Remake firmato da Billy Ray – con Chiwetel Ejiofor, Nicole Kidman e Julia Roberts – del film argentino El secreto de sus ojos (2009) scritto da Eduardo Sacheri e diretto da Juan José Campanella.
«La passioni sono una mappa» dice a un certo punto Jess (Julia Roberts) riferendosi al fatto che, ciascuno di noi è (quasi) obbligato a percorrere la strada tracciata dai propri bisogni. Insomma – per stare in tema – si torna sul luogo del delitto proprio perché il delitto è una passione.
Chi è Jess? Lavora nell’FBI insieme con il collega Ray (Chiwetel Ejiofor) e Claire (Nicole Kidman), l’avvocato in carriera per cui Ray ha un debole. E la passione di Jess, dopo il lavoro, è la figlia Carolyn (Zoe Graham): loro due, in effetti, sono inseparabili. Ma il destino riserva a Jess un delitto – un omicidio – particolarmente insidioso da affrontare, perché la vittima è proprio Carolyn, trovata morta dentro un cassonetto.
Il problema? Il colpevole è una pedina importante per la polizia e non può essere toccato. E ci vorranno ben 12 anni perché Ray possa (tentare di) riaprire il caso e scoprire la verità inaspettata.
E quale sarà mai la passione di Billy Ray, sceneggiatore e regista del film? Tirando a indovinare direi le cose fatte a modo, gli americani e i problemi che li affliggono. Ed ecco che prende due grandi attrici e una discreta spalla maschile, riscrive una sceneggiatura (ottima) in modo didascalico, smussa i picchi, lima le originalità… e ottiene un discreto pop-corn movie del tutto privo di pathos e fascino. Un film che ti gusti ma scordi prima ancora di essere uscito dalla sala.
Si sentiva il bisogno di un remake di El secreto de sus ojos film argentino del 2009 scritto da Eduardo Sacheri e diretto da Juan José Campanella, premio Oscar come miglior film straniero nel 2010? No. Perché – chi l’ha visto lo sa bene – è una storia congeniata ottimamente, piena di piccoli e potenti dettagli, ricca di emotività e chiaroscuro. Una storia che tocca e coinvolge, fa sorridere nonostante il dramma che racconta. Il tutto con un cast perfetto e/o in stato di grazia.
Nel film originale abbiamo un agente dei tribunali federali – Benjamín Esposito (Ricardo Darín) – che, ormai in pensione, decide di dedicarsi alla scrittura e raccontare un caso insoluto, un caso che lo ha particolarmente toccato: l’omicidio di una giovane maestra – Liliana Morales Colotto (Carla Quevedo) – violentata e uccisa nella sua casa a Buenos Aires e il dramma del marito pronto a tutto per vendicarla.
Ed Esposito convince, convince la sua passione per la collega Irene Menendez-Hastings (Soledad Villamil) che diventerà cancelliere; convince Pablo Sandoval (Guillermo Francella), poetico e disperato assistente dedito all’alcol, campione di pasticci lavorativi (e non). Convince pure il titolo saldamente legato alla pellicola, titolo che nel remake si giustifica per un pelo.
Billy Ray sceglie per prima cosa un protagonista debole, uno che è costretto a riaprire vecchie ferite perché si sente in parte coinvolto. Decide che la vittima non è una giovane moglie ma una figlia e che il familiare segnato sarà una madre, non un marito innamorato, alterando completamente gli equilibri della storia e limitando pure la rosa dei possibili colpevoli.
Il delitto passionale viene poi utilizzato per tirare in ballo – come se ce ne fosse bisogno – attentati, terrorismo, moschee e una pletora di cliché esausti… senza contare che la vicenda si innesca grazie a due coincidenze – il lavoro di Jess e il ruolo del colpevole – decisamente smaccate. Va bene che sono foriere di guai, ma sarebbe già di troppo una coincidenza per un sceneggiatore che sa il fatto suo.
Si salva una irriconoscibile Julia Roberts credibile e convincente mentre la Kidman – trasfigurata sì ma dalla plastica – sembra convinta di recitare in una soap tra cuori palpitanti e sorrisi; Chiwetel Ejiofor fa il suo dovere, anche se è perennemente afflitto da uno sguardo contrito (pure quando tenta di fare il seduttore).
