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Editoria tradizionale, digitale, self: il problema è (sempre) la qualità

Editoria tradizionale versus digitale, editoria digitale contro autoproduzione. Si fa un gran parlare della battaglia tra carta e byte, e sulla possibilità che le piattaforme di selfpublishing soppiantino le case editrici.

La prima diatriba, in parte, non sussiste. Il lettore esprime delle preferenze tra carta e digitale, ovvio, e si gode i libri nel formato che preferisce. C’è pure chi fomenta la lotta, vagheggiando visioni pessimiste di un mondo senza libri. Ma dati i prezzi stellari, al momento sono semmai gli ebook a rischio di morte prematura. Inoltre maggiori saranno le possibilità di fruire un titolo, forse maggiore sarà la fruizione. E in un Paese dove il 44 per cento della popolazione non ha mai letto neanche un libro, ogni occasione è preziosa.

Per tutelare i propri interessi, gli editori combattono eccome (vi ricordate l’affaire Apple e dei cinque editori accusati di aver violato le norme antitrust?).Apple logo Sanno che, se un lettore deve spendere 9.90 euro per un ebook, è più facile che ne sborsi 16 per il cartaceo (sottovalutando l’ipotesi che non acquisti né uno né l’altro). Un testo digitale non significa zero costi ma, rispetto al libro, i prezzi sono inferiori. Risparmiare pochi euro, sapendo che sono state tagliate le spese di carta, stampa e distribuzione fa sentire il cliente raggirato. Anche se, in parte, è colpa pure dell’Unione europea: ha stabilito infatti una aliquota del 22 per cento per gli ebook e una del 4 per cento per i testi cartacei (leggete qui). E i lettori pagano…

Prima o poi, comunque, chi di dovere sarà costretto (anche dalla pirateria) a prendere le decisioni necessarie. E la questione centrale verterà solo sulla qualità dei libri, e non sulla loro consistenza.

Leggo questo articolo su Scrivo.me – realtà nebulosa che sforna contenuti discutibili – e capisco che anche la battaglia tra editoria tradizionale e selfpublishing fa comodo. Tanto per cominciare permette ai redattori di scrivere post senza avere notizie da dare. Si parte con: non tutti i libri pubblicati sono buoni e non tutto il self fa schifo. Un annuncio memorabile. Dictionary Series - Politics: independentDifendo il selfpublishing con le unghie e i denti. Prima di tutto perché annienterà la figura dell’“editorucolo” furbetto che spilla soldi in cambio di libri. Spendere 3.000 euro – per un testo (brutto), un contratto spesso svantaggioso e delle royalty da fame – sarà un inutile spreco di tempo e denari. E no, non mi domando se tutto il self faccia schifo (dovrei leggere tutto per saperlo!). Mi pare più interessante rilevare che nelle piattaforme si trova il caso editoriale ma manca uno zoccolo di proposte dignitose (forse manuali e saggi danno le maggiori soddisfazioni). E se le piattaforme come Amazon fossero ricche di potenziali autori, le agenzie letterarie e gli editori le eleggerebbero a luoghi di caccia preferenziali. Invece continuano a favorire i soliti canali per procacciarsi titoli. Io, nel mio piccolo, ho iniziato e annientato una rubrica sugli ebook per insufficienza di prove… positive.

E all’estero? I numeri sono diversi, ovvio, ma anche lì fa notizia il caso editoriale, più che la qualità generale. Se poi pensiamo a Wool di Hugh Howe (arriverà in Italia grazie ai tipi di Fabbri) non è irrilevante che l’autore abbia dichiarato di essersi avvalso di un editor, un graphic designer, un esperto di marketing e pure una agente. Non voglio svalutare l’autoproduzione, ma ribadire l’importanza di certe competenze per un risultato di qualità.wool Il limite delle piattaforme di selfpublishing? È ovvio: causa mancanza di filtri, rischiano di diventare una discarica per ego superdotati. Cioè per chi si definisce scrittore per partito preso; per chi non legge null’altro al di fuori di sé; per chi si accanisce contro gli scrittori tradizionali e fa lo snob un tanto al chilo (massacra Volo ma non le proprie boiate); attacca le grandi case editrici (e pure le medie e piccole) solo perché lo hanno rifiutato; giustifica il suo insuccesso editoriale per mancanza di contatti, appoggi ed entrature. Questo tristo figuro ce l’ha con tutti – editori, editor, agenti, correttori bozze – perché dice che non lo rispettano, peccato che sia il primo a non rispettare editori, editor, agenti, correttori bozze eccetera.

