Ci sono case belle, accoglienti, case “buone”. Case in cui, quando entri, ti senti subito a tuo agio. Protetto. Hill House non è una di queste.
Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.
Hill House non è il posto in cui verrebbe voglia di entrare, a meno che voi non siate il professore Montague, antropologo e appassionato spiritista. Montague ha sposato una sensitiva e questa villa vuole studiarla, perché è convinto che sia infestata da oscure presenze.
Qui vuole infatti condurre un esperimento, niente a che vedere con l’antropologia… lui desidera studiare le percezioni extrasensoriali.
Il suo piano? Affittare Hill House durante le vacanze estive e invitare una serie di persone scovate negli archivi degli istituti di parapsicologia. Assistenti molto particolari, quindi, capaci di risvegliare con la loro presenza la villa stessa e ciò che la abita.
A ricevere la lettera di invito e ad accettarlo saranno Eleanor, profondamente segnata dalla vita e soprattutto dalla morte della madre, Theodora un’artista, e Luke che è l’ultimo erede dei proprietari di Hill House.
Ma questa villa non è stata progettata per essere vissuta, né abitata con amore. È una casa costruita sullo squilibrio, così l’ha voluta il suo progettista: Hugh Crain. Piani inclinati, muri che curvano lievemente e un impianto che la rende perfetta per disorientare chi vi si muove all’interno. E così si perde il senso dell’orientamento, e si perde anche il senno…
Se amate le storie di spiriti, fantasmi, case infestate, non potete perdervi Hill House. Ma adesso che siete state avvisati, siete sicuri di voler entrare?