La storia di un esordio oggi ce la racconta Romano De Marco, responsabile della sicurezza di uno dei maggiori gruppi bancari italiani e scrittore; all’attivo ha undici romanzi e numerosi premi (vincitore del premio Lomellina in giallo, del Nebbiagialla, del premio Giallo Ceresio e del premio dei lettori allo Scerbanenco).
Prima del prepotente avvento dei social forum, su internet esistevano luoghi virtuali più a misura d’uomo, meno dispersivi, nei quali si discuteva dei temi più disparati: dalla cucina alle motociclette, dal calcio al cinema horror.
Queste “piazze tematiche” erano conosciute semplicemente come “forum”. Il mio, quello del quale ero vice amministratore, si chiamava (si chiama) Emozionalia e il suo principale argomento di conversazione erano i libri. In breve raggiunse i 500 utenti, alcuni dei quali (io compreso) iniziarono a riunirsi con una certa periodicità per partecipare a eventi legati al mondo della letteratura. Fu così che ci facemmo conoscere da molti autori, e alcuni di loro (chi per curiosità, chi semplicemente per autopromuoversi) presero a fare capolino nelle nostre discussioni.
Ricordo che anche un semisconosciuto Roberto Saviano (all’epoca aveva appena pubblicato Gomorra) fece qualche sporadico intervento nelle nostre “pagine di discussione”. L’autore che diede l’apporto più consistente fu Raul Montanari. Lo fece, peraltro, in maniera assolutamente spassionata. Fu lui, quasi per gioco, a spingere alcuni di noi a tentare un esperimento di scrittura con la pubblicazione in rete di racconti inediti. Io accettai con molta perplessità, perché non mi sentivo all’altezza di compiere il “salto” da lettore a narratore. Il mio racconto (si chiamava “la trentaseiesima ora”) soffriva di tutti i difetti classici dell’opera prima. Pretendeva di parlare dei massimi sistemi con una tragicità e una autoreferenzialità che sfociava, spesso, nel comico involontario…
Eppure, lo stesso Raul Montanari vide in quel racconto degli elementi positivi: la voglia di raccontare una storia e una certa disinvoltura nei dialoghi e nelle descrizioni. Fu così che mi spronò a scrivere qualcosa di diverso, che mi divertisse e che fosse più pensata per degli ipotetici lettori. Nacque, nel giro di tre mesi, Ferro e fuoco, un romanzo poliziesco che strizza l’occhio ai miti della mia adolescenza, ovvero le icone del cinema poliziottesco e di quello sulle arti marziali. Mi feci aiutare, per l’editing, da due amiche (divenute poi valide professioniste nel campo dei servizi editoriali) e spedii il manoscritto al concorso intestato ad Alberto Tedeschi, presso la Mondadori. Premio: pubblicazione nella collana “Il Giallo Mondadori”. Non vinsi e non entrai nemmeno nella cinquina finale.
Dopo parecchi mesi, mentre ero in ufficio (lavoro in banca) e avevo già da tempo accantonato ogni velleità di pubblicazione, ricevetti una chiamata sul cellulare:
“Romano?” (voce profonda, accento milanese)
“Sì, chi parla?”
“Sono Sergio Altieri. Possiamo darci del tu?”
Al momento pensai a uno scherzo ma proseguendo con la telefonata mi resi conto che era proprio lui…
Sergio Altieri (in arte Alan D. Altieri), oltre a essere sempre stato uno dei miei autori di riferimento, era all’epoca (parlo del 2007) l’editor delle collane Mondadori da edicola, fra le quali Il Giallo e Segretissimo. Mi disse che aveva letto e apprezzato Ferro e fuoco e che voleva pubblicarlo.
Fu l’inizio dell’avventura.
Certo, non sono mancati i momenti di grande difficoltà, come nel 2010, un anno dopo l’uscita di Ferro e fuoco: la possibilità di una serie di romanzi sul “Giallo” inizialmente ventilata, sfumò per un cambio di linea editoriale della testata (che tornò a prediligere autori stranieri) e un secondo romanzo rimase nel cassetto per quasi due anni, a causa di un contratto stipulato con uno pseudo agente truffaldino che mi penalizzò e scoraggiò al punto da farmi meditare l’abbandono del mio sogno e prendere in considerazione attività alternative quali, ad esempio, l’ippica.
Invece ho continuato, con molta umiltà, a proporre le mie cose a 360 gradi. Ho spedito decine e decine di manoscritti trovando, alla fine, un fondamentale supporto in una agente letteraria (stavolta onesta e professionale) che ha creduto in me e mi ha aiutato a risalire la china.
Grazie a lei ho pubblicato il mio secondo romanzo con un piccolo editore (Foschi) ma con la grande soddisfazione di una prefazione entusiastica da parte di un grande autore come Eraldo Baldini. Con quel romanzo ho anche vinto un piccolo ma prestigioso premio di narrativa di genere, il “Lomellina in Giallo 2012”. Poi la riedizione di Ferro e fuoco in libreria e, nel 2013, il nuovo romanzo con Fanucci, A casa del diavolo che oggi è finalista al premio “Nebbia Gialla 2013”.