Ma la questione qualità è decisiva anche qui. In questi giorni Luca Fadda sta tirando le somme di un curioso esperimento: ha inserito nella sezione ebook gratuiti di Amazon un testo vuoto, intitolato Il nulla. Agli autori dico sempre che il titolo è come una promessa fatta al lettore… in effetti, qui la promessa è mantenuta: il nulla equivale a 345 pagine vuote. Sì, vuote.

Il “romanzo” si trova tra i primi posti della classifica di narrativa ed è stato pure sul podio! Perché? Sono bastate 250 copie scaricate per arrivare ai vertici delle hit. Pochine direi… Non ci sono però state 250 critiche al vetriolo, non è neppure scattata una sommossa con lancio di pixel all’autore. Perché? Chi ha effettuato il download, non ha poi letto il testo. E se lo ha fatto – che è peggio – non ha sentito il bisogno di avvisare i “naviganti” della beffa.

NothingIl self non deve trasformarsi nel “parcheggio” dei non autori. Un ghetto per chi non ce l’ha fatta e per chi non ce la farà mai. Dovrebbe essere una occasione di visibilità e confronto, e sarà così soltanto se sussisterà il confronto. Perciò i selfer dovrebbero fare prima di tutto una cosa: iniziare a leggere ciò che si trova nel calderone. Dedicarsi alla critica, onesta e pure spietata, se serve. Non quella furbetta per cercare di strappare posizioni all’avversario, la critica che nasce dalla curiosità di conoscere – e misurare – l’altro così da misurare se stessi. Insomma, gira che ti rigira, la questione è sempre una: se non leggi, perché scrivi? E perché pubblichi proprio qui?

Se Amazon e i suoi simili pullulassero di testi validi, essere ai primi posti delle classifiche sì che avrebbe un peso. Ma arrivare “uno” davanti a un libro vuoto è da perdenti.

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18 comments

Laura leone 07/11/2013 at 18:14

Sono sempre stata un’accanita lettrice. Negli ultimi anni, solo per un discorso economico visto il numero di acquisti mensili, acquistavo sempre più spesso le edizioni economiche con il risultato di avere spesso pagine mal inchiostrate ed a volte maleodoranti e la casa piena di carta di poco pregio.
Due anni fa ho acquistato il mio primo Kindle. E’ stato amore a prima vista. Non rimpiango per nulla i volumi cartacei. Più nessun problema di vista, ingrandisco il carattere quanto voglio, se un termine non mi è chiaro ho l’ausilio sia del dizionario della li già italiana, sia di Wikipedia. Ho con me quasi mille libri!
Ne ho comprati altri da regalare e tutti sono stati contenti. Io attualmente ho quello con la luce integrata che mi permette di leggere a letto nelle mie notti di insonnia, in treno, in
Amazon propone ogni giorno almeno un libro a 0,99 o 1,99. Spesso ne propone 3. Si tratta di titoli attuali che spaziano su più generi, mi sono fatta una biblioteca fantastica con poca spesa! I best sellers e le novità costano comunque meno dell’edizione cartacea, la scelta dei titoli è vastissima.
Laura
Non sono azionista di Amazon, ho provato solo questa casa! Probabilmente tutti gli è-book offrono le medesime opportunità.

Chiara Beretta Mazzotta 07/11/2013 at 18:45

Cara Laura, sfondi un portone spalancato!
Leggo su tablet, pc, carta, ascolto le storie e me le faccio raccontare pure 😉
Recensendo libri, però, sono al corrente sui prezzi. E purtroppo diverse case editrici fanno una politica di prezzo criminale. Il cartaceo a 18 euro e l’ebook a 17,50. E questo, ormai alle soglie del 2014, deve proprio cambiare.
Buone letture!

