Violazione

Violazione

Linda e Alberto, vivono a Bologna ma vorrebbero essere altrove. Vorrebbero il sogno: aria pulita, bambini felici che crescono sani e bene. Libertà.
E a domanda, il sogno risponde.
Si chiama I cinque pini ed è un’azienda agricola.
Un posto che non è lontano anni luce dalla città ma è abbastanza lontano dalla città. Promette verdi coltivazioni biologiche, allevamenti e armonia.
Tutto è perfetto perché Linda e Alberto cercano una casa e Primo Draghi vuole venderla?
Sì, a eccezione del fatto che tra essere e apparire esiste un arcobaleno di sfumature.
Ecco un libro che mette in scena la normalità dell’abuso. E il conflitto – manovrato con sapienza dall’autrice – rimane sotto pelle. Se ne sta, dormiente, fino all’ultima violazione: finché l’equilibrio viene meno. Un libro perfetto per chi vuole andare a lezione di “bene” e “male”, e ama gli incipit folgoranti.

L’incipit
Un corpo d’uomo, in un’ora imprecisata della notte, si sveglia inondato di sudore e di spavento. Ha le gambe e le braccia indolenzite, la testa pesante, fatica a tenere aperti gli occhi, come se fossero coperti da un velo d’acqua. Non sa nulla del luogo in cui si trova, del nome delle cose, o del proprio nome. Ma sa di aver visto qualcosa di terribile.
Il sonno da cui cerca di liberarsi è spesso e limaccioso come il brodo acquatico in cui, per effetto di un’azione inarrestabile e di conseguenti reazioni a catena, molecole di proteine formarono nel corso di ère geologiche le prime forme di vita. Con le palpebre pesanti e i movimenti intorpiditi l’uomo prova a togliersi un peso, che non è da nessuna parte sul suo corpo, o nello spazio vicino a lui, ma è piuttosto il peso dei milioni d’anni impiegati da ciò che si agitava nel liquido primordiale per aggregarsi e dar vita a sistemi complessi, forme distinte, piante, animali, umani.
È il tipo di sonno che si produce per effetto di troppo alcol, droghe, eccessi nel cibo, o di un sovraccarico dei nervi, un lutto, una nascita, una violenza compiuta o subita. A volte anche i lunghi viaggi hanno quest’effetto, il risveglio si accompagna a momentanee perdite d’identità. Ma l’uomo non ricorda nulla di tutto ciò.
Tocca con la mano il lenzuolo, ma è un toccare cieco, vede e sente: il buio animato di bagliori, il cotone teso sul materasso, e allo stesso tempo non vede e non sente, e le due azioni sono tenute insieme da una strana confusione. Il problema è che non sa riconoscere niente. È un corpo nel corpo del mondo. Potrebbe godere dell’indistinzione che gli fa percepire di essere vivente in mezzo al resto che vive, invece ha paura, quella paura piena di vergogna che si prova a essere sopravvissuti, scampati al peggio, senza esserne grati.
Tra il collo e il cuscino si è formata una bolla di calore e sudore. La pelle aderisce alla stoffa insieme alla sensazione di pesantezza e di bagnato, le spalle sono bollenti come per febbre. Ha le gambe divaricate e in mezzo un’erezione dolorosa e senza meta.
La finestra è aperta, ma non tira un filo d’aria, tutto è fermo, le tende ai vetri, i rami del platano fuori. Con sforzo l’uomo guida gli occhi dalla finestra, che è di fronte al letto, al comodino sulla sinistra, registrando una bottiglia d’acqua e un orologio, poi a destra di fianco a sé, dove trova una chioma scura e ondulata che copre il corpo di una donna, a pancia in giù, silenzioso, inerte.
L’uomo solleva la testa al soffitto piatto. Sul cristallino degli occhi s’imprimono i fasci di luce dei riflessi che vengono da fuori. L’immagine, a differenza di tutto il resto, improvvisamente ha cominciato ad animarsi.
Il soffitto si è abbassato, prima piano, così piano da sembrare un’illusione ottica, poi sempre più forte, scendendo in picchiata. È l’unica cosa in movimento in quella notte di risucchio immobile. L’uomo sa di essere vivo, ma senza istruzioni e senza desideri, e ora ha un ostacolo: il soffitto che scende. Bisogna arrestarlo, fare qualcosa prima che schiacci il letto, inghiottendo i muri, la finestra, la luna e le ombre. Scende come una pressa meccanica in azione, una volta azionata la leva non si può fermare. Sta arrivando. Sta arrivando. Tra poco avrà cancellato la chioma nera, il comodino, il corpo sudato, le spalle bollenti, il collo appiccicato al cuscino, e gli occhi, che riflettono tutta quell’immobilità spaventosa, che sono i suoi. Devono essere i suoi, di chi altri possono essere? Dunque è, ma chi è? Chi è lui?
Così, con un improvviso scatto, gli si fa chiaro che potrà arrestare la caduta del soffitto solo se avrà stabilito, nell’arco dei prossimi secondi, qual è il suo nome, cosa ci fa in quel letto.
– Chi sono?

Violazione, Alessandra Sarchi, Einaudi, p. 271 (18 euro)

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