Insomma il buono che troverete in questo remake è stato preso pari pari dal film di Campanella, peccato non sia abbastanza. Conviene abbonarsi a Netflix, o godersi il mese di prova gratuito, e guardarsi subito El secreto de sus ojos (magari in lingua originale con sottotitoli). A meno che la vostra passione sia il secondo gradino del podio, quando i rivali sono due.
15 comments
Non ho visto i due film, ma già i trailer danno un’idea della differenza.
Musica romantica e sguardi intensi per il film argentino, ritmo e maggior azione per il remake americano. E lo capisco perchè viene fatto questo tipo di remake. Senza nulla togliere ai cinefili, il pubblico di massa ha bisogno di una contestualizzazione nel proprio ambiente socio-culturale ed è quello che è stato fatto. Riportare le emozioni della prima storia, adattandole agli stereotipi americani.
Mea culpa, ma a me piacciono le “americanate”…ogni tanto c’è anche bisogno di un popcorn movie per staccare un po’.
E comunque non credo che noi italiani possiamo scagliare nessuna pietra. Vi ricordo che anche il francese “Giù al nord” è stato trasformato nel remake italianizzato “Benvenuti al sud”. E senza togliere nulla a Bisio e Siani, ma io non ne sentivo proprio il bisogno. Quello francese era già abbastanza chiaro. E difatti lo preferisco (seppur nel doppiaggio chissà quanto abbiamo perso).
“Giù al nord” (malefico correttore che scrive a suo piacimento…) è un film perfetto! La versione italiana è una livella… ma ovvio che i film francesi siano per molti ostici di per sé.
Anche io amo le americanate. Ma qui di azione Barbara ce ne è davvero poca… il trailer argentino è romantico, ma l’azione e la tensione sono due ingredienti fondamentali della pellicola. Il bello è proprio questa ricchezza di colori e sfumature.
Il pop-corn movie è moscio e poi parte da due coincidenze bestiali, roba che un dilettante storce il naso… e non esplode nulla! Solo un van che brucia. #delusione
La domanda al solito è: ma perché ? E soprattutto perché girare un remake circa 5 anni dopo? A che scopo?
L’idea di prendere una trama buona e farne un filmone sbanca botteghino ci sta pure Trama che funziona + action americanata + attoroni noti)… ma devi davvero fare il filmone!
Ecco. Allora perché prendere attori bolliti?
Be’ no dai, la Roberts non è affatto bollita. La Kidman è suturata al massimo e lui è il protagonista di 12 anni schiavo, quindi poteva essere una buona scomemssa. Sono la scrittura del testo, l’impianto della sceneggiatura, le variazioni apportate e i dialoghi che hanno parecchi guai…
https://it.wikipedia.org/wiki/12_anni_schiavo
L’hanno ammorbidito quindi? Ora però mi toccherà vederli uno di seguito.
La Kidman non accetta il tempo, sembra davvero il personaggio della Bussola d’oro.
L’hanno ammosciato… è piatto e didascalico. Scolastico. Meglio gli errori che emozionano… qui si galleggia sul 5/6.
Sembra la stessa cosa fatta con “Le relazioni pericolose”
Una ecatombe 😉
Io conosco Le relazioni pericolose di Close-Malkovich-Pfeiffer…cosa mi son persa, prima o dopo?
L’originale è del 1959, diretto dal regista Roger Vadim. Ma devo dire che la versione del 1988 a me è piaciuta.
Gli americani non sono esterofili. Mentre noi non abbiamo problemi a comprare prodotti stranieri (libri e film) e a tradurli/doppiarli, in America non lo fanno perché il pubblico non andrebbe a vederli. Per questo, quando viene riconosciuto un prodotto di valore (basti pensare a Ringu (Giapponese) > The Ring, Two Sister (Coreano) > The Uninvited, Låt den rätte komma in (Svedese) > Bloody Story, Stanno tutti bene (Italiano) > Everybody’s fine…), invece di acquistarlo nella sua forma originale lo declinano in un Remake in confezione americana, con attori riconoscibili e formule narrative familiari.
…effettivamente. A questo non avevo pensato.
Giustissimo. Assorbono un prodotto che non venderebbe e lo plasmano per renderlo commerciale e fruibile. In linea con gli “standard”. Che appiattimento, però…
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