Chiara

sandra 07/11/2013 at 18:20

Come non dare il via a valanghe di considerazioni con questo post? Non ho mai letto libri self-pubblicati, me ne sono capitati in mano un paio ed erano brutti nella grafica. Non ho un E-reader e non ho intenzione di comprarlo, fortunatamente ho la casa abbastanza grande (quando sarà il turno della mia libreria qui, la vedranno tutti) per consentire acquisti compulsivi e risparmio su altro. Ho letto romanzi usciti con editori a pagamento che non erano male, e altri pubblicati da piccoli editori sconosciuti ma free che ho trovato un po’ grezzi, come se mancasse qualcosa. Nei big ovviamente c’è di tutto e va a gusti. Credo davvero che sia una guerra anche un po’ sciocca, e la corsa a pubblicare in qualsiasi modo vada sempre a discapito della qualità. Temo che pubblicare un romanzo sia la moda del momento e spero passi in fretta, mentre quando ero giovane tutti volevano cantare. Putroppo come dici tu, il self sta veramente diventando la discarica dei disperati, a discapito di chi inveca l’ha magari scelto per tentare una strada meno battuta. Sono un po’ spaventata anche da questo gran fiorire di agenzie che offrono servizi accessori anche a livello discount, senza avere in realtà grosse qualità neppure loro, figuriamoci i lavori che intendono editare/promuovere ecc. baci

Chiara Beretta Mazzotta 07/11/2013 at 18:49

Che dire?
Concordo su tutto… però prima o poi un tablet in casa devi accoglierlo, poverino! 😉
E a brevissimo mi sa che la tua libreria la vedranno in parecchi!
Baci

sandra 07/11/2013 at 19:29

Accogli un piccolo tablet, non sporca e occupa poco spazio, ecco il motto giusto. Prima o poi…

Chiara Beretta Mazzotta 07/11/2013 at 19:51

So che prima o poi un piccolo tablet sarà felice allora 😉

Aldo Costa 07/11/2013 at 18:59

Autopubblicarsi può offrire quasi le stesse soddisfazioni di una pubblicazione con un editore. Dipende da come rispondono i lettori. Se il libro piace, non mancheranno di farlo sapere. Mancano i numeri? Certo, ma non è quello il punto.
Avete mai giocato a poker? A me piace, ma mi capita raramente. In quelle rare occasioni, comunque, la messa in tavola era di 10 euro. Posso assicurare che si pena, si cristona, si piange, si mente e si è pronti a rovesciare il tavolo e sparare per 10 euro, con la stessa intensità che si proverebbe se ce ne fossero 10mila. Se si spillano le carte e appaiono un full o un poker l’emozione tocca il massimo e si rasenta l’infarto. Per cosa? Per un piatto da tre euro e venti.
Voglio dire che è una questione di scala, l’importante è che ci sia la qualità.
Poi ci sono anche i soldi. Pochi, pochissimi, ma ci sono. Autopubblicarsi (parlo di carta, non di editoria elettronica) è un’attività in utile. 300 copie stampate bene e rilegate bene, oggi costano dai 1000 ai 1500 euro + IVA, quindi 5 euro a copia. Un 10% di copie finiscono regalate, le altre fanno cassa.
Il tutto sperando sempre che la grande occasione bussi alla porta.

Chiara Beretta Mazzotta 07/11/2013 at 19:12

Grazie prima di tutto per i numeri, Aldo.
Alle volte si rischia di parlar di tutto e niente, i numeri ancorano alla realtà.
E grazie perché ormai self coincide quasi sempre con editoria elettronica, e tu ci regali un altro punto di vista.
“’L’importante è che ci sia la qualità” sono parole sante”!
E poi aggiungerei la questione lettura. Tu sei un lettore serio e cerchi lettori seri. E tieni conto delle critiche. Questi sono due elementi fondamentali.
Ciao!

Alessandro Cassano (@obbrobbrio) 08/11/2013 at 11:28

Ciao Chiara,

son d’accordo con il tuo post, sebbene io sia desolato dal fatto che la grande opportunità rappresentata dal self si sia tramutata in un coro di strilloni. L’esperimento del buon Luca Fadda può voler dire tutto o niente. La gente ha scaricato l’ebook in quanto gratuito, magari incuriosita dal titolo o dalla sinossi. Anche a me è capitato di scaricare tantissimi ebook gratuiti approfittando delle promozioni. Ebook che in gran parte cestinerò senza averli letti, o dopo la lettura di un paio di pagine.

Il problema della qualità nell’autopubblicazione è diffuso e trasversale, e quella che viene spacciata per “legge di natura” si rivela troppo spesso un gioco con le carte truccate, in quanto c’è gente che per promuovere la propria fuffa paga per ottenere recensioni favorevoli.

