Una commedia di Marco Pontecorvo con Luca Zingaretti, Lillo, John Turturro, Carolina Crescentini e Lorenza Indovina.
Instabile, sì, ma non il tempo, lo script. Una storia con la labirintite che barcolla, indecisa se iniziare o finire. E, nel dubbio, non fa nessuna delle due cose.
Siamo a Sant’Ugo, un paesino nelle Marche, e qui c’è una cooperativa che produce divani e stoicamente cerca di sopravvivere all’Imu e compagnia tassante, senza licenziare nessuno. I soci, Ermanno (Lillo) e Giacomo (Luca Zingaretti), sono anche migliori amici ma non potrebbero essere più diversi. Il primo è rigoroso, integerrimo – un rompiballe direbbe suo figlio Tito, super appassionato di manga che lo disegna come il nemico-mostro da sconfiggere – il secondo vive con il figlio Gabriele – la moglie se ne è tornata in Germania – ed è uno che non si tira mai indietro, uno pronto a rischiare per tenere in piedi la cooperativa.
Una sera i due – per eliminare degli scarti tossici che sarebbe costoso smaltire – scavano una buca nel terreno: ed ecco che dal sottosuolo comincia a sgorgare un liquido maleodorante. E non si tratta di una fognatura rotta ma di petrolio. Inutile dire che la scoperta – con le relative prospettive di guadagno – sconvolgerà l’intero paese. Chi vedrà nell’oro nero la soluzione di tutti i guai (e si spingerà oltre il limite), chi lo riterrà solo una fonte di guai e osteggerà ogni iniziativa.
La brama di denaro non rende migliori, si sa, e non aiuta neanche un film che pare durare il doppio dei suoi 100 minuti. I personaggi sono dei cliché incalliti: neppure i conflitti paiono in grado di scalfirli. E se proprio deve accadere qualcosa assistiamo all’effetto ribaltone: da uno stereotipo si finisce nel suo opposto. Alcune cose, però, paiono immutabili. Lillo, per esempio, mantiene la stessa espressione imbronciata per 100 minuti filati, scena più scena meno. Non che agli altri vada meglio. La Crescentini – una ragioniera super efficiente ma ansiosa e insicura nella vita – è la (bella) caricatura di una caricatura; il povero John Turturro– l’ingegnere super esperto di pozzi – con il suo italiano indecifrabile fa sentire la mancanza dei sottotitoli. Zingaretti grazie al mestiere la sfanga – senza guizzi – anche questa volta.
E mentre la storia arranca priva di direzione, vengono sollevati i grandi temi: l’amicizia, il perdono, il valore del denaro, il rapporto genitori-figli, il senso della vita… sollevati e affogati in una brodaglia insipida. Picchi non ce ne sono a eccezione degli inserti, i fumetti disegnati da Tito, che irrompono e animano un po’ la pellicola: spesso si ride, non per le battute, ma per il connubio manga-dialetto. Ed è un po’ poco.
5 comments
Libri a colacione e film a cena? Beata te che c’hai una vita!
Sì e poi lavoro la notte 😉 Ciò una doppia vita!
Da quello che dici mi sa di prodotto da “pigrizia” intellettuale: usare gli stereotipi che piu’ vanno di moda, inserirli tutti e via, facile prodotto da “consumare”. Per farsi un paio di sane risate, senza pretese, posso consigliare ad esempio la visione di “Bianco, Rosso e Verdone” per chi ce l’ha? Per vedere come gli “stereotipi” si possono rendere con grande verve ed efficacia.
Ma magari si ridesse, Mario! Nisba.
…consiglierei anche la visione di “Cosi’ parlo’ Bellavista”. Per vedere come rendere al meglio gli stereotipi (ad esempio nel film di De Crescenzo a riguardo della “napoletanita’”). Non e’ che io sia un nostalgico del passato (sono classe ’69, 1969 non 1869!) ma ho l’impressione che nel cercare una certa uniformita’ di stili (che vedo in letteratura ma evidente anche nel cinema – una delle mie passioni!) si e’ abbandonato o accantonato quello stile cinematografico italiano desunto dal teatro italiano (esempio con Toto’ con l’antica Commedia dell’Arte) per ricalcare canoni piu’ “moderni”, troppo “intellettualisti o intelligenti” che pero’ vedrei validi piu’ per un tipo di cinema anglo-sassone oppure francese. Come disse tanti anni fa un DJ in TV: – Immaginate un inseguimento poliziesco in auto, non come un tempo alla Maurizio Merli, ma alla scopiazzatura tipo Starsky e Hutch, cioe’ tra una Panda e un Ciao – erano gli anni ’80 e gia’ qualcuno si poneva tale problema di una perdita di identita’. Esistono ancora ottime leve in tal senso (vedasi ad esempio coi film di Checco Zalone) Saluti a tutti.
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