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Il doppiaggio
CINEMA

Vedo doppi(at)o

Il doppiaggioNon è una questione di qualità ma di contenuto, doppiare un film dà vita a un altro “prodotto” non necessariamente peggiore, di certo diverso.

Lo ammetto: quando Muccino se l’è presa con i doppiatori, gli ho dato dell’idiota. Sto invecchiando, signori, e certe voci – che ormai fannoMuccino Gabriele parte della mia vita – mi coccolano, quasi rassicurano. E poi: vuoi mettere la scuola italiana? i nostri doppiatori sono i migliori, la fruibilità prima di tutto… Tutte motivazioni legittime ma il punto è un altro.

Vedere una serie o un film doppiato è vedere un altro film o un’altra serie. Basta fare la prova. Il doppiaggio snatura, altera la caratterizzazione dei personaggi, varia (e in certi casi pesantemente) il contenuto… Cioè c’è Il padrino e c’è The Godfather e sono due pellicole diverse che hanno in comune una trama molto simile.

TRadure un libroSpesso si paragona il doppiaggio alla traduzione di un romanzo. A mio avviso non è del tutto corretto (un traduttore mi diceva che è più sensato fare il parallelo con la poesia). Entrambi in parte “tradiscono” l’originale ma il primo di più perché i paletti da rispettare sono maggiori e quindi si è costretti all’infedeltà più volte. Un traduttore ha il compito di rendere un testo in un’altra lingua, di “traslocarlo” e qualcosa nel passaggio – ovviamente – si perde.

Il doppiaggio non è un processo ma una somma di processi complessi. I paletti che limitano e indirizzano le scelte sono diversi, primo tra tutti il problema linguistico e quindi il tentativo di essere fedeli allo script. Poi c’è il labiale: i movimenti delle labbra, limitano le scelte verbali e le forzano (ed ecco il doppiaggese). Anche il contesto culturale influisce. Prendiamo I Simpson: i riferimenti – pop, storici, politici… – per un italiano sarebbero spesso incomprensibili e c’è bisogno di un adattamento. Risultato: vengono cambiati per rendere il tutto fruibile e comprensibile.

https://youtu.be/JhfLqkMZPU0 

C’è quindi una traduzione a cui si somma una serie di adattamenti che influenzano il risultato finale. E ci sono professionisti che hanno proprio il compito di verificare questi adattamenti (qui ne trovate uno ben fatto) e quando non ci sono, si vede eccome! Nell’adattamento però accadono cose complesse: se in un film americano c’è un italiano che parla la sua lingua da noi diventa spagnolo o argentino… non è lo stesso, o no?  Senza contare le volte in cui un personaggio usa parole italiane – “ciao” per esempio – e noi non lo scopriremo mai.

Se parlate bene l’inglese e guardate Will & Grace in lingua originale, scoprite che il doppiaggio lo ha trasformato. È lo stesso è successo con Friends (nelle prime puntate avevano tagliato le risate registrate, la laughing track, così il botta e risposta aveva curiosi silenzi) e accade con Walking Dead.

https://youtu.be/KCXOF2hLT5Q

In Fathers and Daughters, l’ultimo film di Muccino, la voce di Russell Crowe non è un dettaglio neutro come non è neutra quella di Luca Ward che è il suo doppiatore. E trovare voci simili, non basta. Pensate a quello che succede con gli accenti o i dialetti. In Snatch Michey O’Neil (Brad Pitt) parla pikey. In italiano lo abbiamo reso con una lingua incomprensibile fatta di parole buffe e inventate. In Spagna ha un accento gitano, in Germania e in Francia borbotta, semplicemente. Ecco quello che intendo con “un altro film”.

https://youtu.be/vZ-nirYb00s

La scuola di doppiaggio italiana è di certo una delle più rinomate d’Europa e molti film ne sono usciti migliorati. Pensiamo a Mario Cidda, cioè Mario Maldesi, e ai suoi interventi nel film di Mel Brooks Frankenstein Junior. La scena più famosa “castello ululì lupululà” è una chicca tutta italiana: la versione originale era molto meno divertente.