Il self resta comunque una grossa opportunità per l’editoria tradizionale, che dovrebbe cercare per una volta di metter da parte i soliti nomi e cercare (lumicino alla mano) qualche nuovo talento nel bizzarro vivaio dei self publisher.

Chiara Beretta Mazzotta 08/11/2013 at 11:57

Ciao Alessandro,
concordo su tutta la linea riguardo a quello che scrivi sul self.
Per l’esperimento di Luca Fadda: come scrivo, la cosa peggiore non è che la gente abbia scaricato. Ci mancherebbe! (Qui inquietante è che bastino 250 copie per scalare le classifiche) Ma che dopo averlo fatto e dopo aver “letto” non abbia sentito il bisogno di commentare o di chiedere spiegazioni!
Il sistema della piattaforma è come un organismo che sopravvive se è capace di autoregolarsi ed espellere le tossine. Cioè, i testi brutti e privi di qualità dovrebbero essere segnalati come tali. La selezione dovrebbe insomma avvenire dall’interno. Ma è ovvio che se a me non frega nulla di quello che hanno scritto gli altri, questo non potrà realizzarsi mai.

Riccardo Pietrani 09/11/2013 at 10:16

C’è da dire che il “gratuito” è un po’ un mondo a sé. Volenti o nolenti, in un mondo che funziona valutando tutto col denaro, chi ti offre qualcosa gratis viene spesso visto con sospetto (chissà cosa mi vorrà rifilare poi in allegato), oppure il suo prodotto viene considerato a priori di scarsa qualità. E’ un meccanismo sia cosciente che non. Già i 99 centesimi segnano un abisso rispetto al gratuito, stai pagando per ottenere qualcosa e quindi gli dedichi più attenzione in automatico, proprio perché hai pagato. Tanti, tantissimi scaricano ebook gratuiti e non li leggono, o ne leggono solo una parte. Ho visto che fare una recensione viene visto dai più come uno sbattimento, quindi figuriamoci se ci si sbatte per un ebook gratuito 😀
Per quanto riguarda la classifica, è vero che bastano quelle poche copie per arrivare in cima alla classifica, ma se non vendi nel tempo, tanto velocemente sali, tanto velocemente scendi: se un giorno vendi 200 ma il giorno dopo vendi 0, sei già riprecipitato nell’oblio. L’algoritmo di Amazon è un po’ il quarto segreto di Fatima, ma di sicuro tiene conto della contemporaneità degli acquisti. Poi purtroppo, il male più grande è che il mercato del .it è ancora veramente piccolo, in Italia, come ormai hanno imparato anche i muri, si legge poco, se ci aggiungiamo che il processo di “aggiornamento tecnologico” in generale dell’italiano medio si muove con la velocità di una Tartaruga delle Galapagos, abbiamo il quadro completo. In una cosa però sono in disaccordo: dire “solo 250 copie” è un po’ fuorviante. Il messaggio che sembra veicolare Fadda è “non ti esaltare, per arrivare primo basta poco, quindi stai quieto”. Ora, ovvio che non si pensa di essere diventati King con un buon piazzamento in classifica, solo uno scemo lo farebbe, però non si deve nemmeno sottovalutare completamente il risultato. Un self non ha nessuno strumento per promuoversi al di fuori delle sue iniziative, non ha pubblicitari dietro, spinte promozionali di terzi ecc. Magari primo un giorno ci può arrivare chiunque, ma restarci è appannaggio di pochi, e per quei pochi qualche merito ci sarà pure.

