La casa delle bambole – Ka-Tzenik

 La casa delle bambole – Ka-Tzenik

Oggi  © Aldo Costa, il nostro recensore atipico, se la vede con i limiti della narrativa e le stelle… leggendo La casa delle bambole di Ka-Tzenik.

La casa delle bambole, Ka-Tzenik 135633, traduzione di Alessandro Gallone, MondadoriO sei stato internato in un campo di concentramento, oppure un libro come questo non hai il diritto di scriverlo. Nessuno può permettere alla propria fantasia di aggirarsi tra le baracche di un lager. Arrivati al cancello, ci si ferma e si tace. Uno sbuffo di fiato nel freddo sarebbe già di troppo.

Nemmeno la recensione del libro (a maggior ragione la recensione del libro) può entrare, perché non avrebbe scampo. Passato quel confine, qualunque parola scritta da chi è nato “dopo” o da chi non è stato perseguitato sarebbe inutile perché non c’è nulla da aggiungere.

Ka-Tzenik 135633, l’autore de La casa delle bambole c’è stato ed è quindi legittimato a scriverne. Ciò non significa che fosse tenuto a farlo, né che abbia fatto bene. Non vorrei essere frainteso. Il libro è indispensabile per tramandare la memoria dei fatti, il romanzo no.

È questo uno dei casi, forse l’unico, in cui la narrativa denuncia dei limiti. Probabilmente la saggistica sarebbe più adatta. Sfogliare un trattato è cosa diversa dal leggere un romanzo. Il romanzo mette a disagio. È come comprare il biglietto per una visita guidata nel destino di altri. Nel romanzo c’è inevitabilmente una parte di fantasia dell’autore, c’è l’immedesimazione del lettore, c’è una dose di voyerismo, c’è persino la voglia di sapere come va a finire. Ed è tutto di troppo.

Non metto 4 o 5 stelle perché ce n’è già una più importante in questa storia, cucita all’altezza del cuore su soprabiti e cappotti. Che sia quella e solo quella a recensire il libro. Anche se non si vede, vale di più.

La casa delle bambole, Ka-Tzenik 135633, traduzione di Alessandro Gallone, Mondadori, p. 308 (9 euro)

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2 Comments

  • Sono rimasta senza fiato. Neanche uno sbuffo. Vorrei impararla a memoria, questa recensione, per ricordarmi sempre che esistono le parole per dire le cose.

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