Anna Elisa De Gregorio per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli che oggi ci invita a fare un gioco, basta una parola…
VIII (trattato della distanza)
Fra te e me,
che pure abitiamo ai vecchi indirizzi
si allunga la distanza.
È la tua casa o la mia
che se ne va all’indietro
o i nostri passi viaggiano più lenti?
Gli anni, di certo, si portano avanti.
Nel frattempo? Ti scrivo,
soprattutto se piove.
Porterò con me “nel frattempo”. A volte, leggendo una poesia, scelgo una parola. Quella parola resta con me tutto il giorno. Faccio un gioco, la metto nelle frasi, la utilizzo ogni volta che faccio un discorso. Oggi dirò spesso “nel frattempo”.
Se decidete di seguire la mia follia e di scegliere la vostra parola, dopo un po’ vi succederà questo: smetterà di sembrare quello che è, diventerà solida, poi si frammenterà, quindi ripeterete le consonanti doppie e inizierete le frasi sempre con quella parola; dopo mezza giornata non ne potrete più, oppure v’innamorerete così tanto di lei da farla entrare nel vostro personale repertorio di parole.
Nel frattempo, per esempio, è la lente da cui guardo questa poesia.
E m’invento il fra-spazio. Nel fra-spazio è la misura della distanza fisica (geografica, architettonica, strutturale) tra te e me. Sì, proprio “te” che leggi. C’è uno spazio fisico che regola i nostri rapporti, ma tu sai (ogni “tu” sa a modo suo) che la nostra distanza dipende da altro. Anche da altro. Anche dal fra-ttempo (con due tt, va bene, mentre fra-spazio con due ss non ha la stessa forza, scappa via).
Frattempo e fraspazio sono le nostre coordinate, ma io le annullo scrivendo, soprattutto se piove. La pioggia sottolinea un fra-spazio superiore perché è percepita, solitamente, come una difficoltà ulteriore a raggiungere la meta. O almeno sembrerebbe nella poesia di oggi. Per qualcuno la pioggia potrebbe invece diventare un mezzo di trasporto, favorire l’avvicinamento. Potrei aggiungere altre coordinate: il fra-cuore, il fra-ttesta, il fra-pparola. (“Fra”, per quelle ipotesi che ho fatto sopra, è una parte che si stacca e prende potere sulle altre. Una preposizione semplice del tutto adorabile, contando che sta in mezzo, è anche bizzarra, occupa uno spazio che definirebbe una distanza… mi costringe a pensare).
Torniamo alla poesia. O forse sono le nostre case che se ne vanno all’indietro? A volte è così, rimpiccioliscono e poi diventano un puntino. O i nostri passi viaggiano più lenti? Ma no, credo di no. Secondo me sono quei vuoti di assenza che gettano nel panico, le paure ataviche, le vicinanze negative di altri, le incomprensioni (banalmente, ma spesso è il banale che condiziona la vita) o le diffidenze nuove, le cattiverie involontarie, la superficialità (ognuno aggiunga una parola sua).
Però se il nostro indirizzo non è mutato, qualche volta pensiamoci alle distanze. Eventualmente a pagina 82 c’è un trattato della lontananza (molto utile per proseguire la riflessione, considerando l’elastico del tempo che a volte s’impiglia, questo basta per modificare la prospettiva e, per certi versi, la migliora) e a pagina 84 c’è un Congedo, che personalmente ritengo da leggere ma non da applicare se non per tenere profumate le scarpe.
Il libro di Anna Elisa De Gregorio, Poesie, La vita felice, l’ho comprato da una amica che ne aveva erroneamente ordinate due copie on line (credo su Amazon), lei con la cifra che le ho dato ha comprato un libro di Anna Toscano, Una telefonata di mattina, sempre edito da La vita felice.
La poesia è a pagina 83, “fra” 82 e 84.
Ora, ricapitolando, provate a scegliere una parola e usatela tutto il giorno. Vediamo l’effetto che fa.