora più fluido. Per forza: un sequel.
Poi il dramma. La caduta. La Caporetto totale.
L’amore africano viene rifiutato. Ohibò, com’è possibile? DOLORE! Ma allora non sono più brava?
Passano mesi di crisi, autocritica, qualche momento di schizofrenia, paralisi cerebrale, poi decido di riscrivere la seconda metà. Cambio un bel po’ di cose. Altri mesi di duro lavoro senza sapere se poi servirà a qualcosa. Ma adesso il romanzo piace di più anche a me, ha molto più senso, è più compiuto. Riproviamo.
È come ricominciare daccapo, perché i primi due libri erano per adolescenti, questa è una straziante storia d’amore perbenista. L’ingresso difficile nella narrativa standard, quella non per ragazzi. Decidiamo di farlo uscire snello snello con una casa editrice nuova e dinamica, che pubblica solo in digitale. Mi apro una pagina Facebook per farmi pubblicità. Orrore, Facebook! Adesso invece non posso più farne a meno, peggio dei ragazzini, e ho rintracciato persino i compagni delle medie. E li ho anche incontrati! Divertentissimo.
L’importante è che L’amore africano, con tutto il suo carico emotivo di rifiuti e insicurezze, sia fuori dai miei cassetti e superato per sempre. Ricevo anche qualche apprezzamento, che mi dà coraggio e calore.
Si va avanti, quindi. Riprendo uno straccio di inizio buttato giù anni fa e gli faccio un elettrochoc per riportarlo in vita. Ci infilo nuovi personaggi, nuove situazioni, e anche io sono cambiata, ritrovo l’ironia dei miei primi due romanzi per adolescenti, mi diverto a scrivere, me la godo, perché so che dopo, una volta consegnato il romanzo a Loredana, la mia agente, inizierà la fase della parolaccia.
Ci sono dentro adesso, mannaggia. Ma pare che sia in arrivo il lieto fine. Se volete saperne di più, sono su Facebook.
2 comments
Sì, lo dico sempre anch’io: la cosa bella di scrivere è scrivere, il resto tanti grattacapi scrat scrat e rodimenti. Ti auguro il meglio.
Rodimenti e grattacapi. Sei una vera signora 😉
O come dice Olivia: parolaccia!
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