Qui, certi inverni, il cielo pare slabbrarsi e piovono parole bianche. Fa freddo in Svezia ma Annette e Christer il freddo ce l’hanno dentro casa. Thure, il papà, è assente sempre al lavoro, sempre preso da altro, è assente anche quando c’è e vede solo ciò che può che, ahimè, è davvero poco. Quello che resta per questi due gemelli sono gli abbracci ruvidi e le parole aguzze di Inger, la loro mamma.
Quanto può essere arrabbiata una madre? Per ciò che la sua di madre non le ha dato o non ha fatto, per quello che non riesce ad avere da un marito distratto, per la felicità che pare sempre dietro un altro angolo.
E così Annette e Christer crescono e si nutrono di aggressività, vendetta, gesti crudeli. Si ritrovano messi l’uno contro l’altro per dividersi un briciolo d’affetto. Cambiano vita, casa, scuola una infinità di volte sempre dietro ai capricci di una donna che non trova pace. Che non trova un posto in cui scappare ché da se stessi scappare è dura.
Ma questa non è la storia solo di Annette. È la storia di Sara, sua figlia, che cerca di ricucire gli strappi del proprio passato. Cerca di capire come possa esserci tanta infelicità nelle donne della sua famiglia. Ma come puoi mettere assieme i pezzi quando pare mancare sempre qualcosa… e ciò che resta sono strati su strati di silenzi.
Un pieno di odio e un vuoto d’amore. Mariti tutti assenti, tutti ciechi davanti al dolore dei propri figli; fratelli e sorelle incapaci di parlarsi, incapaci di guardarsi perché l’immagine dell’altro è uno specchio che riflette il dolore che si è vissuto. In questa storia tutti soffrono da soli e l’altro pare sempre un pericolo da cui guardarsi.
Siamo tutti figli ma per alcuni questa più che una constatazione è una condanna. Perché ciò che subisci se non lo elabori ti divora o ti soggioga tanto che finisci per infliggerlo.
E sarà il caso ma di trasmissione intergenerazionale del trauma ho parlato anche nella puntata precedente. Forse perché i traumi irrisolti sono una eredità che, ahimè, riguarda me, te, tutti: i cerchi che rimangono aperti, i viaggi che non hanno trovato la loro conclusione non sono biglietti di sola andata di cui ci si può dimenticare. Prima o poi il viaggio tocca a noi. E bisogna avere la forza di guardare, di diventare testimoni per rimettere le cose al proprio posto.
Sara Garagnani costruisce una incredibile graphic novel facendo vibrare attraverso i suoi disegni tutta la vita, le disavventure e le fatiche affrontate dalle persone della sua famiglia. Riuscendo a farsi testimone di un complesso intreccio di storie di dolore. Dimostrando così che una elaborazione è possibile, che esiste il potere di scegliere come usare il proprio potere.
Ma non si ferma qui, perché ogni parola, ogni pezzo del puzzle serve ad affrontare un tema ben più grande: la violenza sui minori.