Inga: Where Wolves? Lupo ulula…
Igor: There! Là!
Frankenstein: What? Cosa?
Igor: There, wolf… and There… castle! Lupu… ululà e Castellu… ululì!
Frankenstein: Why are you talking that way? Ma come diavolo parli?
Igor: I thought you wanted to. È lei che ha cominciato.
Frankestein: No, I don’t want to! No, non è vero!
Igor: Suit yourself, I’m easy!  Non insisto, è lei il padrone!

Il punto non è stabilire se il doppiaggio migliori o peggiori un film, ogni caso è a sé, ma ammettere che se hai visto un film doppiato, hai assistito a una trasposizione di quel film. Puoi quindi avere una idea dell’opera – soprattutto se non conosci la lingua originale – ma non avrai l’opera. La soluzione? Vederlo (anche) in lingua originale e farsi aiutare dai sottotitoli.

Attendo, come sempre curiosa, il vostro parere. E se siete in totale disaccordo con me: date un occhio a Don Camillo e Peppone in tedesco.

https://youtu.be/fahPsfpX8ms

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14 comments

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El cugino del P... 13/10/2015 at 20:32

Sono in totale non disaccordo con te. I film andrebbero visti in lingua originale e sottotitolati. Però faccio già tanta fatica a leggere bene e con cura nella lingua che credo di conoscere, che alla fine la pigrizia ha la meglio e un film mi finisce meglio in vena se doppiaggiato…
Ma di recente ho fatto un’eccezione, e in sala ho scelto di vedere questo con la voce originale di quel gioiellino di S.J. 😉 https://it.wikipedia.org/wiki/Lei_(film_2013)

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Daniele 13/10/2015 at 21:18

Il sottotitolo, per me, è come quei farmaci che ti scassano il fegato ma prendi per concederti il lusso di non morire: se devo leggere, non riesco a prestare attenzione alla scena. Accetto i sottotitoli solo quando faccio finta di studiare inglese (lo leggo decentemente, ma ancora non ho molto orecchio, nonostante anni di frequentazione) o quando vedo un film con gli amici – molti dei miei sono piuttosto abili con l’inglese, anche senza sottotitoli. Altre lingue, non pervenute.
Visto che non ho grosse manie di purismo (il mio ultimo attacco è avvenuto con la discutibile, prima traduzione di Harry Potter) vivo benissimo il conflitto tra l’idea dell’originale e l’opera adattata: non di rado, trovo migliore l’adattamento italiano, per un motivo o per l’altro (spesso per via dei doppiatori: non c’è paragone tra la voce originale di dr. House e la prima voce italiana!)
Ovviamente, sono escluse le edizioni Mediaset dei cartoni giapponesi 😛

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Chiara Beretta Mazzotta 13/10/2015 at 22:32

Ah, il sottotitolo costa fatica. Ma costa fatica perché noi italici adorati bipedi non parliamo le lingue… e sarebbe anche l’ora di imparare, cazzus 😉
Ma ti capisco. tocca spremersi.
E non c’è paragone no tra la voce originale di dr. House e la prima voce italiana… sono diverse. E lo senti se hai prima sentito quella italiana. Due telefilm, stesso titolo!

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Daniele 13/10/2015 at 22:40

Anche se costa fatica, non rinuncio a imparare: sono di coccio, ma a volte afferro un’intera frase, sto migliorando! 😀 Dovrei dedicare più tempo alla cosa…

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Chiara Beretta Mazzotta 13/10/2015 at 22:48

Tra cocci ci si capisce, Daniele! 😉 Ognuno è un po’ coccio a modo suo… aiuta (forse) vederli prima in italiano e poi in inglese: tolta l’ansia di acchiappare il senso, rimangono nelle orecchie parole e modi di dire.

