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Libri a Colacione 8 febbraio 2020
Libri a Colazione

Libri a Colacione 8 febbraio 2020

Tornano i Libri a Colacione, la rubrica di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: Il diritto di opporsi di Bryan Stevenson e Selfie di Giovanni Stanghellini.


Vuoi ascoltare la puntata? Ecco il podcast!


IL DIRITTO DI OPPORSI
di Bryan Stevenson, traduzione di Michele Zurlo, Fazi, 446 pagine

IL DIRITTO DI OPPORSI di Bryan Stevenson, traduzione di Michele Zurlo, Fazi

Quando varca le porte di un carcere di massima sicurezza per la prima volta, Bryan è solo un ragazzo, uno studente di legge neppure troppo convinto del proprio percorso. Non è preparato per incontrare un condannato a morte, soprattutto non si aspetta di trovarsi di fronte un ragazzo. Uno che ha la sua stessa età, che faceva sport come lui che come lui andava in chiesa…

Bryan Stevenson non si dimenticherà mai di quell’incontro. Del suo senso di inutilità, della gioia che il ragazzo ha mostrato nel sentirsi dire che per quell’anno non avrebbero fissato la data della sua pena di morte. Ed è forse anche per questo che pochi anni dopo il giovane Stevenson si trasferisce nel profondo sud, in Alabama, con l’intenzione di difendere, pro bono, i carcerati che nessuno vuole tutelare: i condannati a morte. Perché vuole combattere l’ingiustizia, quella che nasce per colpa della povertà e della razza.

Il che significa fare i conti con il sistema giudiziario americano: 2,3 milioni di carcerati, le statistiche dicono che uno statunitense su 15, se nato dopo il 2001, finisce in carcere; un nero su tre. E schiere di condannati a morte si sono rivelati del tutto innocenti. Tra questi uno dei casi più noti capitati a Bryan è quello di Walter McMillan. Accusato di aver ucciso una donna bianca, senza alcuna prova a eccezione di una serie di palesi false testimonianze.

Detenuti accusati per la loro “faccia colpevole”, ex veterani afflitti da stress post-traumatico trattati come crudeli assassini, ragazzi privati di una vera difesa… La storia di Bryan è a conti fatti la storia di tutti i detenuti per i quali ha lottato, persone maltrattate, trattate come cose avariate. Persone che hanno fatto i conti con un sistema malato, spesso razzista, iniquo e punitivo.

Il motto di Bryan è: “Ognuno di noi è ben di più dell’atto peggiore che possiamo aver commesso”. Per questo che ha dato vita alla Equal Justice Initiative, un’organizzazione che lotta contro le pene estreme e l’incarcerazione di massa delle persone più deboli e povere. Perché il contrario di povertà non è ricchezza ma giustizia.

SELFIE
di Giovanni Stanghellini, Feltrinelli, pagine 160, anche in ebook

SELFIE di Giovanni Stanghellini, Feltrinelli

Quanti corpi abbiamo? Ciascuno di noi, ci dice l’autore, ne possiede almeno tre. Uno è il corpo che sentiamo, la carne. L’altro il corpo che vediamo, l’immagine. Per costruire la nostra identità, per sentire le nostre emozioni, per integrare le percezioni che abbiamo di noi stessi osservandoci dall’esterno è importante il buon dialogo tra il corpo fisico e la sua immagine.

Ma esiste anche un’altra modalità per fare esperienza del nostro corpo: “Sentirlo quando è oggetto dello sguardo altrui”. Non vedo ma sento e faccio esperienza del mio corpo attraverso gli occhi degli altri.

Per spiegare questa strana percezione per “interposta persona” Stanghellini prende in esame due fenomeni all’apparenza diversissimi: una patologia, cioè l’anoressia mentale, e l’atto di scattarsi un selfie.

L’autore si interroga sulla costruzione dell’identità attraverso questo sguardo dell’altro e, nel caso del selfie, sul bisogno di esibirsi e mettersi in scena per diventare reale. Ma qual è il rapporto tra una fotografia e un selfie? La prima serve a potenziare la nostra percezione, fermando infinti dettagli, e a prolungare un momento che per sua natura sarebbe fuggevole. Ad abbellire.

E il selfie? Cosa documenta? Un’autocelebrazione. È il sintomo della “fame dell’esserci”. Ed ecco che, quando guardi qualcuno che sorride in camera a chi sta sorridendo? A se stesso? Al fantasma di se stesso? Il selfie forse è solo il tentativo di recuperare una intimità con il proprio sé.

Lasciatevi guidare in queste riflessioni per imparare a vedere meglio chi siamo e capire meglio il tempo in cui siamo immersi, attraverso quella che pare solo una moda un po’ bizzarra e per alcuni criticabile. Ma, anche un autoscatto, è uno strumento per vedere meglio la nostra società.

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