Il prossimo gennaio uscirà il quarto romanzo con Feltrinelli. Di questo nuovo lavoro ho anche venduto i diritti all’estero, all’editore Algaida, che lo pubblicherà nei Paesi di lingua spagnola. Insomma, il mio consiglio è: massima umiltà e non abbattersi mai!
Se il vostro romanzo merita, prima o poi troverà una collocazione adeguata. L’importante è che non vi facciate spennare dagli EAP. Pubblicare con loro è una presa in giro, principalmente nei confronti di se stessi!
11 comments
La tipica altalena tra euforia, delusioni, mezzi truffatori, autostima in caduta libera e poi in risalita. Complimentoni. Credo che incontrare le persone giuste significhi, unito al proprio talento, aver trovato la chiave d’accesso al sogno. Goditi ogni momento e grazie per la condivisione.
Quando si parla di lottare contro le EAP io ci sono sempre. E quando decido di non mollare il mio sogno ecco che Chiara si inventa una bella rubrica in cui chi ce l’ha fatta si racconta.
E allora ne approfitto chiedendo: chi non molla alla fine é premiato prima o poi a prescindere dal ” talento” o dal ” cuore” che ci mette o non é proprio così?
Credo che per molti “h”aspiranti scrittori la pubblicazione sia percepita quasi come vincere al lotto o a uno dei mille gratta e vinci.
Se la fortuna non li assiste si corre dagli EAP.
Il lavoro di scrittore é davvero difficile ed é giudicato in modo totalmente diverso dagli altri mestieri: se scrivi male e ti rifiutano decine di volte il tuo manoscritto non scatta la stessa molla di un licenziamento, perché ti rimane sempre il dubbio di essere bravo per qualcun altro. Ho seguito un quarto di un pseudo corso di scrittura circa 9 mesi fa: la sensazione é che alcuni insegnanti scelgano adepti da portare avanti e che pochi insegnino l’ umiltà, i veri strumenti di lettura e scrittura e cerchino con voglia di farti vedere il tuo limite.
Io continuo a scrivere perché mi diverte come mi diverte e disseta, leggere.
Gli EAP sono solo il risultato di un enorme ego sociale che li ha creati.
Preferisco attendere una chiamata inaspettata come é successo a Romano.
🙂
Che bella chiusa!
Io spero che la chiamata arrivi… e, intanto, spero che ci siano molte belle storie da leggere. Per quelle val sempre la pena aspettare!
Caro Danven, mi perfmetto di intervenire : ) ho frequentato molti corsi di scrittura forse tu non hai trovato quello giusto. Nei miei c’era tanta voglia di fare, scrivere, stare insieme, senza gare nè stupide invidie. Mi hanno dato molto, sì mi hanno fatto vedere il mio limite, ma anche dato gli strumenti per superarlo, e evidenziato invece i punti di forza, aiutandomi a migliorare, fino ad arriare a una pubblicazione buona. Ti aspetto nel mio blog se ti va (si parla di libri) Chiara grazie per l’ospitalità.
Concordo con Sandra!
Io conosco bene quello di Raul Montanari (detto il Sommo). Diciamo che sta tra il corso di lettura e di sopravvivenza… se resisti: ti conosci meglio, leggi meglio e scrivi meglio!
😉
Grazie Sandra, sono felice per te ed è vero che quando uno cerca qualcosa in un modo o nell’altro lo trova. Altrettanto è vero che non tutti sono fatti per seguire corsi, in generale. Il corso di scrittura che ho seguito era di uno scrittore conosciuto, apprezzato molto sponsorizzato e che campa anche di questo ma che ci vuoi fare, sono io la “selvatica” come si dice dalle mie parti (e mi va bene così eh!) Verrò di sicuro a trovarti sul tuo blog.
Buona giornata e lettura 😉
Selvatica rende l’idea! 😉
Ottima rubrica, felice idea quella di far raccontare agli autori i loro inizi, consente a chi è “fuori dal giro” di farsi un’idea sulle difficoltà e sulle aspettative della pubblicazione. Unico appunto: consiglio l’autore di non abbandonare l’idea di darsi all’ippica, non perché non abbia talento, anzi trovo i suoi libri davvero belli, ma per l’esatto contrario, l’ippica è uno sport favoloso e secondo me per un giallista è un vero serbatoio di anedotti e misteri…. speriamo di averlo incuriosito…
Ciao Tonino75, accolgo l’invito con piacere! 🙂 L’unico problema è che dalle mie parti di centri ippici non ce ne sono molti… Ma mi impegnerò a trovarne uno che accetti gli scrittori di mezza età come me!
No, no, ti spediamo all’ippodromo così diventi il Dick Francis italiano! 😉
Che bello quando il tuo agente crede in te.
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