Bambino 44

 Bambino 44

Bambino 44E per gli Scelti da voi, grazie ad Aldo Costa: le sue recensioni son sempre speciali!

Prima o poi imparerò a leggere la quarta di copertina e non soltanto i commenti su aNobii. Se lo avessi fatto con Bambino 44 avrei scoperto che non di un libro sui lager nazisti si tratta, ma di un thriller. È un po’ come quando non guardo le etichette e mi lavo i denti con la crema depilatoria.

Però, c’è un vantaggio a non leggere le trame: i libri riservano più sorprese. Se avessi letto la trama, non avrei aperto il libro. Non sarei stato fiondato nell’Unione Sovietica degli anni Cinquanta, in un clima da 1984, nel grigio assoluto, nella paura. Anzi, no, nel clima di terrore che probabilmente non è nemmeno troppo amplificato dallo scrittore americano. Un incipit davvero appassionante e un crescendo di emozioni fino a metà libro.

Purtroppo, la seconda parte scivola nell’incredibile, nel poco probabile e nel grottesco. Quando i protagonisti si trasformano in supereroi, la storia finisce inevitabilmente nel ridicolo e nel banale. Un inizio d’acciaio (stalin) e una fine di merda, che non so come si traduca in russo.

Il che insegna che c’è un vantaggio anche a lavarsi i denti con la crema depilatoria: quando devi scrivere un commento, non hai peli sulla lingua.

Bambino 44, Tom Rob Smith, traduzione di Annalisa Garavaglia, Sperling & Kupfer, p. 444 (10,90 euro) anche in ebook (4,99 euro)

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4 Comments

  • Ah IL nostro Aldo! Aldo caro, non mi hai invogliato a leggere questo libro, ma mi hai strappato un gran sorrisone (quasi risata) che è anche meglio: con i libri da leggere sono sempre in arretrato, ma di buon umore non ce n’è mai abbastanza. Un bacio a te e anche alla tua mamma (noi sappiamo perchè!)

  • Applausi per la recensione. Non comprerò il libro, ma in compesno mi hai fatto fare una grande risata.

  • Ho fatto di peggio: sabato sera ho visto il film. Il clima grigio, angosciante degli annni dello stalinismo è reso davvero bene: mi immaginavo tutto come lo mostra il regista: ambienti, scene, personaggi. L’Oscar per l’angoscia è suo. Ma solo quello, perché l’intreccio narrativo è tessuto con lo spago degli asparagi. Figlio 1 e Figlio 3 che erano con me in sala (va beh che non sono delle aquile) continuavano a chiedermi spiegazioni perché diversamente non avrebbero capito una cippa. Io qualcosa dicevo, qualcosa inventavo perché mi rendevo conto che dovevo giustificare scelte narrative indifendibili: rivoli e affluenti del racconto che a) non servono b) sono di troppo 3) rallentano 4) non aggiungono nulla.
    Quando si passa dal libro al film non è obbligatorio commettere gli stessi errori dello scrittore. Il regista Daniel Espinosa ha pensato bene di mantenere fedelmente tutte le boiate scritte da Rob Smith, aggiungendone di sue.
    Non so se si è capito: Bambino44 potete perderlo tranquillamente. Io, invece, ho perso la stima dei figli e devo trovare il modo per farmi perdonare quelle due ore e mezza che hanno trascorso coi genitori in sala invece che a smanettare sui cellulari guardando Mtv. Sarà dura.

    • Ma allora te le cerchi! Te le cerchi! E io mi scuso, davvero, mi scuso con Figlio 1 e Figlio 3. Davvero, scusate! Andate a vedere Short skin! Oppure Citizenfour. Starete subito meglio (o forse no… ma non è detto sia una cosa negativa).

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