Il bambino indaco

Il bambino indaco

Il romanzo di Marco Franzoso ha ispirato Hungry Hearts, di Saverio Costanzo con Adam Driver e Alba Rohrwacher.

“La bellezza ci chiamava, ci sceglieva perché sapeva di essere riconosciuta da noi, sapeva che eravamo ingordi della sua meraviglia e che qualunque forma avesse assunto noi l’avremmo riconosciuta. Perché noi eravamo le sue dimore predilette, una donna e un uomo nella loro stagione migliore.”

Hungry heartsQuesti sono Carlo e Isabel. O meglio, erano. Isabel è vegetariana, lavora in un’erboristeria, si circonda di candele e incensi, cuscini colorati, tatami. Ama la pittura e il suo quadro preferito si chiama la Tuffatrice: un corpo, “piegato nello sforzo del tuffo” che sembra essere inghiottito dall’azzurro del cielo. Parabola della vita che sarà, quella di una donna che si costringe alla sottrazione. A deprivarsi, depurarsi per farsi leggera, lieve come l’aria. In una sorta di accanito rifiuto per un mondo che crede non capirla, alla ricerca di un’altra dimensione in cui immergersi che la faccia sentire accolta, accettata. Come può una donna così avere un figlio, crescerlo? Già, come può?

Carlo con Isabel ha recuperato il tempo perduto, la capacità di immergersi dentro “riserve di pace”. Questo prima che tutto stesse per precipitare. E quando accade, ci appare immobile, paralizzato dal terrore che anche il più piccolo gesto possa compromettere l’assurdo equilibrio di un amore costruito sull’incomunicabilità. Teme che le crepe della sua storia si trasformino in voragini, in un vortice che tutto inghiotte a partire dal piccolo Pietro.

E mentre Isabel desidera crescere un “bambino indaco”, un bambino speciale, Carlo spera solo che suo figlio riesca a crescere, a smettere di piangere per la fame.

Ho provato un senso di vertigine leggendo questa storia, la stessa vertigine di cui parla il protagonista, una sensazione di assurdo e di vuoto. Perché è come camminare in un mondo al contrario, in cui una madre priva invece di dare e un padrehungry-hearts-adam-driver patisce, colpito da una creatura minuscola e fragile.

Franzoso ci racconta gli esiti, drammatici, di un’assurda battaglia psicologica, restituendocela in tutta la sua scioccante violenza. Lo fa con semplicità, lasciando parlare la storia e i personaggi. Ci inchioda alle pagine, quasi fossimo in apnea, a caccia di una boccata d’ossigeno che ci faccia sentire al sicuro da un male che sembra aver sbagliato indirizzo. Un piccolo capolavoro che mi rimarrà nel cuore.

L’incipit
Le auto dei carabinieri sono ferme in fila a bordo strada. Un’ambulanza manovra di fronte al cancelletto metallico del mio
palazzo. In ordine sparso sul marciapiede e nel parcheggio interno una decina di carabinieri si muovono inquieti, lo sguardo a terra in cerca di qualcosa. Sullo piazzo del bar dall’altra parte della strada c’è un gruppo di curiosi. Sono fermi, immobili, attoniti. Quando mi vedono arrivare ammutoliscono.

Parcheggio dietro la colonna di auto, mi presento al carabiniere di guardia al cancello e gli dico che sono appena stato contattato dal maresciallo. Mi chiede di mostrargli un documento, quindi chiama il suo superiore. Non è la prima volta che incontro il maresciallo Marino, un uomo imponente, sui sessant’anni. Il viso severo contrasta con le folte basette rosse che spuntano da sotto il berretto d’ordinanza. Mi rivolge il solito saluto militare e annuisce stringendo le labbra in una smorfia che sembra di pena o addirittura rimorso.
– Ha capito di che si tratta? – esordisce. Poi continua: – Mi dispiace tanto.
No, non ho capito. Quando mi ha chiamato è stato telegrafico e mi ha semplicemente invitato a tornare subito a casa. – Cos’è successo? – riesco a dirgli. E inizio come al solito a tremare, chiudo le mani a pugno e stringo, fino quasi a conficcare le unghie nei palmi.
– Mi segua, – dice il maresciallo abbassando la voce. Grazie a lui ci facciamo largo tra le guardie davanti al cancello e raggiungiamo il parcheggio del condominio, dove possiamo parlare lontano dai curiosi. Ha un’espressione seria. Si guarda intorno, prende tempo e studia il cortile invaso dai suoi uomini come un vecchio generale studierebbe il campo di un’atroce battaglia. Quando riprende a guardarmi, sembra usare gli occhi per capire dalla mia postura, dal tremore delle mie mani, dalla mia aria sfiancata, il mio grado di tolleranza alle notizie che sta per darmi. Cerca il tono giusto. Si fa più vicino.
– Si tratta di sua moglie, – inizia.
– Mia moglie?
– È successa una tragedia.
Da questa distanza vedo bene la pelle grossa del suo viso, le vene che si raggrumano alla base del naso, i piccoli occhi che mi studiano veloci. Sfila il berretto d’ordinanza e lo stringe con entrambe le mani per la visiera, un gesto che gli ho già visto fare in altre occasioni. Conosco quest’uomo da qualche mese e all’improvviso mi pare che tra noi ci sia una specie di familiarità antica.
– Una tragedia, – ripete. Prende una boccata d’aria appoggia il berretto alla pancia e continua a stingerlo fino a quando la punta delle dita inizia a sbiancare. – Sì, purtroppo.

Il bambino indaco, Marco Franzoso, Einaudi editore, p. 132 (16 euro) ebook (8,99 euro)

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6 Comments

  • Sembra molto interessante, messo in lista, grazie Chiara 🙂

  • Hai presente quando stravolta, ore 00.30, decidi di dare una sbirciata a un libro? E poi ti ritrovi a leggere come una furia fino alle 02.45? Della serie: finché ci sono pagine io non mollo!
    E poi era parecchio che non mi commuovevo leggendo. E piangere per i personaggi di un libro è sempre una sensazione incredibile, destabilizzante…
    Bacio!

  • Conosco benissimo quella situazione 🙂 Emozionarsi leggendo un libro è una gran cosa, merito del libro ma anche di chi ha ancora la capacità di emozionarsi, capacità che tanto scontata non è. Io mi emoziono leggendo e mi emoziono anche guardando un film, Nicola mi prende sempre in giro! 🙂

  • Il tuo commento al libro ha stuzzicato molto anche me.
    Ed anch’io, dunque, lo metto in lista 😉

    L’idea mi pare originale nella sua declinazione.

    • Sì, Denise, molto originale, una di quelle trame che proprio non riesci a toglierti dalla testa. Fammi sapere, quando lo avrai letto! E buon weekend!

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