Due città sovrapposte, che condividono lo stesso spazio, ognuna con le proprie strade, i propri palazzi, i propri cittadini, la propria storia, la propria identità. Un’anomalia spazio-temporale, un capriccio tecnologico, un errore nella creazione, una scissione a un certo punto della storia?
Il cadavere di una donna viene ritrovato sulle rampe della pista di pattinaggio di Besźel. A occuparsi del caso è Tyador Borlú, della Squadra Crimini Estremi. Il poliziotto è subito convinto che ci sia qualcosa di strano, qualcosa che ha a che fare non solo con la sua città…
Sì, perché Besźel e Ul Qoma sono due realtà molto particolari: distinte ma sovrapposte. Come due figure geometriche che occupano lo stesso spazio fisico ma che vengono percepite come diverse. Ciascuna con la propria gente, le proprie piazze, i propri ritmi e abitudini.
Solo che il contatto tra le due città è interdetto.
Così i cittadini di Besźel appena percepiscono “l’altro” cancellano tutto ciò che hanno visto e lo stesso fanno quelli di Ul Qoma. Perché permettersi di “vedere” è un crimine grave, punito dalla Violazione (un organo misterioso e super efficiente con il potere di sorvegliare i cittadini di entrambe le metropoli). E tutti, fin da bambini, imparano a non macchiarsi di questa colpa. E se vi capitasse di passare da quelle parti, anche a voi toccherebbe rispettare le regole. Persino i poliziotti possono limitarsi a collaborare, ma guai a investigare fuori dalla propria zona.
Ecco perché per Tyador la faccenda è tutt’altro che semplice. Soprattutto se dovesse – come crede – avere a che fare con passaggi illegali di “confine”. E nonostante le difficoltà burocratiche, alla fine gli è concesso di indagare anche ad Ul Qoma collaborando con l’investigatore Qussim Dhatt. Quelli che contano, politici in primis, sembrano voler liquidare la faccenda alla svelta. Perché? La donna, una studentessa alle prese con degli scavi archeologici, potrebbe aver scoperto qualcosa di scomodo. Qualcosa che, forse, ha a che vedere con la leggenda di una terza città, Orciny, che renderebbe l’esistenza di Besźel e Ul Qoma molto precaria.
Una storia ambientata ai giorni nostri in delle città inesistenti, certo, ma a noi familiari – e questa pare una novità per l’autore – che pare perfetta metafora dei tempi moderni, della nostra abitudine al non “vedere” tutto ciò che non ci tocca direttamente. Ma rappresenta anche le grandi divisioni: quella della Germania Est e Ovest, i conflitti tra cattolici e protestati nel Nord dell’Irlanda e ancora quelli tra Inghilterra e Irlanda. Questi significati vengono però “inoculati” con sapienza nel lettore che, a tutti gli effetti, è alle prese con un’avvincente indagine a cavallo tra thriller, mistery e fantascienza.
La Città & la Città, China Miéville, traduzione di Maurizio Nati, Fanucci editore, p. 384
L’incipit
Non potevo vedere la strada né gran parte del complesso abitativo. Eravamo circondati da palazzoni color sporco dalle cui finestre si affacciavano uomini e donne in maglietta con i capelli del mattino e tazzone di bevande, che facevano colazione e ci osservavano. Un tempo questo spazio aperto fra i palazzi era stato scolpito. Si allungava come un campo da golf… una geografia scimmiottata da un bambino. Magari ci avevano piantato degli alberi e messo dentro anche un laghetto. C’era un boschetto, ma gli alberelli erano morti.
L’erba era gialla e incolta, segnata dai sentieri pedonali che si snodavano in mezzo alla sporcizia, e scavata dai solchi delle ruote. C’erano dei poliziotti impegnati in diverse mansioni. Non ero il primo detective a trovarsi lì – vidi Bardo Naustin e un paio di altri – ma ero il più anziano in grado. Seguii il sergente fino al punto in cui facevano capannello quasi tutti i miei colleghi, fra una torre bassa e malmessa e una pista di pattinaggio cinta da una fila di grossi bidoni della spazzatura a forma di tamburo. Subito al di là si poteva sentire il brusio dell’area portuale. Un gruppetto di ragazzini se ne stava seduto su un muretto di fronte ai poliziotti in piedi. I gabbiani volavano a spirale sopra l’assembramento.
«Ispettore.» Accennai col capo un saluto alla voce, di chiunque fosse. Qualcuno mi offrì un caffè, ma io scossi la testa e rivolsi lo sguardo alla donna che ero venuto a vedere.
Se ne stava oltre le rampe della pista di pattinaggio. Nulla è immobile quanto un cadavere.
4 comments
Sembra davvero appassionante e l’idea della sovrapposizione delle città e degli abitanti è fantastica, solo un Visionario come China Miéville può aver partorito questa idea. Avevo letto Perdido Street Station e l’avevo trovato molto bello e, soprattutto, finalmente uno Urban fantasy davvero originale.
Una nota: grazie Chiara di postare gli incipit e le prime pagine dei libri, così uno si fa un’idea del libro e poi se gli piace passa in libreria, quindi per favore continua così.
Ciao
China Miéville semplicemente grandioso, uno scrittore dal talento sopraffino, forse il più grande nel suo genere. Arriverei a paragonarlo a quel mostro sacro di Tolkien, anche se ovviamente su generi e mondi diversi.
Mi intriga, non ho mai letto niente dell’Autore…
Sono felice di avervi incuriositi! E spero sarà all’altezza delle aspettative. Gusti a parte, credo che l’autore valga la pena di essere letto. Di certo è uno che ha qualcosa da dire e che ha pure le idee chiare su come dirlo! E per gli incipit, certo, ricopiare i libri è anche un buon modo per imparare qualcosa 😉
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