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Alessandro Serena 14/10/2015 at 09:19

Amen

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Barbara 13/10/2015 at 22:25

1) Potrebbe essere peggio….potrebbe piovere!! 😀
2) Don Camillo in tedesco non se pò sentì proprio…perde tutta la poesia! Faranno tante cose bene i tedeschi (Golf escluse), ma sulla musicalità della lingua vinciamo noi. Tiè!
3) Pur lavorando in inglese (scritto) non riesco a riconoscere la fonetica, quindi anch’io sono costretta ai sottotitoli (SE ci sono). Ma i vari “making of” di Lord of the Rings nei contenuti speciali li puoi ascoltare solo nell’entusiasmo del regista Peter Jackson. Lo stesso “Canto dei nani” de Lo Hobbit perde parecchio dall’inglese all’italiano, pur avendo usato un coro nostrano eccellente.
Oppure la serie tv americano-scozzese Outlander (preso da La Straniera di Diana Gabaldon) sono costretta a vederla due volte, la prima con file in italiano, la seconda con l’originale inglese-gaelico NON sottotitolato (i dvd originali escono a novembre in Italia, speriamo ci siano i sottotitoli). Per quanto i doppiatori siano stati bravi nell’intensità di recitazione, certe frasi non sono state ben rese da chi ha curato i testi italiani (molte fans si sono lamentate della traduzione di “Sassenach” in “Sassone” o “Aye” in una banalissimo e sterile “Si”, ad esempio).
….pazienza, tocca guardarsi tutte le puntate due volte…un lavoro duro… ;P

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Chiara Beretta Mazzotta 13/10/2015 at 22:34

Ah, ma tu mi capisci! Tu ne sai! Tu soffri doppio 😉
(Che vita dura, quella dello spettatore.)

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Barbara 13/10/2015 at 23:15

…soprattutto quando non si può essere dentro al film! 😉

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Chiara Beretta Mazzotta 13/10/2015 at 23:34

Per adesso, no, ma chi lo sa…

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Grande Splash 13/10/2015 at 23:03

Ormai guardo pochissime volte prodotti doppiati: sono del partito lingua originale e sottotitoli in inglese e conto di riuscire a disfarmi anche di quest’ultimi con un po’ di esercizio.
Il motivo non è solo preservare la purezza dell’opera, in realtà ce ne sono tanti, incluso adattamenti non sempre all’altezza, cosa che si sente maggiormente nelle sit-com, basate su giochi di parola che è impossibile rendere in italiano e quindi spesso l’esito e deludente, tranne colpi di genio come quelli nel citato Frankenstein Jr.
Molto più facile però trovare scivoloni assurdi come l’ “auto-che-era” in Futurama, dove qualcuno deve aver pensato che fosse il modo più adatto per tradurre were-car, al posto di un banale auto mannara.
Anche se non sono totalmente critico contro il doppiaggio, mi irritano particolarmente quelle operazioni in cui si va a snaturare l’opera per indirizzarla a tutt’altro target rispetto a quello concepito dagli autori: in pratica un buon numero di anime passati per mediaset.
Per il resto, i sottotitoli all’inizio possono essere faticosi, ma lasciano tante soddisfazioni 🙂

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Chiara Beretta Mazzotta 13/10/2015 at 23:17

Bella l'”auto che era!” questa proprio mi mancava, rubo e uso come citazione colta! 😉
E sì, ai sottotitoli ci si abitua e, a poco a poco, si “usano” sempre meno.

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Daniele 14/10/2015 at 11:07

Se ti piaccione questi svarioni, c’è Sotterranei e draghi al posto di Dungeons & Dragons in un episodio dei Simpson: è una traduzione abbastanza corretta, ma Dungeons & Dragons è un gioco pubblicato anche in Italia col suo titolo originale, sentirlo tradotto è strano…
Tornando all’originale-auto-che-era, è particolarmente grave: were, se non vuoi usare il significato corretto in quel contesto (mannaro/a) non è certo una terza persona singolare! E auto-che-era è una scelta grottesca XD
Ma qui si parla di traduzione e adattamento, più che di doppiaggio.

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Chiara Beretta Mazzotta 14/10/2015 at 11:10

Meraviglioso… lo conosco pure io Dungeons & Dragons, che è tutto dire! Ovvio che si parla di passaggi a monte, ma il doppiaggio è fatto di traduzione, adattamento e voce e recitazione… è tutto legato.

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