Lorena Laurenti 14/11/2013 at 12:49

Io sono una selfpublisher e voglio commentare con la mia esperienza personale. Ho finito di scrivere il mio primo libro a fine 2011; un lavoro fatto per me, non con l’aspettativa di essere pubblicata. Ma si sa… il sogno di vedere la propria storia in libreria prevale sempre. Essendo una persona che ama puntare in alto, ho spedito il manoscritto a quattro grossi nomi, tra cui Mondadori. Ho fatto il madornale errore della principiante, ovvero un manoscritto non corretto dovutamente… la bozza iniziale insomma! Presentava grosse pecche ma anche un buon potenziale. Scrivendo i due libri successivi, leggendo e migliorandomi, ho rivisto quel testo. Risistemato e reso più accattivante ma, soprattutto, stanca di aspettare l’esito delle case, ho provato Amazon Italia. Era sbarcato da poco nel nostro paese e la sezione fantasy era ancora spoglia. Il primo mese ho venduto pochi ebook, il secondo il doppio, il terzo ancora di più… arrivando a una media di 20-30 libri al giorno. Quando i tre libri della saga erano tutti online, riuscivo a mantenermi solo con la scrittura. Un’esperienza esaltante, soprattutto per la risposta positiva degli utenti. Da allora continuo a vendere bene e sono rimasta tra i best-seller. Le case editrici mi hanno completamente snobbato… se non ora. Qualcuna si è fatta viva chiedendo in lettura il mio nuovo manoscritto (che uscirà come self tra qualche giorno).
La mia esperienza con questo mondo? Positivissima! Ho letto tantissimi libri self di valore, più originali e curati di tante “schifezze” che ci propinano le case famose.
Dopo questa esperienza illuminante ho deciso di fondare un’associazione culturale: SELECTED SelfPublishing che mira a essere il tramite tra lettore e autore self. Una sorta di “bollino di garanzia” sull’opera priva di casa editrice.
Credo che il self sia il futuro (quello fatto bene), e che le case editrici stiano iniziando ad accorgersene.
Questi i miei riferimenti: http://www.selectedselfpublishing.it/http://www.lorenalaurenti.it/

eudes76 17/11/2013 at 15:57

“Il self non deve trasformarsi nel “parcheggio” dei non autori. Un ghetto per chi non ce l’ha fatta e per chi non ce la farà mai”.

Ecco, non ho mai capito perché e, di fatto, non trovo la cosa negativa. Può essere anche quello, e infatti lo è. Ma sarà che io sono di quelli a cui piace scrivere pur non sapendolo fare e, quando pubblico qualcosa, pubblico opere che un lettore esigente potrebbe definire, senza timore di essere smentito, “merda”. Embé? La gente che pubblica solo per il gusto di farlo e non per il valore dell’opera c’è e ci sarà sempre, e probabilmente è anche la maggioranza. Chiedere di spazzarla via, solo perché autori più bravi si sentono soffocati da tanta sovrabbondanza, e vorrebbero farsi notare lo trovo ingiusto. Dovrebbe trovar loro mezzi più efficaci senza dire “voi incapaci andatevene”. Poi, oltre che scriverlo, a me il self-publishing piace leggerlo. Vi ho trovato:
merda peggiore della mia,
storie strampalate,
bei racconti,
romanzi potenzialmente interessanti che non reggevano alla distanza avendo continue cadute nello stile, trama, composizione,
manuali utili,
qualche bella tesi di laurea
e, anche se rari, autori su cui se io fossi un editore avrei scomesso (e in qualche caso lo han fatto anche editori veri pubblicandone alcuni ). Come lettore, la marea di merda incontrata nel percorso non è mai stata un problema. Anzi, è parte del divertimento.

Chiara Beretta Mazzotta 17/11/2013 at 16:12

Contenta di trovare qualcuno “a cui piace scrivere pur non sapendolo fare”. Contenta di non sentire la parola “scrittore”, le panzane sulle classifiche e altre amenità circa il cattivo mondo editoriale. Sono queste cose che turbano, mica la marea di melma (diciamo così) che si incontra.
Però “la gente non pubblica solo per il gusto di farlo”, perché il self non è pubblicare. Per quello ci deve essere un editore.
E sì, sentir dire: ho pubblicato con Nome della Piattaforma, fa rodere ma non è una barzelletta purtroppo.

Rita 09/07/2015 at 11:06

Farai mai un articolo che parlerà dei diversi e-reader?,delle loro caratteristiche?, di chi primeggia su un altro?. Vorrei comprarne uno ma……per me sono tutti uguali. Peace XP

Chiara Beretta Mazzotta 09/07/2015 at 12:05

Ciao Rita! Sì, dai, mi chiudo in negozio per un giorno e provo quelli che non uso. E poi provvedo a raccontarvi tutto! 😉

Rita 10/07/2015 at 12:02

Hahahahahhaha (rido per non piangere T.T). I miei genitori non vogliono comprarmi una libreria perchè dicono che la casa è troppo piccola, quindi leggendo il tuo articolo “Carta VS Digitale” mi è venuta la brillante idea di comprarne uno.
Aspetto aggiornamenti XD

Rita 10/07/2015 at 12:07

Il soggetto della penultima frase è “e-reader”. Peace 😛

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